In Italia è arrivato il momento di far decollare il lavoro flessibile

cloud ibrido

Lo smart working è ormai una pratica consolidata e oggi l’Italia è uno tra i molti paesi dove esiste già una legislazione in merito. Eppure a livello nazionale siamo ancora in ritardo, nonostante la promessa di ridurre i costi e rendere le aziende più agili in un’economia digitale sempre più competitiva.

Il Parlamento italiano ha introdotto la legislazione sullo smart working nel 2017: la legge delinea alcuni requisiti obbligatori, con accordi contrattuali tra datore di lavoro e dipendenti. Alcune aziende, come Maersk Italia, che fornisce servizi di movimentazione delle merci marittime, ci hanno creduto da subito: i rappresentanti sindacali della società, coinvolti nel progetto da vicino, ritengono che lo smart working possa far aumentare la produttività del 15% e ridurre l’assenteismo del 20%.

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Tuttavia l’adesione in generale è stata piuttosto lenta. Attualmente, circa il 56% delle imprese private e solo l’8% delle amministrazioni pubbliche hanno avviato almeno un progetto di smart working, secondo l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. Eppure, a detta del direttore scientifico dell’Osservatorio, Mariano Corso, l’incremento della produttività potrebbe raggiungere il 15-20%.

Malgrado i vantaggi dello smart working in termini di aumento della produttività e di un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata, l’Italia resta dietro a Regno Unito, Francia, Germania e Scandinavia, secondo le statistiche della Commissione Europea. Alcune imprese italiane affermano che è difficile implementare progetti di lavoro smart e agile a causa della burocrazia, della forza dei sindacati e dei requisiti assicurativi nel nostro paese. Eppure, sembra che i lavoratori guardino con favore a questa possibilità: da un recente sondaggio dell’International Workspace Group emerge che il 72% degli italiani oggi considera lo smart working la “nuova normalità”, più che in Francia e Germania.

Anche se ci sono grandi differenze tra i vari settori quanto all’adozione dello smart working in Italia, i casi più innovativi riguardano le start-up IT, afferma Annamaria Cacchione, ambasciatrice di EPALE, parte della strategia dell’Unione europea per migliori opportunità di apprendimento per tutti gli adulti. La ragione, spiega, è che sono “nativi digitali”. Queste sono aziende che vedono tutto attraverso una mentalità agile.

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Una forza lavoro più flessibile

La buona notizia, tuttavia, è che le aziende italiane comprendono l’agilità che lo smart working porta alla loro attività e stanno sposando sempre di più questo concetto, secondo un recente sondaggio condotto da Industree Communications Hub e TBS Group. Tra i grandi nomi che già adottano lo smart working ci sono Fiat, Pirelli, Ferrero, Enel e Generali.

Quasi il 50% delle aziende italiane intervistate offre già la possibilità di lavorare da casa con regolarità. Chi è rimasto indietro tende a considerare lo smart working più come uno strumento di conciliazione tra lavoro e vita privata, senza considerare la sua capacità potenziale di far aumentare la produttività.

Tra le organizzazioni intervistate, chi ha scelto lo smart working ha avuto un riscontro molto positivo in termini di soddisfazione dei dipendenti, produttività e sostenibilità del progetto. Le aziende riportano anche di essere diventate più appetibili per potenziali nuove assunzioni. I maggiori problemi individuati prima dell’adozione dello smart working riguardavano il cambiamento culturale, la valutazione degli obiettivi da remoto e la capacità dei dipendenti di separare il lavoro dalla vita domestica, che – si pensava – poteva diventare una fonte di stress. Queste preoccupazioni, tuttavia, si sono rivelate prive di fondamento una volta avviato il processo.

Un debutto per lo smart working

Il passaggio allo smart working richiede enormi cambiamenti culturali, perché impatta su ogni aspetto dell’azienda. L’obiettivo generale è quello di consentire ai dipendenti di lavorare in modo più intelligente: quindi i dirigenti per primi devono essere convinti dell’agilità e dei vantaggi che può comportare, come risparmi di costo e maggiore efficienza, ma anche più fedeltà e soddisfazione sul lavoro dei dipendenti, ad esempio.

