La tecnologia al servizio delle persone

Antonia Figini, general manager di ADP ItaliaRecentemente ho letto diversi articoli sul rapporto tra “WorkLife” e “Tecnologia”, per questo motivo ho deciso di portare il contributo di ADP nelle discussioni in corso. In qualità di fornitori di soluzioni e servizi per la gestione delle risorse umane, siamo tutti i giorni a contatto con dipendenti di aziende che – prima di essere dipendenti – sono persone, genitori, figli, sportivi… Il rapporto tra vita lavorativa, dimensione personale e tecnologia sta subendo dei grandi cambiamenti. Una chiara evidenza del grande cambiamento in atto l’abbiamo con l’ingresso dei millennials nelle aziende (il termine millennials identifica una generazione di lavoratori nati tra gli anni 80 e inizio 2000 e cresciuti nell’era del web 2.0). La pervasiva presenza delle tecnologie informatiche e degli strumenti web nella quotidianità di questi individui – sia nelle economie mature, sia di recente industrializzazione – ha già avuto un profondo impatto sui meccanismi che governano le strategie tecnologiche aziendali spingendole verso la “consumerizzazione”: intendendo con questo termine il fenomeno per cui molte scelte in materia di dispositivi utilizzati, applicazioni adottate e procedure svolte sono fortemente condizionate dalla familiarità dei collaboratori di una impresa con determinati strumenti. Un esempio di consumerizzazione è rappresentato dalla sigla creata dalla società di consulenza e analisi KuppingerCole: BYOD, che sta per bring your own device (che alla lettera significa: porta il tuo computer). KuppingerCole ha escogitato un acronimo molto efficace per definire un trend che descrive la nuova classe di professionisti che preferisce utilizzare anche in azienda il proprio notebook o lo smartphone acquistato per gestire la propria quotidianità. Oggi, questo fenomeno sta per compiere un salto qualitativo di enorme portata grazie ad alcuni grandi e rapidi cambiamenti che stanno profondamente modificando il pattern noto come “Worklife”. Tra i fattori di cambiamento ci sono: la dimensione social (Facebook, Linkedin, Twitter, ecc); l’aumentata consapevolezza del legame tra salute e worklife; la diffusione del telelavoro: si stima che nel 2020, il 43% delle persone adotterà una qualche forma di telelavoro; incremento degli independent professionals (i cosiddetti “I-Pros”): la proporzione tra lavoratori dipendenti (80%) e lavoratori indipendenti (20%) passerà rispettivamente al 40% e al 60% nel 2030; l’ingresso nel mondo aziendale delle nuove generazioni di lavoratori nati nel paradigma del web 2.0. Considerato questo scenario, è fondamentale che chi si occupa di tecnologia prenda atto che questi cambiamenti sono in corso e lavori per assecondarli, non per bloccarli. È quindi alla dimensione “personale” che devono guardare i fornitori di servizi IT, il cui obiettivo deve essere quello di limitare il gap tra gli strumenti utilizzati nella vita di tutti i giorni e quelli utilizzati nelle aziende. Gli strumenti per il teamworking e la collaboration rientrano nell’ambito delle linee di investimento di molte aziende. È essenziale – però – che questi strumenti siano disponibili anche remotamente, privilegiando le modalità più “leggere” (instant messaging e videocomunicazione pc/web based, piuttosto che videoconferencing o telepresenza in scenari attrezzati). La facilità nell’impiego di strumenti di comunicazione web based e social rappresenta una grande opportunità – in termini di creatività e per contribuire a un migliore “Worklife Balance” – ma al tempo stesso impone una soglia di attenzione elevata nei confronti del possibile impatto sulla produttività, la vulnerabilità delle informazioni e l’interferenza con gli applicativi in essere. In agguato, c’è un altro grande rischio: l’essere sempre e dovunque “connessi” non facilita la “separazione” degli spazi e dei tempi. Ritagliarsi dei momenti personali rimane sempre e comunque un bisogno primario al quale non dobbiamo rinunciare.

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Antonia Figini, general manager di ADP Italia

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