Spiriti ribelli


Dall’Huffington Post a RebelMouse, la storia di Paul Berry

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The Huffington Post è sicuramente un caso editoriale di successo, ma allo stesso tempo, anche la storia di una startup e di come una tecnologia possa essere disruptive. Sessantotto sezioni, tre edizioni internazionali (in Italia a partire da fine settembre), 1,2 miliardi di pagine viste al mese e 54 milioni di commenti l’anno scorso, sono solo alcuni dei numeri incredibili di questo progetto. Nove anni e un Premio Pulitzer dopo, quali sono i segreti di Arianna e del suo team? Risposta: uso sapiente dei social media, modello partecipativo e tanto altro. Per capire come, ne abbiamo parlato con Paul Berry, ex cto dell’Huffington Post e attuale fondatore della startup RebelMouse. Con lui, abbiamo indagato sul perché della sua scelta di lasciare un incarico di successo per affrontare un nuovo progetto. RebelMouse è una piattaforma di visual publishing, che consente di aggregare l’account Facebook di un utente e i flussi di Twitter per creare una pagina personale.

Data Manager: Qual è stato il segreto del successo dell’Huffington Post?

Paul Berry: Abbiamo combinato l’essere una società tecnologica con l’essere una società editoriale, cosa che era rara. Siamo stati intelligenti e abbiamo utilizzato una tecnologia frammentata. A un certo punto, quando le grandi aziende operanti nel settore dei media sono state alle prese con le proprie tecnologie e anche con i cambiamenti che stavano accadendo nella tecnologia (Google, Facebook, Twitter…), la loro debolezza principale è stata la nostra forza principale. Sono nato a Città del Messico, mia moglie è bulgara. L’internazionalità – ho sempre saputo – avrebbe significato molto per me. E negli ultimi dieci anni e in lavori precedenti, ho iniziato a lavorare su come si potesse veramente mettere insieme un team dinamico globale. Era di vitale importanza per Huffington Post, avendo bisogno di avere una disponibilità temporale in ogni ora del giorno. Si può effettivamente farlo giocando con il fuso orario. Letteralmente HuffPost ha persone di ogni continente, in ogni fuso orario. Europa dell’Est e in America Latina, India, Vietnam, Sri Lanka, Filippine.

Dal punto di vista tecnologico, qual è stato il segreto? Come era organizzata l’infrastruttura tecnologica?

Come cto, seguivo il prodotto, la progettazione, l’ingegneria e le infrastrutture. Il modo in cui abbiamo realizzato i prodotti è stato innovativo – non ci sono stati responsabili di prodotto. Invece, gli sviluppatori, editor e designer  hanno lavorato con me, creando un clima di proprietà condivisa di idee. Il team di sviluppo è stato diffuso in tutto il mondo con individui unici e brillanti, con un approccio molto diverso dal modello normale di outsourcing. Questo ci ha permesso di essere incredibilmente veloci e iterativi nel nostro sviluppo. Non abbiamo mai rilasciato enormi cambiamenti, aspettando molti mesi, invece abbiamo effettuato rilasci costanti di piccole cose verificabili, che hanno portato al cambiamento di massa, ma tutti testati da statistiche e prestazioni.

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Ci sono tecnologie specifiche che sono state particolarmente utili per voi all’HuffPost?

Quando ho iniziato con HuffPost circa sei anni fa, c’era un grosso dibattito sul fatto se l’open source avrebbe vinto o no. Penso che ora non ci siano più dubbi. Lo stack open source – che diventa sempre più popolare – ha un potenziale enorme. È pazzesco quanto è stato costruito negli ultimi cinque anni. Il trucco è stato quello di tenere il passo con questo genere di cose in modo da tenere il passo con un Facebook o un Google, o un Twitter, e le loro versioni dei prodotti.

Hai lasciato il tuo ruolo di cto per fondare una startup, perché lo hai fatto, cosa ti ha spinto?

L’Huffington Post era nato da appena un anno, quando sono arrivato e – seppur promettente – era una piccola realtà. C’erano due persone nella mia squadra e facevamo tre milioni di visitatori unici (UV) al mese. Quando siamo stati acquisiti, stavamo facendo 45 milioni di UV al mese e quando ho lasciato – un anno dopo l’acquisizione – i visitatori erano circa 145 milioni. Il mio team da due persone era passato a trecento, quando l’ho lasciato. Ho imparato molto, ed è stata un’esperienza preziosa. AOL è una grande società che combatte in molti settori, l’Huffington Post ha ancora un futuro molto brillante e grande. Io preferisco costruire le cose da molto piccole a molto grandi, perciò ho lasciato. Sono alla ricerca di nuovi stimoli e nuove sfide. Inoltre, alcuni dei miei collaboratori sono usciti al momento dell’acquisizione. A parte Arianna, abbiamo perso praticamente tutto il team di gestione. Sono tornato a lavorare con quei ragazzi ora per il lancio di RebelMouse e del Soho Tech Labs. È incredibilmente divertente ed emozionante.

