La seconda edizione dell’appuntamento milanese racconta le esperienze di imprese e persone che stanno andando oltre la digital transformation
Per il secondo anno consecutivo, Retelit organizza il suo Hub, un appuntamento pensato per dare un senso concreto al tema della trasformazione digitale, lasciando la parola ad aziende e persone che quella stessa evoluzione la stanno vivendo. Molti la chiamano “perpetual digital transformation”, ovvero un movimento che non si è mai fermato ma che continua ad apportare migliorie tecniche ai flussi di business delle aziende, più o meno grandi.
«Le nuove tecnologie fanno sempre più parte delle attività di produzione delle imprese – spiega il l’AD Federico Protto – non a caso, chi si occupa di innovazione all’interno delle aziende oggi siede in ruoli decisionali molto importanti. Crescono sempre più quelle che hanno un CIO che fa parte del board e il motivo è semplice: la trasformazione digitale è certamente in grado di guidare la strategia di un’intera società. Seguire quindi quello che un CIO vede, nel presente e nel futuro, è essenziale. Nello specifico di Retelit, la disruptive della transformation ha permesso alla società di allargare il proprio contesto di offerta. Se un tempo ci occupavamo solo di rete, oggi siamo presenti sul mercato con soluzioni differenti, che interessano la verticalità più spinta nei network. Healthcare, media ed entertainment, retail, finance; questi sono i quattro settori principali a cui Retelit ha dato voce nel suo Hub 2019, come fonti di ispirazione di storie ed esperienze di viaggio nel magico mondo dell’IT.
Comincia #RetelitHub con Federico Protto ma dietro le quinte vedo la sagoma di @PIERPARDO pic.twitter.com/Hrkyxwxszg
— Antonino Caffo (@Connessioni) June 4, 2019
Gianluca Cavalletti, Global CIO Group CSO e CEO Hi-Tech Company Gruppo Ospedaliero San Donato è il primo salite sul palco di Retelit Hub 2019: “Chi si rivolge a un ospedale ha un’esigenza particolare: la salute, la salvaguardia della vita. La trasformazione digitale in ambito sanitario è complessa, perché riguarda un settore sovrastrutturato, con una governance non sempre chiara. Il nostro scopo è stato creare un nuovo ambiente digitale per l’utente. Nelle nostre strutture, abbiamo 14 petabyte di dati clinici su cui effettuare operazioni di IA e machine learning, in maniera predittiva. Con Retelit siamo riusciti a connettere 54 strutture per ottenere una resilienza e un’affidabilità importante, base per un nuovo modo di approcciare il paziente. Un tema importantissimo nel journey che abbiamo affrontato è stato convincere i dipendenti ad avere un approccio diverso all’operatività quotidiana. Chi ha lavorato in un mondo rimasto statico per 25 anni ha un modus operandi consolidato, non semplice da disgregare. Per questo abbiamo individuato degli ambassador che ci aiutano a passare il messaggio dello switch tecnologico all’interno”.
Simile l’esperienza di Giuseppe Benevento, Digital Marketing Manager di Cofidis. “Il passaggio più importante è capire che gli esseri umani sono intelligenti, ma lenti e inaccurati. La tecnologia è invece, di per sé, stupida, ma veloce e accurata. Ciò che manca all’uno viene completato dall’altro. Può una faccia della medaglia vivere senza l’altra? No, se lo scopo è evolvere i sistemi. Cofidis, compagnia francese specializzata nel credito a distanza, ha una storia trentennale. Curiamo ogni giorno il cliente, a distanza, grazie alla tecnologia; supportiamo le sue esigenze, pensando in tripla A, anywhere, anytime, any device”.
Sicuramente interessante il racconto di Angelo Maria Caso, Network Engineer e Responsabile Rete della RAI, che forse descrive il più complesso switch tecnologico, peraltro ancora in corso, del nostro Paese. “Il web ha portato nuovi paradigmi, introducendo strumenti di personalizzazione importanti. Da tale cambiamento derivano le prime esperienze RAI, come rai.tv, oggi Rai Play che, già nel 2005, avvicinava la fruizione digitale a quella classica. Il passaggio al digitale terrestre compiuto dalla rete ha mutato persino i gioco forza in azienda, con l’IT che ha guidato la formazione e l’adattamento dei reparti. Dopo due anni di lavoro, la RAI ha adottato un data center al posto degli archivi analogici, workstation invece delle sale di montaggio e una velocità prima impossibile nell’accesso ai dati”.
A chiudere la serie degli interventi è Claudio Nasti, IT Director di Chantecler: “Per quanto ci riguarda, la trasformazione digitale di Chantecler è nata come risposta a una necessità strana. Alla fine degli anni ’90 non riuscivamo a capire perché i fatturati crescevano, senza motivi lampanti. Analizzando il trend, ci siamo resi conto che le vendite avevano beneficiato di un boost dovuto alla vendita di un piccolo ciondolo. Con una tecnologia avanzata, saremmo arrivati alla conclusione in pochi secondi. Questo per dire che la tecnica può accelerare alcuni processi di business utili ma non sostituire altri. Quale realtà artigianale, non possiamo pensare che la creazione dei nostri gioielli possa essere totalmente automatizzata. Questo non vuol dire che alcune forme di digitalizzazione non possano mutare, in meglio, contesti notoriamente lontani dal fattore tech, dato che oramai questo pervade in maniera orizzontale i mercati”.