Cloud Server e Virtual Private Cloud, le due facce dell’offerta Seeweb

Cloud Server e Virtual Private Cloud, le due facce dell’offerta Seeweb

Marco Cristofanilli, Cloud Specialist di Seeweb ci spiega i vantaggi delle soluzioni public e private del gruppo

Quando si parla di cloud pubblico e privato, spesso le due modalità vengono considerate come antagoniste. E invece, entrambe possono essere utili in momenti differenti del business, come un percorso evolutivo dell’azienda. Nell’accezione di Seeweb, public e private si traducono in Cloud Server e Virtual Private Cloud, due facce della stessa medaglia, che da anni posiziona la compagnia come partner valido nella modernizzazione della produttività.

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Ne abbiamo approfittato per farci spiegare da Marco Cristofanilli, Cloud Specialist di Seeweb, le principali differenze e i punti di forza delle due soluzioni. «Cloud Server è il server virtuale ridondato N+1 che system integrator, sviluppatori, aziende e professionisti IT possono utilizzare per ospitare siti web e applicazioni con la sicurezza di ottenere prestazioni e scalabilità. Le alte performance di Cloud Server sono possibili grazie a hardware con parametri certamente garantiti. Scalabile sia verticalmente, tramite una modulazione delle risorse, sia orizzontalmente, aggiungendo altri server cloud, è una scelta di livello per creare infrastrutture complesse, flessibili, potenti. La particolarità di Cloud Server è che viene erogato in assenza di overbooking». Cosa vuol dire? Con tale modalità, ogni core fisico viene venduto effettivamente in corrispettivo a uno virtuale mentre alcuni fornitori, utilizzando la tecnica dell’overbooking appunto, possono associare decine di CPU a centinaia di utenze, che di sicuro ottengono una riduzione dei costi ma anche nelle prestazioni, dovendo dividere la potenza con gli altri, soprattutto considerando che i momenti di picco, nelle ore lavorative, spesso coincidono.

Con Cloud Server si realizza quella necessità dei clienti di avere un buon controllo delle proprie risorse, con l’autonomia del gestire gli spazi virtuali, adattando tutto a certe esigenze. «Se avessi acquistato un hardware, piazzato in casa, magari nel tempo il bisogno di ampliarlo o, perché no, eliminarlo, non avrebbe soddisfatto i requisiti di scalabilità odierni. Dunque zero rischi per chi vuole partire da un numero basilare di server e poi analizzare il corso periodicamente».

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Passando al cloud privato, ossia a Virtual Private Cloud, ricordiamo come questo permetta di gestire non una singola macchina ma un data center virtuale, dove il cliente ha accesso non solo alle macchine ma all’hypervisor, una soluzione che è un connubio tra i vantaggi della virtualizzazione e quelli del cloud. «Così possiamo modellare la piattaforma a seconda delle esigenze, aggiungendo risorse laddove necessario. VPC ha uno storage performante, con latenze al millisecondo, poggiato su VMware e aperto a strategie di disaster recovery e business continuity. La prima per offrire servizio durante il “disastro” appunto, la seconda per garantire continuità nel tempo. Abbiamo inoltre un firewall dedicato e un concentratore VPN, ossia un nodo che permette di instaurare connessioni VPN tra il nostro data center virtuale e le sedi del cliente. Inoltre, i server all’interno del cloud privato sono di alta affidabilità e il carico è bilanciato tra i nodi fisici. Il VPC può essere dunque visto come estensione del proprio data center, liberando però lo spazio fisico in casa». Virtual Private Cloud è insomma una strada privilegiata con cui creare un ambiente cloud ideale, con un ottimo livello di autonomia, gestendo in tempo reale le risorse computazionali a disposizione.