La forza dell’io digitale

A Milano, un incontro europeo organizzato da CA Technologies per discutere il problema dell’identità digitale come acceleratore di crescita economica e fattore di semplificazione

Una fetta importante dell’economia si sta spostando su una base di relazione completamente software e del tutto slegata dalla fisicità dei tradizionali luoghi di incontro tra consumatori e imprese. Mobilità e app per smartphone stanno rivoluzionando i modelli commerciali e fenomeni come la consumerizzazione e i social network contribuiscono a riscrivere il dialogo tra chi vende e chi compra un bene o un servizio e l’intera catena di mediazione e distribuzione che univa in passato questa due entità.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Per discutere queste tendenze, e il peso che l’identità digitale e la sicurezza stanno assumendo al centro della cosiddetta app economy, CA Technologies – che l’estate scorsa ha commissionato al Ponemon Institute uno studio intitolato “The identity imperative for the Open Enterprise”) – ha organizzato a Milano, per la stampa europea, un incontro al quale hanno partecipato, oltre al presidente di CA EMEA Marco Comastri, il suo collega Paul Ferron, responsabile EMEA della Security Solutions, e Andy Kellett, principal IT security analyst di Ovum.

Il punto su cui hanno insistito i relatori riguarda l’identità digitale non più considerata come un semplice anello della catena della sicurezza, ma come un valore di business a se stante. Un valore da proteggere con le tecnologie e le policy, ma anche da facilitare, vuoi incentivando il più possibile – attraverso servizi di single sign-on per esempio – un utilizzo “federato” delle identità social che consumatori, professionisti e cittadini hanno costruito in questi anni sul web e su servizi come Facebook o LinkedIn; vuoi attraverso una semplificazione delle procedure che presuppone però una base di soluzioni e competenze molto solida. Base che CA Tecnologies ha molto consolidato in questi anni e su cui intende far leva.

Leggi anche:  Amazon investe nell’IA generativa di Anthropic

«Oggi tutte le imprese sono imprese che sviluppano software» ha esordito Comastri. «Una banca come Jp Morgan ha più sviluppatori di Google e la quota di applicativi ormai sviluppati all’interno delle aziende è passata in pochi anni dal 20 al 40%. Il grosso dell’attenzione è rivolta ai benefici che possono portare la mobilità e la app economy, una opportunità per crescere a velocità doppia». I due grossi “ma” della app economy riguardano certamente budget che le aziende devono ripartire tra gestione corrente e innovazione, ma anche la sicurezza, «una sfida che può diventare un grosso rischio se non viene gestita adeguatamente,» ha ricordato Comastri.

Paul Ferron ha incrociato le tematiche della sicurezza e della consumerizzazione introducendo il nuovo concetto del Byoid, “Bring your own ID”, un nuovo acronimo che serve a rendere con efficacia la tendenza verso una sicurezza informatica più partecipativa, dove l’utente di un servizio online possa davvero decidere quali informazioni personali rilasciare facendo leva, per maggiore semplicità, su profili digitali gestiti in altri ambiti, come quelli social. «L’azienda deve imparare a capire l’identità digitale e le diverse impersonificazioni dell’utente online – ha detto Ferron. Nel nuovo concetto di Byoid devono confluire le due opposte esigenze dell’IT, la sicurezza e il controllo, e del business, l’informazione e la generazione del valore. Noi diciamo che la sicurezza informatica deve cambiare mentalità, passare dall’atteggiamento del divieto a quello del controllo informato: dal No al Know». Secondo Ferron, il Byoid può accelerare i processi di validazione, semplificando i meccanismi di user registration, ma richiede un riassetto che dev’essere anche tecnologico, la capacità di gestire diversamente i rischi. L’esperto ha poi ipotizzato, intorno al concetto di identità digitale federata, la nascita di nuovi servizi che contribuiranno alla creazione di economia. «Ci sono organizzazioni, pensiamo per esempio alle banche online, che possono per esempio fungere da ID provider, mettendo a disposizione di altre aziende le informazioni necessarie per l’autenticazione dei loro clienti e facilitando il raggiungimento di un duplice obiettivo: la praticità per gli utenti finali e tante nuove opportunità di business per le aziende».

Leggi anche:  DHH Sponsor di ITNOG7

L’analista di Ovum ha invece insistito sul concetto di fiducia, l’unico che può fare da mediatore tra la semplificazione da un lato e la profittabilità dall’altro, conciliando così i desiderata delle aziende e dei consumatori. «Nella convergenza di tanti mondi, l’identità può diventare una pietra angolare dell’era digitale. Oggi ciascuno di noi lascia una impronta digitale, e la consumerizzazione, il peso che gli utenti assumono, porta inevitabilmente a nuove modalità di interazione con le aziende, ha ripercussioni sul marketing, i comportamenti. La fiducia nelle relazioni è essenziale». E questa fiducia può derivare soltanto dall’uso corretto delle tecnologie disponibili.

A conclusione della mattinata, Mauro Solimene, nominato vicepresidente di CA EMEA per le soluzioni di sicurezza, ha moderato un panel costituito da rappresentanti di aziende, consulenti e organizzazioni europei, tra cui, per l’Italia, il responsabile di Postecom, Vincenzo Pompa, il CTO di Expo 2015 Guido Arnone e Giuseppe Tillia, che in Telecom Italia dirige le iniziative per l’Agenda Digitale che hanno elaborato ulteriormente su concetti come il single sign-on, anagrafe digitale e servizi di ID providing.