Barlumi di flessibilità nell’emergenza Covid-19

Un post pubblico su Facebook può costare il posto di lavoro

Flessibilità oraria e deroghe alla normativa sui contratti a termine sono tra le poche e limitate misure introdotte per il “rilancio” dell’attività produttiva al tempo del Covid-19

La ripresa dell’attività produttiva, dopo il lockdown, comporta la necessità di rimodulare l’organizzazione del lavoro, con il duplice scopo di tutelare i lavoratori e rilanciare l’economia. Oltre alla flessibilità oraria adottata da alcune imprese, un aiuto alle aziende, in fase di riavvio dell’attività produttiva, è stato previsto prima dal decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020 ora L. n. 27/2020) e poi dal decreto Rilancio (D.L. 34/2020), in tema di contratti a termine.

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L’art. 19bis del Cura Italia ha introdotto una deroga ai divieti previsti dagli articoli 20, 21 e 32 del decreto legislativo 81/2015. In particolare, la norma prevede la possibilità, per i datori che fruiscono di ammortizzatori sociali per Covid-19, di procedere al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, nel periodo in cui l’impresa ha in atto una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni per Covid-19, soluzione ordinariamente vietata.

Prevista anche la deroga alla necessità di rispettare, in caso di rinnovo di un contratto a termine, il periodo di cosiddetto stop & go, previsto dall’art. 21, comma 2 del d.lgs. 81/2015 e che obbliga le imprese a lasciar trascorrere un periodo di 10 o 20 giorni (a seconda della durata, inferiore o superiore ai 6 mesi, del rapporto precedente) tra un contratto a tempo determinato e il successivo.

Le deroghe introdotte non sono, tuttavia, prive di limitazioni. La rubrica della norma e l’intera previsione nel suo complesso portano, infatti, a ritenere consentita la sola proroga e/o il solo rinnovo dei contratti a termine del personale già in forza presso l’unità produttiva.

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Inoltre, le deroghe previste dall’art. 19bis non hanno interessato le causali, reintrodotte dal legislatore con il decreto Dignità (D.L. 87/2018). Un “correttivo” all’art. 19bis del Cura Italia è stato, però, previsto dall’art. 93 del decreto Rilancio, ammettendo la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a termine anche in assenza delle causali, altrimenti indispensabili ove la durata del contatto a tempo determinato, inclusiva della proroga, superi i 12 mesi. Anche la norma introdotta dal decreto Rilancio ha, tuttavia, dei limiti. La deroga all’indicazione della causale è prevista solo per i contratti a termine in essere alla data del 23 febbraio 2020 e la durata del rapporto, prorogato o rinnovato, non potrà superare la data del 30 agosto 2020.

La necessità di indicare la causale è rimasta, invece, in caso di stipula di un primo contratto a termine di durata superiore a 12 mesi, in caso di proroga di un contratto a termine stipulato dopo il 23 febbraio 2020, qualora la durata complessiva superi i 12 mesi, in caso di rinnovo di un contratto a termine terminato prima del 23 febbraio o avviato dopo tale data.


Avv.ti Andrea Savoia partner e Silvia Fumagalli senior associate UNIOLEX Stucchi & Partners