Anche l’India bandisce Huawei e Zte per una questione di sicurezza

Huawei

L’India estromette Huawei e Zte dalla lista delle aziende che possono installare antenne per la banda ultra-larga. In precedenza anche USA e Stati Uniti avevano fatto lo stesso

La situazione di Huawei e, in ambito internazionale più in generale, delle aziende cinesi si fa complicata. Il produttore di Shenzhen così come Zte sono infatti rimaste coinvolte nella guerra dei dazi imposta da Pechino ai Paesi occidentali. Il Department of Telecom indiano ha infatti cancellato alle due società l’autorizzazione per installare ripetitori di banda ultra-larga nel Paese. Il timore è che i prodotti di Huawei e Zte possano rivelarsi un rischio per la sicurezza dei sistemi di comunicazione. Questa è stata la motivazione scelta anche dall’Australia e dagli Stati Uniti, che hanno bloccato la vendita dei prodotti hardware e software delle due aziende cinesi.

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Tutto è cominciato con la rescissione dell’accordo di distribuzione stipulato tra AT&T e Huawei. Il provider americano in quell’occasione affermò di non aver potuto rispettare i patti avendo subito forti pressioni da Washington. Successivamente il Dipartimento della Difesa ha imposto ai suoi dipendenti di non utilizzare le soluzioni proposte da Zte e dal terzo produttore mondiale di smartphone per paura che potessero essere sfruttate come cavallo di Troia per rubare informazioni sensibili. Il presidente Donald Trump ha cercato di mediare con Zte promettendo di cancellare il bando in cambio dell’abbassamento dei dazi doganali sui prodotti americani da parte della Cina ma tutto si è risolto con un nulla di fatto.

Poco tempo dopo anche l’Australia ha bloccato la vendita dei prodotti di Huawei nel Paese ed è quindi arrivata la forte risposta di Pechino. Un rappresentante del Governo ha chiesto a Canberra di “abbandonare i pregiudizi ideologici e assicurare un contesto competitivo leale per le attività delle compagnie cinesi”. Perdere gli Stati Uniti e l’India, uno dei mercati con maggiore margine di crescita, è un problema non da poco per i colossi tecnologici del Paese del Dragone. Questi infatti non possono perdere l’opportunità di partecipare alla rivoluzione 5G, che non coinvolgerà solo gli smartphone ma anche la domotica, l’automotive e molti altri settori. Si stima che nel 2020 si passerà dagli attuali 6,4 miliardi di dispositivi connessi nel mondo a oltre 20 miliardi.

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