Se anche il data center si veste di verde

green data center

Tra ecosostenibilità e cost-saving, si accelera la tendenza verso un’IT ancora più “Green”, e si moltiplicano gli esempi di data center costruiti ex novo nel segno della massima efficienza energetica

La campana del Green IT, cioè delle tecnologie e degli approcci che riducono l’impatto ambientale dell’IT, suona sempre più forte. E arriva direttamente a quello che rappresenta l’essenza stessa dell’infrastruttura informatica, cioè il data center, che oggi come noto non è più il classico “centro dati”, ma un insieme di tecnologie, come server, networking e storage. Da tempo, il data center è in fase di trasformazione, sulla spinta dei cambiamenti in atto nel mondo dell’IT, nel quale, come osserva IDC, «è in atto un forte spostamento strutturale verso quella che è la Terza Piattaforma, costituita da mobile, social, big data e cloud, su cui si basa oggi tutta l’innovazione di business, con nuovi servizi e soluzioni costruiti su questa nuova piattaforma. I data center sono il fondamento su cui molti di questi servizi sono realizzati oggi, e il loro ruolo come la fonte più concentrata di computing e storage si espanderà notevolmente nei prossimi cinque anni».

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Scenario ricco di opzioni

Lo scenario si presenta fluido e ricco di possibilità. Le aziende hanno una miriade di soluzioni tra cui scegliere quando si tratta di gestire le risorse IT: possono passare a un cloud pubblico e avere i loro asset gestiti in una struttura di hosting da parte di un service provider, possono utilizzare un cloud privato, mantenendo le attività nel proprio data center, oppure ancora gestire il cloud privato in prima persona o avere qualcuno che lo gestisce per loro, e infine possono utilizzare un ibrido tra privato e pubblico. Un po’ in tutti i settori, sono sempre più le aziende alla ricerca di opzioni per la costruzione di nuovi data center o dell’ampliamento di quello già esistente. Ma, avverte IDC, «vi sono diverse variabili che devono essere prese in considerazione: se server, storage e dispositivi di rete sono elementi critici per la progettazione del cuore dei data center, gli aspetti relativi alla localizzazione del sito hanno oggi pari importanza. I data center nell’area EMEA stanno subendo un’ampia trasformazione a tutti i livelli, con una serie di fattori che esercitano la loro influenza: dalle soluzioni open source in cima allo stack software alle innovazioni hardware a livello intermedio, per esempio, con i processori a basso consumo, il raffreddamento diretto a liquido, e così via». Ed è proprio per questo che un aspetto importante nel determinare il futuro del data center consiste nel comprendere quali possono essere le tecnologie e le soluzioni di alimentazione e raffreddamento più rilevanti proposte sul mercato in ambito data center.

L’IT “modularizzato” e i micro data center

Oggi, non c’è manager di data center che non voglia ridurre il consumo di energia dei data center interni sia che si tratti di contribuire a ridurre le bollette elettriche o di abbassare i livelli di PUE, Power Usage Efficiency, che è come noto l’indicatore essenziale in questo ambito, anche perché il rating PUE costituisce spesso un fattore chiave nel decidere a quale provider di data center rivolgersi eventualmente. Allargando il discorso, l’IT “modularizzato” – di cui parla IDC, intendendolo come modelli di soluzioni cloud, sistemi convergenti, software defined e hyperscale – modifica l’acquisto e la gestione delle unità di base di IT, mentre i sistemi integrati e convergenti continueranno a crescere nei prossimi anni. Questi sistemi, sempre secondo le previsioni di IDC, si evolveranno a più alti livelli di efficienza nel design e nella flessibilità a supportare diversi carichi di lavoro. I sistemi integrati avranno una forte influenza nelle scelte delle aziende per supportare una vasta gamma di iniziative future riguardanti i data center. Lo stesso approccio – prosegue IDC – «verrà utilizzato negli impianti di data center, che ora comprendono anche soluzioni modulari, prefabbricate e anche containerizzate. Si tratta di unità fabbricate presso il sito del fornitore e si basa su piani di progettazione standard». IDC ritiene inoltre che inizierà a prendere piede sul mercato il “micro” data center. Stiamo parlando di sistemi «progettati per portare la latenza di rete verso lo zero tanto quanto le leggi della fisica lo permetteranno, e forniranno grandi vantaggi per le aziende la cui attività si basa su un rapido trasferimento dei dati».

