Il lavoro agile alla prova dei fatti

Un post pubblico su Facebook può costare il posto di lavoro

L’emergenza da COVID-19 ha costretto anche le aziende più restie ad attivare modalità di lavoro agile per contenere il contagio, tutelare la salute e la sicurezza dei dipendenti, garantendo al tempo stesso continuità all’attività produttiva

Con due successivi decreti promulgati dal presidente del Consiglio dei ministri, sono state adottate misure urgenti per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, tra le quali la semplificazione – nelle cosiddette “zone rosse” prima e nelle regioni ritenute a rischio poi – delle procedure di attivazione del lavoro agile rispetto a quelle dettate dalla Legge 81/2017.

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Innanzitutto, è stata concessa la possibilità di attivare la modalità di lavoro agile, per tutti i rapporti di lavoro subordinato che si svolgono all’interno dei “territori a rischio”, anche in assenza di un accordo individuale tra le parti, dandone semplice comunicazione all’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro. Quindi, è stata concessa la possibilità di adempiere all’obbligo di rendere l’informativa sui rischi per la salute e sicurezza del lavoro, previsto dall’articolo 22 Legge 81/2017, in via telematica, utilizzando i moduli disponibili sul sito dell’INAIL. Al di fuori delle zone a rischio, il lavoro agile deve, invece, essere attivato previa sottoscrizione di un accordo individuale tra datore di lavoro e dipendente e previa formazione al lavoratore sui rischi per la salute e la sicurezza del lavoro.

Alcuna modifica è stata operata alla disciplina dettata dalla Legge 81/2017, in tema di orario di lavoro, diritto alla disconnessione, utilizzo degli strumenti telematici, esercizio del potere organizzativo e di controllo. Le aziende che hanno fatto ricorso al lavoro agile hanno così redatto, seppur in via semplificata, linee guida contenenti la disciplina del lavoro da svolgersi al di fuori dei locali aziendali con particolare riferimento all’esecuzione della prestazione lavorativa, all’orario di lavoro, parametrato in questa situazione emergenziale, all’orario prestato all’interno dei locali aziendali, ai tempi di riposo e al diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

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Il lavoro agile, nella situazione di emergenza, è stato considerato un alleato efficace per le aziende e per i dipendenti e – dopo questa forzata prova applicata su vasta scala – non si esclude che possa essere mantenuto e adottato, anche successivamente alla situazione emergenziale, dalle aziende che non avevano ancora fatto ricorso a questa valida modalità di esecuzione dell’attività lavorativa.

Tali aziende potranno far tesoro delle eventuali criticità emerse e adattare gli accordi individuali e i regolamenti aziendali alle proprie esigenze organizzative e produttive, ancorando la prestazione non più ad un rigido orario di lavoro, ma al raggiungimento di risultati, potendo richiedere la reperibilità in determinate fasce orarie senza alcun diritto del lavoratore a trattamenti economici aggiuntivi, nonché individuando e disciplinando le condotte sgradite da correggere e che potrebbero dare luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari. In questo modo, le aziende potranno cogliere l’occasione per redigere o affinare buone policy per gli smart workers in grado di indirizzare i dipendenti a una condotta informata ai principi di correttezza, disciplina ed efficienza e prevenire potenziali condotte divergenti dalle esigenze delle imprese e, di conseguenza, dei medesimi lavoratori.


Avv.ti Andrea Savoia partner e Silvia Fumagalli senior associate – UNIOLEX Stucchi & Partners – www.uniolex.com