Il primo orto marziano è pronto per essere coltivato

orto marziano

L’orto marziano è stato sviluppato in Italia e verrà sperimentato nel deserto dell’Oman. Gli astronauti dovranno coltivare verdure ricche di nutrienti con assistenza minima

Marte è un ambiente decisamente ostile e prima di poterlo colonizzare bisogna trovare soluzioni efficaci per garantire la sopravvivenza degli astronauti. In Italia è stato sviluppato un nuovo sistema di colonizzazione per ambienti estremi come quelli del Pianeta Rosso che è oggi pronto per la sperimentazione. L’orto marziano è stato realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Enea e Università di Milano nell’ambito dell’esperimento HortExtreme. Il progetto è stato consegnato al Forum spaziale austriaco (OeWF) che gestisce la missione Amadee-18. La prima coltivazione controllata avverrà nel deserto del Dhofar, in Oman, come parte di una simulazione di missione umana su Marte che durerà dal primo al 28 febbraio 2018. L’esperimento è concettualmente simile al programma VEGGIE della NASA che è si è svolto invece a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

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L’obiettivo della missione è quello di valutare l’efficacia dell’orto marziano in situazioni in cui è impossibile inviare rifornimenti a cadenza regolare. La serra hi-tech di 4 metri quadrati sarà affidata all’astronauta austriaca Claudia Kobald che si occuperà di coltivare 4 specie di verdure tra cui cavolo rosso e radicchio. Queste sono le candidate ideali per questo tipo di sperimentazione in quanto completano il proprio ciclo vitale in 15 giorni e offrono un corretto apporto nutrizionale. Il sistema di coltivazione fuori suolo non prevede l’utilizzo di pesticidi e agrofarmaci mentre il sistema di irrigazione e riciclo dell’acqua sarà regolato da remoto da un centro di controllo.

“Ci stiamo organizzando per il sostentamento dei primi coloni marziani in vista delle future missioni, che già agenzie spaziali come NASA o ESA stanno pianificando e che prevedono ‘ammartaggi’ nel 2050. Sembra fantascienza, ma non lo è”, afferma Eugenio Benvenuto, responsabile del laboratorio di Biotecnologie dell’Enea.

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