Le nuove tendenze dell’outsourcing


Vero pezzo forte dell’ICT, la gestione in outsourcing di infrastrutture e funzioni, rimane un mercato molto interessante, anche alla luce delle trasformazioni in atto, imposte dal momento economico o dall’emergere di nuovi paradigmi

a cura di Luca de Piano

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Pur con diverse modalità ed estensioni, l’outsourcing della gestione delle infrastrutture informatiche continua a mantenere un posto chiave nelle scelte delle aziende, per l’indubbio contributo che apporta in termini di risparmio dei costi e di maggiore flessibilità. L’outsourcing, l’application management e i servizi di infrastructure e di workplace management costituiscono infatti strumenti validi per permettere alle aziende di mantenere il focus sul core business. Ma, anche alla luce dell’emergere di nuovi paradigmi come il Cloud computing, con il corollario delle diverse declinazioni come l’Infrastructure-as-a-Service (IaaS), i modelli di riferimento sembrano però diversi da quelli di poco tempo fa, come non hanno mancato di far rilevare le indicazioni emerse dalle aziende interpellate da Data Manager per tastare il polso all’universo dell’outsourcing. Che rappresenta pur sempre una fetta molto rilevante dell’intera torta dell’ICT: Gartner (www.gartner.com) stima che il giro d’affari a livello mondiale supererà quest’anno il valore di 310 miliardi di dollari, con una crescita nell’ordine del 7% rispetto al 2010. E un ulteriore impulso a questo sviluppo del mercato sarà dato dalle nuove modalità di erogazione, come gli investimenti nel Cloud e nelle offerte di tipo “as-a-Service”, sempre più gettonate dai clienti. Dal punto di vista di questi ultimi, i motivi che spingono al ricorso alla gestione esternalizzata rimangono quelli già evidenziati nel recente passato. In primo luogo, grazie all’outsourcing, si possono superare i problemi derivanti dalle ridotte capacità di investimento dovute al perdurare delle tensioni economiche, per le quali ancora non si intravedono soluzioni, almeno a breve termine. Non vanno inoltre dimenticati i fattori classici della scelta dell’outsourcing, come la possibilità di focalizzarsi sul core business aziendale, al quale dedicare maggiori risorse a favore della competitività sul mercato, oppure l’avere accesso a tecnologie sempre aggiornate e a risorse specializzate, senza dover necessariamente investire in formazione. Infine, alle aziende strutturate su scala globale, l’outsourcing permette di adottare un modello di servizi IT omogeneo in tutto il mondo.

Prima di passare a esaminare nel dettaglio i pareri espressi dalle aziende interpellate per questo speciale, può essere utile dare uno sguardo ad alcuni dei dieci passi fondamentali identificati recentemente da Gartner per aiutare i Cio e i responsabili IT a capire come ottenere il massimo dalla strategia di outsourcing. Si va dall’impostare contesto e obiettivi, definendo priorità oltre a regole e principi che guideranno la strategia di outsourcing, alla valutazione dei vincoli e delle opportunità, come per esempio i problemi organizzativi interni oppure le novità tecnologiche di rilievo. Ma non solo: è anche opportuna, sempre secondo Gartner, un’approfondita analisi dei rischi connessi a uno scenario specifico riferito al fornitore di servizi. Infine, può essere utile sviluppare un “business case” che prenda in esame tutte le implicazioni finanziarie dell’ipotesi di outsourcing e il relativo ritorno sull’investimento. Anche perché le aziende che «trascurano di sviluppare un’approfondita strategia di outsourcing possono mettere a rischio i loro investimenti e potrebbero non essere in grado di soddisfare le esigenze e i requisiti di business», ammonisce Claudio Da Rold, vice president e distinguished analyst di Gartner. Ma è giunto il momento di dare la parola ai protagonisti della nostra indagine.