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Energie rinnovabili cercasi

Ed è sempre IDC, nelle sue tradizionali “Predictions”, precisamente in quelle per l’imminente 2016, a sottolineare che «nei prossimi anni, i nuovi sviluppi nella tecnologia di raffreddamento e nelle architetture rack continueranno a migliorare l’efficienza energetica. Alcune aziende continueranno ad avere le proprie strutture, ma si baseranno sempre più su terze parti per costruire, implementare, gestire e affittare capacità IT e archiviare i dati importanti. I vendor e i provider si rivolgeranno a fonti energetiche rinnovabili, come l’idroelettrica, quella eolica e la geotermica, per alimentare i loro data center con una maggiore affidabilità e a un costo ragionevole e prevedibile. I miglioramenti nella connettività di rete stanno aprendo le aree più remote per realizzare data center vicino a fonti di energia rinnovabili». Gli esempi non mancano, a partire da quello ormai notissimo, visto che è stato inaugurato due anni fa, realizzato dall’Eni in piena Pianura Padana, e presentato a suo tempo come il primo al mondo per efficienza energetica: nelle parole della società, con il nuovo data center «è stato raggiunto il record mondiale in termini di efficienza energetica per i mega-center, misurato come il rapporto tra l’energia totale utilizzata e l’energia dedicata all’informatica. Per il Green Data Center questo rapporto sarà al di sotto del valore di 1,2, che rappresenta il miglior risultato a livello mondiale, mentre la media italiana presenta ancora valori tra 2 e 3». Niente male per un data center che è tra i primi in Europa per tipologia e dimensione, con i suoi 5.200 metri quadrati utili.

A tutto “free cooling”

In effetti, l’efficienza del Green Data Center deriva soprattutto dal particolare sistema di raffreddamento di tipo “free cooling”, che utilizza l’aria esterna. Secondo il report “Data Center 2025: exploring possibilities”, derivante da un’indagine condotta da Emerson Network Power per analizzare gli scenari dei data center nei prossimi dieci anni, «nel 2025, occorrerà meno energia per produrre lo stesso livello di capacità di elaborazione disponibile oggi, grazie a svariate modalità. La più diffusa tra queste è l’uso di aria esterna (free cooling) per il raffreddamento del data center, disponibile già attualmente, seguita da raffreddamento a livello di chip, maggior efficienza del server, temperature più elevate del data center e distribuzione più lineare dell’energia». Nel caso del Green Data Center di Eni, il sistema regola la temperatura usufruendo, per almeno il 75% del tempo, direttamente dell’aria esterna, limitando quindi l’utilizzo di condizionatori a meno del 25% del tempo, a differenza degli impianti tradizionali che usano i sistemi di condizionamento e ventilazione forzata ininterrottamente. Il risultato, commenta Eni stessa, è «ancor più d’eccellenza se si considera che l’impianto è collocato a livello del 45esimo parallelo, mentre i data center con caratteristiche simili sorgono generalmente più a Nord e in ambienti più freddi, come per esempio le Montagne Rocciose negli Stati Uniti».

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Se il fiordo dà una mano

Ed è proprio molto più a Nord, in Norvegia, nel pieno della regione dei fiordi, che sta sorgendo il data center più grande del mondo, con oltre 120mila metri quadri di superficie in 75 padiglioni sotterranei, dove una volta esisteva una miniera, da cui il nome del progetto: Lefdal Mine Datacenter. Il sito, che ha già ricevuto l’approvazione da parte di IBM che sarà uno dei primi utenti, sarà inaugurato nell’estate 2016 e saranno impiegati soprattutto i data center container delle gamma RiMatrix sviluppati da Rittal, mentre l’alimentazione arriverà da impianti idroelettrici ed eolici. Il raffreddamento deriverà invece dall’acqua del fiordo adiacente: tenuto anche conto del fatto che una parte della ex-miniera si trova sotto il livello del mare, sarà limitato l’uso delle pompe di sollevamento per facilitare il flusso di acqua nel sistema di raffreddamento, ed è anche per questo che Lefdal Mine prevede un PUE nell’ordine dell’1,1. Come dire un nuovo record mondiale. Che forse determinerà una nuova corsa verso il Nord, visto che anche la stessa Apple ha annunciato di voler costruire un proprio data center nello Jutland, in Danimarca, mentre come noto Facebook dispone già da un paio d’anni di un data center in Svezia, alimentato interamente con energie rinnovabili. In ogni caso, la tendenza verso il recupero di aree industriali dismesse, possibilmente dotate di fonti di energia rinnovabile, è segnata, come dimostra un esempio recente di casa nostra, dove un glorioso impianto tessile nella provincia bergamasca è stato acquisito la scorsa estate da Aruba, la società numero uno in Italia per i servizi di data center, web hosting, email, PEC e registrazione domini. Pur in assenza di annunci specifici da parte di Aruba, non è azzardato supporre che il sito, un’area industriale piuttosto estesa (60mila metri quadrati in località Briolo di Ponte San Pietro nella provincia di Bergamo) e dotata di centrale idroelettrica situata sulla sponda del fiume Brembo, sarà effettivamente impiegato per realizzare un data center con caratteristiche di elevata efficienza.

