IDC Data Intelligence 2019, il potere dei dati

IDC Data Intelligence 2019, il potere dei dati

Il tema della open intelligence è sempre di estrema attualità e la conferma è nelle imprese che ne stanno già traendo numerosi frutti

Cosa è diventata oggi la business intelligence? Quali paradigmi innovativi hanno permesso, e permettono ancora, di adottare piattaforme dirompenti? Quanto le aziende oggi adottano strategie data driven per i loro scopi? A queste e ad altre domande risponde IDC con l’appuntamento Data Intelligence 2019, che coinvolge numerose organizzazioni di rilievo nel panorama IT nostrano.

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Il dato, si sa, è al cuore della trasformazione digitale. Questo è l’elemento che abilita soluzioni vaste di produttività avanzata. Pensiamo all’IoT, al machine learning, ai big data, che non possono prescindere dall’analizzare la grande mole di informazioni che un’impresa può ottenere da fonti differenti. Basti pensare che, secondo IDC, nel 2018 sono stati generati 30 zettabyte di dati; un numero che nel 2023 triplicherà, per andare oltre la soglia dei 100 zettabyte.

«Il boom del dato, inteso come contenuto grezzo a cui dare valore, è dovuto a un circolo generativo che coinvolge ecosistemi differenti. Molto si deve all’ambito business, certamente, ma non solo: nuovi scenari digitali consentono ad applicazioni a largo uso di incrementare gli archivi di dati, andando ad accrescere il sapere informativo a disposizione di un’azienda. E se dietro l’angolo c’è il 5G, non possiamo che aspettarci un aumento ulteriore del flusso, con le necessità di sfruttare piattaforme più intelligenti di analisi» spiega Diego Pandolfi, Research & Consulting Manager di IDC Italia. «Ed è la data intelligence che promette di ottimizzare la gestione dei dati, migliorando la qualità degli stessi e la comprensione degli ambienti a cui si rivolgono».

C’è sempre molta confusione su chi debba fare cosa nel mondo dei dati. Parliamo spesso di segmenti e mercati, dimenticando quali figure gestiscono e manipolano le informazioni. «Sono due i ruoli che vanno per la maggiore, l’analista e il data scientist» afferma Davide Cervellin di booking.com. «Questi hanno a che fare con tre contesti specifici, individuati in analytics, experimentation, machine learning. Ogni ambito prevede un lavoro di concerto tra l’uomo e la macchina, un’orchestrazione che, di volta in volta, richiede un intervento maggiore dell’algoritmo piuttosto che di un operatore. Certo vi sono delle differenze tra analista e data scientist. Il primo, ad esempio, effettua reporting e ha competenze di web e marketing, mentre il secondo è focalizzato su insight e prodotto».

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I case history utili a comprendere il beneficio nell’adozione di tali strumenti sono oramai tanti. Pensiamo a Caterpillar, per la quale abbiamo realizzato una struttura ad-hoc di big data, che permette di programmare le attività di manutenzione durante il viaggio e in zone dove c’è un livello di segnale mobile sufficiente a mantenere le comunicazioni. Ma non solo: per quanto riguarda la mobilità, stiamo lavorando su 3mila veicoli elettrici connessi per migliorare la diffusione delle colonnine, a fronte di ciò che accadrà tra qualche anno, ossia un incremento di automobili che avranno bisogno di assicurarsi un’autonomia intelligente lungo il percorso su un territorio».


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