Digitale e green economy, l’unione fa la forza

Un post pubblico su Facebook può costare il posto di lavoro

Le imprese attente al risparmio energetico e alla produzione sostenibile trovano nella trasformazione digitale un alleato importante e cercano nel diritto del lavoro strumenti per raggiungere traguardi più ambiziosi

Secondo uno studio, realizzato con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, negli ultimi cinque anni, oltre 432mila imprese italiane hanno investito in prodotti e tecnologie “green” per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Per farlo, molte imprese hanno avviato anche processi di trasformazione digitale.

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Prova di questa virtuosa unione è, per esempio, l’emergere di nuove figure professionali, tra cui spiccano gli innovation manager. Proprio con l’obiettivo di sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale delle PMI e reti d’impresa, lo scorso novembre era stato pubblicato il decreto del MiSE per la fruizione del cosiddetto voucher. Sarà, infatti, compito di questi professionisti gestire e attuare il cambiamento del modo di produrre e distribuire i beni, anche grazie al progredire del digitale.

Entro il 2024, si stima che la connessione 5G sarà disponibile in tutto il mondo. Se già oggi, automatizzazione e scalabilità delle applicazioni permettono di collegare qualsiasi oggetto per mezzo di semplici etichette munite di sensori intelligenti, nei prossimi anni, grazie al 5G, saranno le linee di produzione a essere gestite “wireless” in tempo reale, rendendo il processo di manutenzione e implementazione molto più efficiente.

Merita di essere citata anche la Legge di Bilancio 2020 con cui si è prorogato il “bonus formazione 4.0” (introdotto dalla L. 205/2017), abrogando, in un’ottica di semplificazione, l’obbligo di disciplinare espressamente lo svolgimento delle attività di formazione attraverso i contratti collettivi aziendali o territoriali.

Cambiare il modo di produrre e approvvigionare beni segnerà, forse, il definitivo superamento del paradigma “si lavora al lavoro”, per cui il posto di lavoro muterà sia nell’aspetto esteriore che nella sua destinazione: se le mansioni che i lavoratori potranno svolgere a distanza aumenteranno ogni anno, le aziende potranno sostituire gli uffici tradizionali con postazioni condivise o con spazi dedicati all’accoglienza dei clienti.

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E la miglior dimostrazione di questo cambiamento si ha nei numeri dello smart working (L. n. 81/2017) che, secondo i dati resi noti dal Politecnico di Milano, in Italia ha raggiunto nel 2019 le 570mila unità.

La crescente attenzione alle scelte ecosostenibili ha anche portato diverse aziende a rinnovare le flotte aziendali, scegliendo autovetture elettriche o agevolando i dipendenti che decidono di raggiungere il posto di lavoro usando i mezzi pubblici o il car-sharing.

Infine, nei prossimi mesi l’obiettivo di molte imprese sarà quello di incentivare i dipendenti a ridurre gli sprechi. Per farlo, si ricorrerà a sistemi di valorizzazione delle condotte virtuose, anche collettive, collegando le scelte ecosostenibili agli indici di produttività utili ai fini dell’erogazione dei premi di risultato. Infatti, la legge consente di beneficiare di agevolazioni fiscali ed esenzioni contributive sui premi di risultato che siano correlati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, purché misurabili e verificabili (L. 208/2015). In questo senso, le aziende proveranno a introdurre meccanismi in grado di quantificare in modo oggettivo come il rispetto delle policy eco-friendly accresca la qualità e l’efficienza aziendale. A entrambi questi parametri, sarà poi correlata l’erogazione del premio. In una battuta: chi aiuterà l’ambiente, aiuterà (due volte) sé stesso!


Avv.ti Andrea Savoia partner e Marilena Cartabia senior associate – UNIOLEX Stucchi & Partners – www.uniolex.com