 

 

Nuove aspettative

Per Mauro Veneziani Santonio, senior business development executive di IBM Italia (www.ibm.com/it), «fermi restando gli obiettivi di efficienza e riduzione costi tipici del ricorso all’outsourcing, oggi le principali aspettative dei clienti riguardano i livelli di disponibilità di servizio, di performance e di sicurezza, che devono essere maggiori degli attuali presenti in azienda, oltre ai livelli di flessibilità e scalabilità nell’utilizzo delle risorse informatiche, senza dimenticare l’accesso a professionalità e competenze che possano apportare maggiore capacità di innovazione». Ma non solo: c’è anche maggiore consapevolezza che un rapporto di outsourcing abbia riflessi sulla competitività dell’azienda, per questo, «accanto ai significativi benefici possibili esistono anche rischi che potrebbero derivare da scelte inadeguate e che vanno quindi accuratamente valutati e minimizzati». Ecco quindi che IBM punta su eccellenza del servizio e innovazione: «Il Campus presente nell’area milanese formato da quattro data center fisici interconnessi tra di loro con rete metropolitana ad altissima velocità e ridondanza tale da poter essere gestiti come un unico data center logico, l’erogazione e gestione dei servizi secondo un modello industriale globale, che si avvale di best practice conformi a Itil e di soluzioni sperimentate in uso presso moltissimi clienti, il livello di professionalità delle persone che lavorano nell’organizzazione di IT Delivery, sono i capisaldi del servizio oggi fornito a centinaia di clienti in Italia e migliaia nel mondo», sottolinea Mauro Veneziani Santonio.

Anche HP (www.hp.com/it) rileva come il settore dell’outsourcing stia attraversando un importante momento di trasformazione. «L’evoluzione tecnologica dei modelli di business e dei processi organizzativi aziendali è molto profonda, anche se talvolta solo alcune delle potenzialità offerte dalle nuove soluzioni disponibili vengono sfruttate appieno dal management – esordisce Michele Cutillo, vice president Enterprise Services di HP Italia -. In un mondo sempre più connesso, immediato, mobile e interattivo, la maggiore convergenza tra i mercati enterprise e consumer e tra prodotti e servizi, genera uno spostamento di investimenti e acquisizioni da un settore all’altro. In questo contesto, l’impresa e l’IT devono collaborare per creare un reale valore per clienti e cittadini, sia nel settore privato sia in quello pubblico: innovazione, agilità, ottimizzazione e gestione del rischio rappresentano gli elementi cardine per questa crescita. HP risponde a queste esigenze con un’offerta di soluzioni che supportano imprese e Pubblica Amministrazione nel percorso verso la Instant-On Enterprise, ossia una realtà in cui la tecnologia rappresenta un elemento integrato in ogni processo di business, consentendo risposte in real-time alle esigenze di tutti».

In questa visione, «il ricorso all’IT outsourcing non mira più solo a ridurre i costi, ma rappresenta una scelta strategica per accelerare l’adozione di tecnologie innovative e supportare il business dei clienti – prosegue Cutillo -. In un mercato più maturo e attento a dinamiche di outsourcing di diversa intensità, esiste una tendenza a richiedere contratti brevi per soddisfare il bisogno di flessibilità, come naturale conseguenza dell’incertezza di determinati cicli economici; allo stesso tempo nei contratti sono spesso inclusi anche servizi di consulenza IT e di system integration, considerati abilitanti per l’innovazione e per le iniziative di trasformazione».

