Driveless car, cinque cose da tenere a mente

Lo smart working non è una possibilità
città sempre più smart ma la banca smart è ancora indietro

Nonostante la fantascienza ci abbia abituato alle macchine volanti, ci riesce ancora difficile immaginare l’esperienza che ci attende nei prossimi anni con le auto a guida autonoma

L’Hype Cycle di Gartner ci mostra che i veicoli a guida autonoma arriveranno sul mercato nei prossimi cinque/dieci anni. In pratica, per molti di noi, significa che al prossimo cambio auto, la scelta sarà tra un veicolo tradizionale e uno che invece guida da solo. Cosa cambierà, a parte il fatto che in automobile potremo prendere il caffè, leggere finalmente con calma il giornale del mattino o giocare con i bambini? Cambierà la forma e la funzione del garage sotto casa, cambieranno le infrastrutture stradali, la forma delle corsie, quella della segnaletica: «Una delle cose che ho notato di recente, quando abbiamo cominciato a lavorare con i veicoli autonomi» – spiega Ben Pierce, program manager di HDR USA, l’azienda che si occupa del Piano Metropolitano di Chicago – «è tutta la serie di conseguenze impreviste alle quali dobbiamo iniziare a prestare attenzione».

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1) POTENZA E FIBRA – La connessione è vitale per le auto a guida automatica, e l’aggiornamento delle infrastrutture conseguente sarà d’aiuto per ridurre il digital divide dei territori. Mentre si riqualifica la sede stradale, si potrà posare fibra ottica, migliorare le tecnologie a terra, le condotte per l’elettricità e l’illuminazione.

2) MECCANISMI DI RACCOLTA DATI – Le auto senza conducente (perché connesse) saranno in grado di anticipare le condizioni del traffico, assumendo che i dati che generano siano raccolti e condivisi. La seconda auto può evitare un ingorgo solo se accede ai dati della prima auto. In pratica, come spiega Ben Pierce, funziona solo se stiamo effettivamente raccogliendo e analizzando i dati in tempo reale. Via libera quindi a tecnologie e sensoristica di raccolta e attuazione.

3) SEGNALETICA LEGGIBILE DALLA MACCHINA – La prima generazione di veicoli autonomi usa fotocamere ottiche per “guardare” segnaletica orizzontale e verticale, marciapiedi e cartellonistica, raccogliendo le informazioni necessarie a muoversi in un traffico “misto”, in cui ci sono ancora automobilisti umani. Per esempio, davanti a un cartello stradale che obbliga a mantenere la destra, gli attuali veicoli autonomi devono rilevare l’oggetto, capire che si tratta di un segnale importante da decodificare, decidere di che segnale si tratta, e tradurlo in un input per il motore. In futuro, basterà un sensore Bluetooth da pochi centesimi all’incrocio, per dare lo stesso segnale all’auto.

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4) CONTROLLO DEL TRAFFICO – Ve l’immaginate un’auto a guida autonoma davanti al “pizzardone” milanese? Come esseri umani siamo abituati a comprendere la gestualità dei vigili urbani. Dobbiamo ripensare a come dirigiamo il traffico, e modificare gli standard per utilizzare segnali in modo da semplificare la lettura da parte del computer di bordo.

5) PAVIMENTAZIONE RINFORZATA – I veicoli autonomi potrebbero avere un impatto costoso sulla pavimentazione stradale, “just because” sono bravi a fare quello per cui sono programmati. Se nella loro programmazione è prevista l’occupazione del centro della corsia, l’auto viaggerà esattamente al centro della corsia, con un errore di circa mezzo centimetro. Nessuna automobile sarà programmata per viaggiare “non esattamente al centro della corsia”, e quindi tutto il peso di ogni singolo veicolo sarà essenzialmente su due binari. Ma noi non progettiamo autostrade per accogliere il peso di tutto il traffico su due sole tracce: oggi, noi esseri umani infatti ci spostiamo all’interno della stessa corsia, non stando esattamente in linea con l’autoveicolo che ci precede, né con quello che ci segue. Con le auto autonome invece questa sarà la novità. Per impedire alle strade di avere degli incredibili solchi in corrispondenza delle gomme, bisognerà usare un cemento o asfalto di qualità differente, diversi supporti e gestire la manutenzione in modo innovativo. Insomma. Non importa veramente quando di preciso il mercato sarà pronto per i veicoli autonomi, se le infrastrutture che progettiamo oggi hanno una previsione di utilizzo a breve termine. «Tutto quello che vediamo in città – conclude Pierce – ha un’aspettativa di vita limitata. È arrivato il momento di rendere le infrastrutture urbane a prova di futuro».

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Emanuela Donetti @urbanocreativo