I brand della moda di lusso devono iniziare a pensare al digitale

cloud ibrido

Le case di moda orientate al settore lusso dovranno ripensare i loro modelli di business in questa epoca di digital disruption se vogliono tenere il passo con i cambiamenti nel comportamento di acquisto dei clienti, e con i ritmi della cosiddetta “fast fashion”.

Di Francesca Puggioni, Managing Director Southern Europe di Orange Business Services

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L’alta moda tradizionalmente segue il calendario delle sfilate: collezioni stagionali presentate a Parigi, Milano, New York e Londra. Le aziende del fast fashion, invece, hanno ottenuto enorme successo abbreviando i cicli della moda e dando ai consumatori la gratificazione immediata che cercano mettendo sul mercato nuove linee ogni settimana, o addirittura ogni giorno, sfruttando la tecnologia. I marchi moda di lusso hanno molto da imparare dal loro approccio.

La spagnola Zara, che oggi è uno dei più grandi brand di moda nel mondo – Forbes la valuta a più di 13 miliardi di dollari – si vanta di portare lo stile delle passerelle alla portata di tutti.  Spende solo lo 0,3% delle sue entrate in pubblicità, a differenza dei marchi di lusso – che spendono dal 4% in su. Per far passare il proprio messaggio, Zara conta su sedi molto visibili nelle città, sulle vetrine dei negozi e sulla potenza dei propri clienti.

Al contrario, Chanel spende ben 1,46 miliardi di dollari per “attività di supporto al marchio”, come la spesa pubblicitaria e di marketing, le sfilate di moda e gli eventi internazionali per i clienti, nel tentativo di alimentare ulteriormente la crescita del marchio.

I brand non possono ignorare l’online

Inditex, che possiede Zara e altri marchi tra cui Massimo Dutti, Bershka e Uterqüe, prevede di vendere l’intera linea di prodotti su Internet in tutto il mondo entro il 2020, anche nei mercati dove non ha negozi fisici. La società ha confermato di stare collaborando con aziende tecnologiche per creare nuovi processi per raggiungere il suo obiettivo, nel tentativo di contrastare la crescente concorrenza di altre aziende di settore come Boohoo.com, presente solo online.

Nonostante il boom dell’online, i marchi di lusso sono stati lenti a vendere su Internet, a dispetto della richiesta da parte dei clienti. McKinsey stima che tale mercato, che comprende abbigliamento, calzature, borse ecc, rappresenti l’8% del mercato globale del lusso, che presenta un valore di 254 miliardi di euro. Quei marchi di lusso pronti a riconoscere il fatto che gli acquirenti con disponibilità economica desiderano acquistare online, prospereranno. McKinsey prevede che le vendite di beni di lusso triplicheranno entro il 2025, a circa 74 miliardi di euro: quasi un quinto delle vendite  avverrà online.

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Allo stesso tempo, quasi l’80% delle vendite nel settore lusso oggi sono “influenzate digitalmente”, secondo McKinsey: i consumatori incontrano uno o più touchpoint digitali lungo il loro percorso di acquisto – un numero che arriva fino a 15 nel caso degli acquirenti cinesi. La realtà è che la maggior parte di chi compra beni di lusso ha adottato uno stile di vita digitale, e questo non include solo i millennial.

Le boutique indipendenti che vendono capi con brand di alta moda hanno sempre coesistito con i negozi monomarca dei brand stessi. Net-A-Porter, per esempio, è stato rapido nel trasferire online questo concetto. Le grandi firme hanno visto il valore per il cliente e sono stati ben contente di creare capsule collection per il sito. È stato, insomma, Net-A-Porter a mostrare ai marchi di lusso, che oggi stanno mettendo in atto le proprie strategie, il potere dell’e-tail. Nel frattempo, Net-a-Porter si sta muovendo con il suo programma Vanguard, progettato per coltivare gli stilisti del futuro.

I marchi di lusso alla scoperta del mondo virtuale

Online le cose stanno cambiando, anche se lentamente. Alla fine dello scorso anno, Céline, che appartiene al conglomerato del lusso LVMH, ha dato il via alla sua strategia omnicanale mettendo in vendita i suoi prodotti online. La casa di moda crede che la vendita online sarà fondamentale per reclutare nuovi clienti e fornirgli il maggior numero possibile di punti di contatto digitali oltre a quelli fisici – cioè le sue boutique.

La casa di moda italiana Prada ha rilanciato la sua piattaforma di e-commerce con un approccio che predilige i device mobili e offre contenuti multimediali più ricchi per aumentare il coinvolgimento dei consumatori durante lo shopping online: questi contenuti includono servizi di concierge personalizzati come la possibilità di disporre di un “assistente virtuale” in chat e di prenotare appuntamenti in negozio con un personal shopper. C’è anche una funzione “clicca e ritira”. La piattaforma online è stata lanciata per la prima volta in Cina, seguendo le orme di Gucci e Louis Vuitton.

Secondo Chiara Tosato, General Manager e Digital e-Commerce Director di Prada, il nuovo sito web farà crescere le vendite online a livello globale creando un’esperienza di shopping omni-channel che integra lo shopping online e offline, e aumentando la presenza di Prada sul web.