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Le trasformazioni in atto

Per Gabriele Rigosi, business support director di Econocom (www.econocom.com/it), il colosso che ha assorbito recentemente ECS, «evolvere verso soluzioni tecnologiche e modelli infrastrutturali rispondenti all’attuale trasformazione del mercato informatico e alle sfide strategiche non è sempre così semplice e molte sono le variabili e le competenze da considerare per una Governance completa ed efficiente dei sistemi IT. Gli elementi critici che preoccupano oggi i Cio e i Ceo delle aziende sono molti: l’arresto delle attività, i problemi legati alla continuità operativa, la disponibilità e il controllo del sistema informatico, i problemi legati ai vincoli operativi e di budget, l’ottimizzazione dei costi di possesso dell’infrastruttura e dei costi nascosti, che possono incidere per oltre il 50% sui costi complessivi». Se l’esternalizzazione della gestione IT può essere una risposta a queste esigenze, per fare in modo che si riveli una mossa vincente, «è indispensabile che il fornitore di servizi IT sia un partner in grado non solo di fornire tecnologia, ma abbia la volontà di approfondire la conoscenza dell’azienda e delle sue esigenze di business adottando un approccio consulenziale e flessibile – prosegue Rigosi -. Il partner deve avere una competenza che non sia limitata alla tecnologia, ma deve coprire il ramo di attività dell’azienda, e questo vale indipendentemente dalla tipologia di servizio erogato che si declina secondo diverse tipologie dell’offerta, come locazione o Infrastructure-as-a-Service o altro». Ma non solo: «L’accresciuta complessità delle architetture, delle soluzioni e delle sfide di business ha portato a mutare il rapporto della funzione IT nei confronti dei fornitori in generale. Un Cio deve considerare l’IT come processo, organizzazione, visione strategica e il fornitore di servizi, se vuole davvero essere un partner, deve ragionare secondo la stessa logica; una premessa fondamentale per qualsiasi progetto vincente di outsourcing», conclude Rigosi.

Gli fa eco Emanuela Verzeni, direttore commerciale di Asystel (www.asystel.it), che ritiene necessario distinguere in funzione della dimensione dell’impresa che ricorre all’outsourcing. «La grande impresa, che spesso ha già fatto esperienza affidandosi agli outsourcer di maggiori dimensioni con un approccio di tipo “full”, oggi ne soffre la mancanza di flessibilità e tende a riprendere il governo e il controllo diretto delle scelte strategiche e quindi a spostarsi verso un approccio di tipo selettivo, delegando solo le responsabilità più operative e suddividendole su diversi player “specializzati”. Invece, la piccola e media impresa ha al contrario bisogno di un partner che, oltre a gestire in modo più economico l’erogazione dei servizi IT ordinari, sia in grado di guidarla nello sfruttare l’innovazione tecnologica a vantaggio del proprio business». Per questo, oltre alla riduzione dei costi e all’esigenza di mitigare la complessità di gestione delle infrastrutture, oggi si sceglie l’outsourcing anche alla luce delle esigenze crescenti di continuità dei servizi. In questo scenario, «il modello vincente, indipendentemente dal tipo di azienda e dall’ampiezza del campo di applicazione, deve prevedere necessariamente un alto grado di modularità, scalabilità e flessibilità nel tempo», conclude Emanuela Verzeni.

«Le aspettative dei clienti continuano a ricondursi al risparmio dei costi, ma anche a soluzioni più flessibili, con maggiore visibilità e trasparenza in merito al consumo e alla fatturazione dei servizi IT», afferma Isabella Valente, services sales executive di Dell Italia (www.dell.it). Oggi i clienti «richiedono anche una maggiore flessibilità e controllo nell’eventuale cambio del fornitore alla scadenza naturale del contratto; inoltre, nel caso di inadempimento, richiedono modalità più chiare sui servizi di transizione e assistenza di fine contratto. Dal canto loro, i fornitori IT possono affrontare molti di questi bisogni attraverso modelli di business innovativi, piuttosto che sulla semplice efficienza del processo, attraverso strutture contrattuali più flessibili e la fornitura di servizi standard erogati in modalità Cloud». Per quanto invece riguarda i driver principali che spingono le aziende a orientarsi verso l’outsourcing, «il risparmio dei costi continua a essere il motivo primario per chi sceglie per la prima volta questa soluzione – prosegue Isabella Valente -. Per i contratti di seconda o terza generazione, emerge l’insoddisfazione per la mancanza di innovazione e di prestazioni non ottimali su tutte le aree di business, spesso gestite da un singolo fornitore in un contratto unico e complesso (full outsourcing rispetto a selective outsourcing): l’esigenza è di fare di più con meno, adoperandosi a liberare il capitale per concentrarlo sul proprio core business». Quello che va inoltre sottolineato è che «il modello di outsourcing selettivo e multi-vendor, nonostante la complessità di gestione, sta diventando il modello di riferimento, con un tasso di successo molto più alto rispetto al full outsourcing. Questo permette nei fatti di ottenere i vantaggi dell’outsourcing, mantenendo un forte controllo sulle proprie risorse senza legarsi in maniera troppo stretta a un singolo fornitore, con tutti i rischi che questo comporta», sintetizza Isabella Valente.