Ecosostenibilità e responsabilità sociale

Ma c’è anche un altro elemento di cui bisogna tenere conto nella valutazione di quanto “green” debba essere oggi l’IT. Infatti, tra le cinque tendenze fondamentali che delineano lo scenario del data center nel 2016 e proseguiranno negli anni successivi, identificate recentemente da Emerson Network Power, spicca in particolare quella della responsabilità sociale, che farà sempre più sentire il suo effetto. Commentando questa tendenza, la quarta delle cinque individuate, si sottolinea che «il nostro settore si occupa di efficienza almeno dal 2007, ma focalizzandosi prevalentemente sull’aspetto finanziario. Con iniziative come la Direttiva sull’efficienza energetica dell’Unione Europea, che stabilisce una serie di misure vincolanti per raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica del 20% entro il 2020, alcune aziende stanno adesso spostando l’attenzione dall’efficienza alla sostenibilità e stanno considerando i data center in un’ottica di responsabilità sociale». È anche per questo – prosegue la considerazione diffusa da Emerson Network Power – «che le attività del data center, comprese le emissioni di CO2, l’impiego di energia alternativa e lo smaltimento delle apparecchiature vengono ora inserite nelle dichiarazioni di responsabilità d’impresa, con conseguenti maggiori pressioni per fare progressi in questi ambiti. L’impatto di questa tendenza non sarà limitato alle decisioni relative alle tecnologie in sede. Per essere significativo, il reporting deve includere l’intero ecosistema del data center, compresi i provider di colocation e cloud computing. Parallelamente alla crescita di questa prassi, la sostenibilità incrementerà il livello di disponibilità e sicurezza come attributi imprescindibili di un data center ad alte prestazioni».

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Nuovi strumenti all’orizzonte

Ma è anche la fioritura delle tecnologie e degli approcci che riducono l’impatto ambientale dell’IT a spingere per una loro adozione sempre più su larga scala, come ha recentemente rilevato anche Gartner, nel report “Hype Cycle for Green IT, 2015”. La spinta, secondo la società di analisi, deriva anche dalle richieste provenienti dai clienti e dai partner, anche perché «la Green IT va ormai oltre alle caratteristiche ambientali degli apparecchi IT, dando modo alle aziende di migliorare il proprio impatto sull’ambiente tramite l’utilizzo di dispositivi e servizi a minore carbon footprint» – ha spiegato Vishal Tripathi, research director di Gartner, sottolineando come da questo ne derivi che «l’identificazione dei consumi che danno luogo a sprechi e inefficienze, o che, cosa ancora peggiore, siano pericolosi per l’ambiente, sta diventando sempre più essenziale». Del resto, le tecnologie utilizzabili per incrementare il livello di ecosostenibilità dell’IT sono numerose e molte sono ormai mainstream: la stessa Gartner ne ha identificate 26, suddivise tra tecnologie vere e proprie e processi di business, indicandoli come i più rilevanti e in grado di portare valore all’azienda che li adotta. La tesi di fondo è che i CIO devono sviluppare strategie per ottimizzare i consumi di energia dell’IT aziendale nel suo complesso, senza però rallentare o impedire lo sviluppo o l’adozione di nuove tecnologie. A questo proposito, Gartner sottolinea l’utilità degli strumenti di capacity planning e management, che identificano le richieste di alimentazione non solo delle singole tecnologie ma anche dell’intero processo o architettura.

L’ora del DCIM

Tuttavia, ci sono altri aspetti coinvolti nella discussione sulla sostenibilità e sui costi del consumo di energia, che hanno più a che fare con la gestione delle tecnologie e delle infrastrutture, invece che con le nuove tecnologie in sé. Infatti, come fa notare IDC, «la maggior parte delle organizzazioni IT conoscono, utilizzano o prevedono di utilizzare le soluzioni di gestione delle infrastrutture di data center, o DCIM (Data Center Infrastructure Management), dato che la gestione delle risorse è diventata sempre più critica per le aziende che si trovano a corto di spazio fisico e di potenza nei loro data center attuali». Non solo. In base all’IDC Worldwide Datacenter Survey di novembre 2014, «oltre il 35% degli intervistati utilizza il DCIM come strumento per il monitoraggio della gestione delle infrastrutture di data center. Il reporting in tempo reale del consumo di energia, i report e gli analytics, la gestione energetica e l’asset management sono tra le caratteristiche più importanti delle soluzioni DCIM, che possono consentire nuove migliori pratiche in materia di collegamento e coordinamento delle risorse di data center». Non a caso, già nello scorso maggio Davide Zardo, vice president IT Business di Schneider Electric Italia, spiegava a Data Manager che «esistono architetture e accorgimenti che permettono di ottimizzare i consumi in modo dinamico, senza assumersi rischi in più. L’efficienza energetica deve essere uno dei parametri vitali del data center, tanto quanto la capacità e l’operatività delle apparecchiature. A fare la differenza, è la scelta di una suite software di gestione DCIM, Data Center Infrastructure Management, che integri il controllo degli sprechi di energia e che agisca in tempo reale sulla distribuzione dell’alimentazione, reagendo alle richieste cui l’infrastruttura è sottoposta».