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Come si avvicinano le aziende italiane allo smart working? Dai risultati di un’indagine di Industree Communications Hub e TBS Group, la prima preoccupazione è che i dipendenti dispongano della tecnologia e della connettività per lavorare in modo efficace da remoto. L’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano sostiene che il 59% delle grandi imprese ha già introdotto tecnologie per progetti di lavoro agili e un quarto delle aziende sta incoraggiando i dipendenti a utilizzare i propri dispositivi anziché quelli forniti dall’azienda – insomma l’approccio “Bring your Own Device” (BYOD).

Inoltre, è costruttivo vedere che le organizzazioni stanno anche promuovendo attivamente programmi di comunicazione interna sulla gestione del cambiamento per integrare lo smart working nel business e coinvolgere i dipendenti: ci sono esempi di organizzazioni che rielaborano i processi di valutazione delle prestazioni collegandoli al raggiungimento di obiettivi specifici. Questo è il principio di fondo dello smart working: delegare di più ai dipendenti, che godono di maggiore indipendenza.

Le organizzazioni italiane che sono passate allo smart working affermano di aver ottenuto risultati molto positivi: per il 65% dei partecipanti al sondaggio la soddisfazione dei dipendenti è uno dei vantaggi principali, oltre a una migliore sostenibilità organizzativa, dovuta alla riduzione del turnover del personale e al miglioramento dell’efficienza. Le risposte citano anche un aumento della produttività e un aumento della loro capacità di attrarre nuovi talenti.

Lo smart working comporta nuove pratiche di lavoro e l’indagine ha concluso che i principali ostacoli dipendono dalla difficoltà di valutare in base agli obiettivi raggiunti e al delegare le responsabilità. Il miglioramento dell’efficienza, ad esempio, richiede una maggiore apertura nella condivisione delle informazioni tra i team.

Per lo smart working servono i giusti strumenti di collaborazione e una solida connettività per impedire che la distanza diventi un ostacolo. Le smart room, ad esempio, possono integrare videoconferenze, lavagne digitali, sistemi di presentazione e altre soluzioni intuitive per creare uno spazio di incontro virtuale dinamico: possono anche essere personalizzate per soddisfare i requisiti di collaborazione specifici di un team, creando uno spazio altamente flessibile per consentire ai team di lavorare da remoto.

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Pensando ad alcune delle complessità nell’introduzione dello smart working, non sorprende il dato dell’Osservatorio di Ricerca per lo Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano secondo cui il 40% delle organizzazioni italiane sta attivamente cercando il supporto di consulenti esterni e il 34% di centri di ricerca per il proprio programma di smart working.

Il posto di lavoro del futuro

In Orange Business Services le persone lavorano in modo flessibile da molti anni, sia a casa che durante i viaggi di lavoro. Oltre ad aiutarci a essere un’organizzazione più verde, ha migliorato la soddisfazione sul lavoro, ci ha reso un luogo di lavoro più ambito e ci ha fatto diventare significativamente più “agili”, contribuendo ad aumentare i profitti.

Il concetto di smart working, tuttavia, non è una casellina da spuntare, bensì un processo continuativo. Gartner sostiene che entro il 2027 più di due lavori su tre non saranno di routine, cioè richiederanno di pensare piuttosto che fare. Questo richiederà un upskilling specifico per il lavoro flessibile, ad esempio.

Ogni organizzazione e ogni posto di lavoro sono ovviamente diversi tra loro. Allo stesso tempo, lo smart working richiede che un’organizzazione ripensi totalmente al suo approccio. Non è possibile prescindere dal fatto che l’economia digitale renderà necessaria  ancora più agilità di business. Questo fa sì che una strategia di smart working, adottata con convinzione da parte dei vertici dell’organizzazione, sia cruciale per il futuro di ogni impresa.

Di Francesca Puggioni, Managing Director Southern Europe di Orange Business Services