 

Organizzare le complessità

Per Fabio Marchetti, industry sector delivery manager di Present (www.it-present.com), «lo scenario competitivo attuale richiede una disponibilità e una qualità del servizio offerta dalle proprie infrastrutture ICT notevolmente superiore rispetto al passato. Le aziende chiedono sempre più flessibilità, semplicità di utilizzo e la possibilità di sostenere costi in funzione dell’utilizzo delle risorse, ricorrendo, per esempio, al pay-per-use. Le esigenze di business cambiano rapidamente ed è necessaria una forte capacità di reagire prontamente alle mutate esigenze. Present ha la capacità tecnica-organizzativa di saper riprogettare le architetture ICT dei clienti con interventi mirati alla standardizzazione delle soluzioni». Inoltre, «non va dimenticato il ruolo fondamentale costituito dalle economie di scala che un fornitore di outsourcing come Present può ottenere, permettendo alle aziende la fruizione di servizi avanzati quali la Business Continuity e il Disaster Recovery a costi decisamente inferiori rispetto a soluzioni analoghe realizzate con infrastrutture proprie».

In questo quadro, l’outsourcing nella sua complessità deve essere organizzato su diverse componenti, ognuna con specifici valori distintivi: «Esiste, infatti, la componente logica e architetturale che trova la sua sintesi nella governance del servizio; a questa segue la componente infrastrutturale, che integra tutti gli elementi di tale natura – prosegue Marchetti -. L’avvento del Web, con tutte le implicazioni connesse, spesso spinge all’impiego dello stesso gestore sia per la componente elaborativa sia per la componente networking in logica Infrastructure-as-a-Service. Infine sta giungendo a maturità l’outsourcing della componente applicativa in logica Platform-as-a-Service. Ulteriori componenti quali il monitoring, il self provisioning e la flessibilità di utilizzo sono ormai a carico dei moderni sistemi operativi».

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«Le aspettative sono diverse a seconda delle dimensioni aziendali e i clienti chiedono ai propri fornitori la massima flessibilità per trovare la soluzione su misura per le loro esigenze», esordisce Giovanni Mocchi, responsabile business unit Consulting & Services di Zucchetti (www.zucchetti.it). Più in dettaglio, «i due motivi principali che orientano il cliente verso l’outsourcing delle infrastrutture informatiche sono, da un lato, la riduzione dei costi e, dall’altro, la necessità di ottenere maggiore sicurezza per i propri dati, in quanto soprattutto le piccole e medie imprese difficilmente possono dotarsi al proprio interno dei più elevati standard di sicurezza informatica, fisica e logica. Il data center Zucchetti, che è certificato in base agli standard internazionali principali, assicura la protezione dai rischi di perdita dati, oltre ai servizi di backup, restore e assistenza tecnica. Sono inoltre notevoli i risparmi per il cliente grazie all’eliminazione dei costi d’infrastruttura: locali, alimentazione, condizionamento, sorveglianza, manutenzione». Infine, per Giovanni Mocchi, «oggi in rapida ascesa vi sono i “Cloud services” e l’hosting o housing virtuale, che hanno il vantaggio della flessibilità di gestione. Il valore aggiunto dell’offerta Zucchetti, comunque, consiste nella possibilità per i clienti di esternalizzare sia l’infrastruttura hardware sia il software applicativo con una significativa riduzione del Total cost of ownership (Tco) rispetto a modelli tradizionali. A ciò si aggiungono tutti i servizi di application management e di maintenance, regolati da processi standardizzati e continuamente monitorati dal punto di vista della qualità».