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Una supply chain agile

I marchi di lusso hanno molto da imparare dalle aziende di fast fashion come Zara, che si muovono in modo rapido e snello, utilizzando analytics per individuare ciò che vogliono esattamente i loro clienti, con il risultato di avere ben poche giacenze di magazzino.

Tradizionalmente, i produttori lavorano con lunghi tempi di consegna. Zara ha ridotto questa tempistica a meno di tre settimane grazie ad analytics: sa esattamente quali capi sono in vendita nei suoi negozi e online, quando e dove. Ad esempio, ogni capo viene etichettato con un’identificazione a radiofrequenza (RFID) o uno smart tag quando lascia il magazzino centrale di Zara, e viene monitorato in tempo reale fino a quando non viene acquistato. Quindi, Zara sa esattamente quanto tempo passa prima della vendita. L’azienda ha anche integrato negozi e magazzini online, e ridotto il tempo richiesto per l’inventario dei negozi da 3 giorni a un paio d’ore.

Zara ha recentemente annunciato che i suoi negozi faranno spedizioni direttamente ai clienti, il che permetterà di acquistare capi che potrebbero essere esauriti online, ma disponibili in un negozio vicino: in questo modo Zara non perderà nemmeno un’occasione di vendita.

La crescita dell’industria 4.0 e dei big data

Il mercato della moda esclusiva  potrà anche fondarsi sull’artigianalità e sul design unico, ma McKinsey prevede che l’Industry 4.0 avrà un enorme impatto sul settore, consentendo ai brand di essere più agili e reattivi alle richieste dei consumatori.

L’Industry 4.0 mette in connessione l’ecosistema dei produttori di moda, consentendo una produzione just-in-time e di trasformare i big data in una migliore conoscenza del cliente che può rapidamente tradursi in nuove gamme di prodotti, controllando meglio al contempo i costi. Prendendo spunto dallo spirito del fast fashion, senza diluire l’immagine di lusso.

I big data e l’intelligenza artificiale (AI) stanno anche aiutando i marchi a fornire servizi personalizzati ai clienti e a capire meglio le loro preferenze. Gucci, una delle grandi firme a cogliere rapidamente le opportunità offerte dal digitale, ha lanciato un servizio fai-da-te per i clienti che permette di personalizzare borse e sneakers, per esempio. Una volta che un cliente ha scelto iniziali, materiali e combinazioni di colori, può visualizzare il risultato grazie a immagini 3D generate al computer. Nel suo spazio Gucci Wooster a New York, i clienti possono utilizzare un’app interna per estendere l’esperienza di personalizzazione. Puntando la fotocamera dell’iPad del negozio su un prodotto, possono immediatamente vedere la personalizzazione.

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La realtà aumentata è di tendenza

La realtà aumentata (AR) si prepara a ricoprire un ruolo importante nella vendita al dettaglio e anche il lusso non può ignorarla. La tecnologia, ad esempio, può fornire una visione in tempo reale di ciò che circonda il cliente apportando cambiamenti o migliorie grazie ai dati generati dal computer. Per di più, è stata progettata per funzionare con smartphone e tablet.

Il marchio Burberry è scattato subito ai blocchi di partenza, sfruttando la funzione ARKit di Apple per interagire con i feed delle telecamere degli utenti, consentendogli di decorare digitalmente l’ambiente circostante con disegni ispirati a Burberry dell’artista Danny Sangra e condividerli sui social media.

Il marchio di largo consumo Gap ha dimostrato come la realtà aumentata possa essere utilizzata in modo più pratico, creando l’app DressingRoom by GAP che consente ai clienti di provare gli abiti virtualmente sul proprio smartphone.

Si sta già lavorando a specchi virtuali che registrano le misure dei clienti, consentendogli di provare virtualmente gli abiti e di ricevere suggerimenti di stile sui capi più adatti alla forma del loro corpo.

Il futuro è digitale

Sono in arrivo altre tecnologie molto utili nel settore della moda di lusso. La blockchain, ad esempio, non solo sarà in grado di tenere traccia degli standard etici di produzione, ma potrà anche garantire l’autenticità dei capi.

Le frodi in questo ambito corrispondono a 23 miliardi di euro di fatturato perso, secondo un rapporto pubblicato quest’anno dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO). La blockchain consentirà ai clienti di stabilire se un capo di abbigliamento è autentico o contraffatto e persino di fornire la sua provenienza. Permetterà di incorporare trasparenza e tracciabilità nella produzione e distribuzione di indumenti e accessori.

La relazione tradizionale tra marchi di lusso e clienti sta cambiando. L’adozione di massa della tecnologia sta modificando le abitudini di acquisto, e per le case di moda non c’è alternativa al trasformarsi.

Per continuare a crescere, i marchi di lusso devono collaborare con aziende tecnologiche esperte che capiscano la disruption in corso nel settore e possano aiutarli ad accelerare modelli di business innovativi e sostenibili. Servono partner tecnologici capaci di consigliarli lungo tutta la catena del valore – dalle analisi dei big data alla conoscenza dei consumatori fino alla supply chain intelligente.