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In Italia, i cio sono lontani dal mondo delle startup. Quanto è importante saper guidare le aziende verso l’innovazione?

Praticamente, sono sempre stato un amante della tecnologia disruptive. Se non riusciamo a innovare il nostro business e i suoi processi, allora non stiamo facendo bene il nostro lavoro. Innovare è quello che sto facendo e quello che la mia squadra ama fare. La nostra Bibbia è il libro “Il dilemma dell’innovatore”.

Qual è la storia di RebelMouse?

Le persone venivano da me molte volte a settimana, chiedendo come costruire i loro siti Web. Le aziende e gli individui utilizzano sempre di più e bene i social network come  Facebook e Twitter, ma lo stesso non si può dire dei loro siti Web. Trascorrono così tanto tempo nella vita sociale, ma se si va a cercare di scoprire chi sono sui loro siti, il risultato è scadente. Non esiste un buon modo per mescolare “curation”, aggregazione e contenuti originali. È difficile avere un sito che permette di ospitare blogger esterni. L’obiettivo di RebelMouse è quello di risolvere questo problema. Avere un bel sito Web non dovrebbe richiedere un grande sforzo per lo sviluppo e la progettazione: un paio di click e basta. Non dovrebbe essere necessario chiedere di lasciare Facebook, Twitter, Instagram, G+ o Gmail, ma dovrei solo poter sfruttare ciò che sto facendo lì. Abbiamo volutamente lanciato prima possibile la piattaforma, anche se ancora incompleta, siamo una squadra molto veloce e forte – e già per la fine dell’anno – il prodotto deve essere consolidato e cominciare a diffondersi.

Siete stati finanziati o avete investito capitali propri?

Ho iniziato la fase di boot strapping con un mio investimento proprio, poi ho ottenuto un seed da Lerer Ventures (Eric Hippeau, Ken Lerer) e Jonah Peretti. È previsto un aumento di capitale in autunno con un nuovo round di finanziamento.

Qual è il modello di business?

Ci sono così tante opportunità. L’accensione di domini per gli individui sarà di tre dollari al mese e – per le aziende – di tre a settimana. Abiliteremo funzioni per l’e-commerce e la gestione di contenuti sponsorizzati. Non credo che utilizzeremo mai la pubblicità classica, credo che sia un modello ampiamente superato. Le aziende vogliono essere editori, sanno che devono esserlo. Ma non molte sono in grado di farlo. RebelMouse dovrebbe risolvere questo problema.

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Quanto tempo hai impiegato per creare RebelMouse? Qual è stato l’aspetto più impegnativo?

Abbiamo una lunga strada da fare ancora per abbinare la visione e il sogno. Ma io sono molto entusiasta di dove siamo ora e delle reazioni che stiamo ottenendo. Ho lasciato Huffington Post / AOL il 15 febbraio, ma un po’ di codice l’avevamo iniziato a scrivere nel mese di dicembre.

Che cosa rende diverso da RebelMouse, piattaforme come Twylah o About.me?

About.me è una pagina molto statica singola, per cui il confronto è debole, eccetto che RebelMouse è un bel posto per mostrare al mondo chi sei e cosa ne pensi. Twylah è un bel prodotto e rispetto molto la società. RebelMouse ha il vantaggio di tutti gli approfondimenti e le lezioni apprese dall’aver costruito HuffPost e l’aver sviluppato significative partnership con Twitter, Facebook…

Qual è il prossimo passo per voi e RebelMouse? Avete in programma di integrare altri social network come Google o YouTube?

Assolutamente sì: Instagram, Google, Gmail, Tumblr, RSS in generale. Vogliamo aiutare le persone, andando a trovare il contenuto che le persone vogliono pubblicare, curare e seguire.

Quale sarà il futuro dell’IT, quali tecnologie emergeranno?

Non c’è niente di più interessante di lavorare in questo tempo in cui viviamo, per chi si occupa di tecnologia. L’emergere di nuove tecnologie e la distruzione di quelle vecchie avvengono a tassi sempre più veloci. L’infrastruttura sociale e mobile che esiste oggi, non esisteva neppure un anno fa. Una delle mie speranze è che RebelMouse interromperà per un po’ l’industria dello sviluppo di siti Web, lasciando a chi ha talento e denaro, la possibilità di concentrarsi sulla creazione di tecnologie effettivamente uniche e utili. Allo stesso tempo – però – sono anche un socio di Ventures Lerer, che è la migliore azienda di “angel investing” a New York e – quindi – ho la meravigliosa opportunità di vedere molte nuove imprese inseguire il sogno di essere disruptive. È un momento molto emozionante.

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PAUL BERRY STORY

Paul Berry è fondatore e ceo di RebelMouse e Soho Labs Tech. È general partner di Ventures Lerer e fa parte del consiglio consultivo di Digital American Express. In precedenza, è stato cto di HuffingtonPost e prima ancora, vicepresidente di Related Capital. È sposato, è padre di tre bambini e vive a Tribeca, Manhattan. Lo potete trovare su Twitter @teamreboot o rebelmouse.com/paul.