 

L’outsourcing specialistico

Passando a esaminare il punto di vista di outsourcer più specializzati in settori verticali, Andrea Pettinelli, responsabile gestione clienti e sviluppo commerciale di Cedacri (www.cedacri.it) rileva come «in un periodo di contrazione significativa dei budget IT delle aziende, i requisiti richiesti agli outsourcer riguardino diversi aspetti: riduzione dei costi mantenendo elevata la qualità del servizio, disponibilità di soluzioni di ultima generazione e garanzia di livelli elevati di sicurezza. Nell’ottica di ampliare la propria offerta per il mondo industriale e dei servizi proprio in questa direzione, Cedacri ha realizzato importanti progetti di consolidamento dello storage, della server farm e del data center, che le permettono di disporre oggi di un’infrastruttura tecnologica all’avanguardia, efficiente e sicura, in grado di affrontare la gestione dei picchi con miglior capacità di risposta, così come di adeguarsi alle esigenze della clientela in tempo reale». Per quanto riguarda i motivi alla base della scelta di esternalizzare alcune gestioni, «il driver principale rimane certamente l’ottimizzazione dei costi: valutazioni accurate parlano di risparmi che partono da un minimo del 30% per chi si affida a un outsourcer di servizi – prosegue Pettinelli -. Inoltre le aziende desiderano poter disporre, in ogni momento, delle tecnologie più all’avanguardia, accompagnate da un livello di sicurezza particolarmente elevato. Fattori che diventano sempre più difficilmente ottenibili per chi sceglie di mantenere l’infrastruttura tecnologica in house, a causa della crescita continua dei costi di gestione senza un aumento corrispondente dei volumi».

Fabien Breget, general manager outsourcing services di ADP Byte (www.it-adp.com), attore da tempo presente sul mercato dell’outsourcing dell’amministrazione e della gestione del personale, nota come «in ritardo rispetto ad altri Paesi, il ricorso ai servizi in outsourcing si stia ormai affermando anche in Italia. Tra le ragioni di questa tendenza abbiamo innanzitutto la volontà da parte delle aziende di ridurre i costi, affidando a fornitori esterni le attività che non costituiscono il proprio core business. Le società di outsourcing sono inoltre in grado di garantire ai propri clienti una continuità di servizio e una qualità della prestazione che rappresentano un importante valore aggiunto. Infine, esternalizzando determinate funzioni, le aziende possono godere di una maggiore flessibilità dei costi e hanno a disposizione un servizio in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti e all’evoluzione nel tempo della struttura aziendale».

Per quanto riguarda i modelli di outsourcing su cui si sta orientando il mercato, spicca in primo luogo il Full Bpo, Business Process Outsourcing, in cui vengono esternalizzati interi processi, come per esempio il sistema IT o la gestione delle risorse umane. «Questi modelli – sottolinea Breget – permettono all’azienda di concentrarsi sulle proprie attività core e sono in grado di offrire risultati misurabili. In ADP Byte siamo convinti inoltre che oggi la vera forza di un modello di outsourcing sia quella di assicurare non solo l’esternalizzazione dei mezzi e degli strumenti, ma anche quella dei risultati. Affidarsi a un interlocutore specializzato e dotato di una struttura solida è il modo migliore per avere la garanzia della qualità e della completezza del risultato finale».

