Il mercato digitale torna a tirare e ora si apre la partita dell’industria 4.0

Presentate le stime Assinform: dall’automazione e digitalizzazione si attende una nuova spinta

Il mercato digitale consolida i segni di ripresa del 2016 e ora si attende una nuova fase che potrebbe essere illuminata da un driver di tutto rispetto: quello dell’Industria 4.0, che se giocherà bene le sue carte, unendo i processo digitali necessari, potrà anzi trasformarsi in “impresa 4.0”. Assinform e Confindustria Digitale hanno confermato l’orientamento al bel tempo delle lancette del barometro, pur segnalando gli elementi critici e le scommesse ancora aperte. Tra questi, il consistente ritardo della digitalizzazione della PA e lo shortage delle competenze digitali. I due presidenti Agostino Santoni ed Elio Catania hanno “dettato il passo” del nuovo corso, sottolineando come la partita aperta, in realtà, non riguardi solo un settore, per quanto importante, ma l’intera struttura economica del paese.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Si consolida la ripresa nel 2017

I numeri in primo luogo, presentati da Giancarlo Capitani, presidente di NetConsulting Cube, che quest’anno è stata affiancata da NextValue (di cui si rimpiange la recente scomparsa del fondatore Alfredo Gatti) nella realizzazione del rapporto “Il Digitale in Italia”. Dopo un 2016, che già aveva chiuso il 2016, secondo i numeri raccolti da NetConsulting, con un +1,8%, dove però pesava un +7m2% della componente “non tecnologia”, ovvero contenuti e pubblicità digitale, il 2017 sembra caratterizzarsi per una ripresa più solida e diffusa. Il primo trimestre spunta un eccellente +2,8%, con segni che questa volta interessano tutti i comparti.

Certo, la componente, un po’ “spuria” dei contenuti digitali (come se nel mercato automobilistico si contasse anche l’auto noleggio) continua a dominare con il suo +6,9%, ma i servizi Ict crescono comunque del 2,9%, il software e le soluzioni del 5,8%. Cresce anche l’hardware, con un + 0,9%, dove sono soprattutto server di fascia alta (per i data center nel cloud) e gli smartphone a mantenere il ritmo. Smette di avere segno meno anche “il grande malato”, ovvero le Tlc, che raggiungono la stabilità (+0,04%). Quel che più conta è che per l’intero 2017, il mercato è atteso, secondo stime prudenziali, a un +2,3%. Pesa, nella lieve decrescita, il meno 0,5% delle Tlc, probabilmente appesantite nella seconda metà dell’anno, dal venir meno delle tariffe del roaming internazionale. Per il 2018, il segno più dovrebbe ancora consolidarsi, con un +2,6%.

Leggi anche:  Accenture annuncia l’acquisizione di Ammagamma

Bene Industria 4.0, ma la PA è ancora indietro

Segnali positivi dunque, con i principali drivers nella mobilità, negli analytics, nel cloud, nella cybersecurity, ma segnali positivi anche dal punto di vista qualitativo, con il moltiplicarsi delle iniziative innovative. Anche nel Mezzogiorno, ha sottolineato il presidente di Confindustria Digitale Elio Catania. Tutto bene quindi? A tirare il bilancio è il presidente di Assinform Santoni: “buoni risultati dal piano ultrabroadband, elementi di preoccupazione per la digitalizzazione della pubblica amministrazione “dove occorre essere più direttivi, anche a costo di imporre i nuovi comportamenti virtuosi”. Favorevoli aspettative, infine da Industria 4.0.  La vera novità potrebbe essere proprio questa. Grazie anche agli incentivi fiscali in materia – ovvero gli iperammortamenti – il mercato nel comparto registra crescite del 20%, con impatti anche sulla filiera digitale. Anzi, per Catania, “stiamo risvegliando l’economia del Paese”, mentre dalla convergenza tra automazione e digitalizzazione può nascere la “versione italiana” di un’Industria 4.0 che diviene Impresa 4.0.

Un segnale, intanto, viene dal  territorio: Confindustria – ha spiegato Catania – spinge per un lavoro di squadra su Industria 4.0 per coinvolgere le imprese, fare sistema attorno alle eccellenze che ci sono. Sono migliaia le imprese incontrate per parlare di queste prospettive e dei 20 Innovation hub regionali, per disseminare il nuovo verbo, 14 sono già attivi, mentre gli altri lo saranno nelle prossime settimane.

Gli ostacoli non mancano e sono soprattutto due: la carenza di risorse umane adeguate,  e il ritardo della PA. Il primo, gli “skills”, è un parametro che vede l’Italia fanalino di coda europeo nelle classifiche internazionali del “Digital Index”. Tra il 2016 e il 2018 si stima che manchino oltre 19 mila competenze tra addetti da riqualificare (operazione non semplice per motivi anagrafici e anche qualche resistenza sindacale) e dai 41.700 ai 65.700 nuovi posti da coprire.  Sulla PA, il presidente di Confindustria Digitale è stato diretto: “la PA non è come un’azienda, ma pur con le diverse modalità, i principi sono gli stessi. Occorre una profonda revisione dei processi”. Il piano triennale dell’Agenda digitale: “Buone idee, ma sono solo un piano”.

Leggi anche:  Esplora l’universo Microsoft con Horsa

A cura di Sandro Frigerio – FMC
Sandro.frigerio@fmc-comunicazione.it