Maurizio Ronzoni, business unit manager della divisione Océ Business Services (www.oce.com/it), fa notare che «se l’azienda oltre al risparmio nei costi vuole ottenere benefici anche in termini di produttività, deve passare all’outsourcing della gestione documentale. Océ Business Services, la divisione che si occupa della gestione in-house dei processi documentali dei suoi clienti può garantire ampi benefici alle aziende clienti: attraverso personale con competenze specialistiche e l’utilizzo di tecnologie innovative può rivedere processi aziendali ad alta intensità documentale, garantendo un risparmio significativo, ma anche livelli di servizio più alti e processi più efficienti». Del resto le aziende si orientano verso l’outsourcing per migliorare l’efficienza complessiva, grazie all’accesso a risorse e competenze che non sono disponibili internamente: in questo modo è possibile ottenere una chiara definizione dei servizi, una migliore soddisfazione dell’utenza interna e un miglior controllo dei costi, che passano da fissi a variabili. «Océ Business Services gestisce in outsourcing i processi documentali delle aziende clienti garantendo un contenimento dei costi almeno del 25%, che può crescere quanto più si opera per la revisione e l’innovazione dei processi», prosegue Ronzoni. In questo scenario, «il modello di outsourcing vincente è quello che attiva un cambiamento nei processi documentali dell’azienda cliente, attraverso l’implementazione di servizi documentali avanzati: per esempio la gestione di dossier digitali o del Print&Output management, la gestione della documentazione tecnica, degli account payable o di servizi di comunicazione. I servizi di Business Process Outsourcing che Océ realizza gestiscono e innovano i processi documentali dell’azienda garantendo qualità e puntualità nell’erogazione dei servizi, ma anche un processo di miglioramento continuo da percorrere insieme al cliente», conclude Ronzoni.

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Servizi e tecnologie

Ci pensa Marco Di Cosimo, direttore strategie e controllo di Bassilichi (www.bassilichi.it), a sottolineare come non tutti i clienti siano disposti oggi a percorrere la strada più facile, ovvero quella della ricerca dei risparmi nei costi attraverso i fornitori, cercando di dare respiro ai propri conti economici spostando il problema direttamente su chi fornisce i servizi. «Fortunatamente questa non è l’unica strategia applicata – spiega Di Cosimo -: infatti, di fronte alla crisi, clienti e fornitori possono ragionare insieme su come fare sistema, mentre la domanda che ci si pone più spesso oggi è “insourcing, o meglio re-insourcing, oppure aumento dell’outsourcing?”. In questo panorama, compito e obbligo dell’outsourcer è quello di innovare costantemente la propria offerta e rendere sempre più efficienti i propri processi di produzione in modo da indirizzare la scelta delle aziende clienti verso l’aumento dell’esternalizzazione». Un altro fattore che può aiutare il business è quello del Cloud computing, che contribuisce a trasformare i costi di investimento in costi d’esercizio. «Bassilichi si può definire, su questo aspetto, un’azienda che ha precorso i tempi – fa rilevare Di Cosimo -: infatti, da circa un decennio nella nostra offerta sono presenti elementi Cloud, come il nostro modello ormai storico di offerta Full Service, costituita da un servizio end-to-end che inizia con la fornitura di hardware sotto forma di noleggio e che prosegue con piattaforme di gestione in Asp, fino ad arrivare alla presa in carico di tutti gli elementi di servizio del cliente, lasciandogli la sola regia e controllo del tutto».

Infine, per Roberto Rampini, direttore commerciale di Phonetica (www.phonetica.it), azienda milanese da tempo attiva in particolare nel Business Process Outsourcing delle comunicazioni telefoniche, «l’aspettativa principale oggi è quella di non avere separati il servizio dalla tecnologia e di disporre di un fornitore che gestisca entrambi: l’elemento vincente è proprio quello di avere una tecnologia flessibile in grado di interpretare, nel quotidiano, le esigenze delle aziende». Ma dato che sempre più il patrimonio di un processo di business ha un valore forte, ma ha anche un costo importante da sostenere nell’ambito dell’organizzazione, «la delega verso l’esterno richiede, come condizione imprescindibile, di trovare un partner affidabile, che garantisca tangibilmente continuità e sostenibilità economico-finanziaria e sia sempre in grado di aderire alle norme e ai valori dell’azienda cliente, condividendone il cuore, ma anche i benefici degli obiettivi comuni». È anche per questo che i modelli di outsourcing vincenti sul mercato sono, nella visione di Phonetica, «quelli impostati su un rapporto dove il fornitore sia in grado di interpretare e gestire un processo di business completo, mettendo a disposizione strumenti tecnologici e metodologici in grado di dare valore aggiunto al processo stesso e, soprattutto, un incremento qualitativo concreto e misurabile nell’output finale». Si tratta di modelli che «nascono da una nuova coscienza del mercato, che non è più come in precedenza focalizzato solo sul pricing, su una qualità più generalista dei servizi e su una visione frammentata dei processi», conclude Rampini.

Integra Document Management (www.integradm.it), specializzata e focalizzata nei servizi di Document&Business Process Outsourcing, nasce nel 2001 e, grazie a un trend di crescita unico nel settore, è oggi uno dei principali player del mercato italiano, in termini di risultati, dimensioni, infrastrutture, competenze e offering.

28.5 milioni di euro di ricavi nel 2010, 410 collaboratori, 200 clienti, 4 process center con oltre 10 milioni di pagine digitalizzate mensilmente, 2 data center con oltre 7 miliardi di immagini online, 3 document center con oltre 500 milioni di documenti archiviati sono i dati che testimoniano l’ottimo posizionamento di mercato.

«Nell’ambito dei servizi di Document Process Outsourcing – sottolinea Mario Calcagnini, direttore generale di IDM Group – la nostra ampia e differenziata offerta di servizi e soluzioni è in grado di garantire una copertura e una gestione globale di tutti i processi documentali inbound e outbound dei nostri clienti, siano essi in formato cartaceo, digitale o misto».

La gestione globale del ciclo di vita dei documenti passa attraverso l’erogazione di servizi di gestione della mailroom, dematerializzazione dei documenti e capture delle informazioni, backoffice di controllo e validazione, gestione archivi digitali e utilizzo piattaforme applicative di document e workflow management in modalità Cloud computing, conservazione sostitutiva e fatturazione elettronica, gestione degli archivi cartacei.

«L’integrazione di questi servizi con le competenze e le soluzioni verticali sviluppate dei settori assicurativo, bancario, finanziario, media/telco, energy, Gdo/retail e farma – conclude Calcagnini – si traduce nella reale e comprovata capacità di implementare progetti e servizi di Business Process Outsourcing».

L’outsourcing è ormai un elemento consolidato nel panorama delle imprese e Inaz (www.inaz.it) vede da anni una crescita percentuale in doppia cifra di questo tipo di servizi: «Una manifestazione – afferma Piero Ricaldone, direttore commerciale dell’azienda  –  oltre che della bontà del nostro lavoro, della determinazione delle aziende nell’adottarli. Le motivazioni, del resto, sono più che solide: le imprese hanno sempre maggiore bisogno di efficienza, rapidità e saving in tutti i loro processi operativi. Sono perciò sensibili alle novità, tecnologiche e non, che vanno in queste direzioni. Il mercato è maturo da entrambe le parti: i clienti hanno le idee chiare e i fornitori nell’ambito dell’HR Management, hanno le soluzioni adeguate».

Flessibilità e capacità di integrazione sono oggi le richieste vincenti: «I nostri clienti hanno a loro disposizione una piattaforma applicativa completa e integrata, residente sulla nostra infrastruttura tecnologica e sono nella condizione di usare in proprio ciascun sistema o processo applicativo oppure di affidarcene l’operatività. Un esempio  tipico di questo mix  è la fruizione delle funzionalità di gestione delle risorse umane direttamente da parte dell’azienda e l’affidamento in outsourcing del payroll processing».

In definitiva, dice Ricaldone, «vincono i modelli flessibili, formule su misura e pay-per-use, con modalità di fruizione anche mista delle diverse componenti: IaaS o hosting, SaaS, outsourcing light, fino al Business Process Outsourcing».