MPAI, l’AI come tecnologia unificante

MPAI, l’AI come tecnologia unificante

«L’intelligenza artificiale è una tecnologia unificante con moltissime facce. Dobbiamo mettere l’AI alla base della compressione e della comprensione dei dati»

Leonardo Chiariglione è ingegnere elettronico, scienziato di fama internazionale che ha lavorato per moltissimi anni nel campo della ricerca delle telecomunicazioni di CSELT, esperto di signal processing, soprattutto visivo. Non è un CIO, ma ha influenzato molti manager. Per il grande pubblico, è il padre degli standard MPEG da cui è nato anche l’MP3. Oggi, è il “direttore d’orchestra” di MPAI, la community internazionale dedicata agli standard di compressione dei dati basati sull’intelligenza artificiale.

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Forse, azzardando un po’, quello che è successo con l’MP3, nel campo della diffusione della musica e del video in rete, potrebbe ripetersi nel prossimo futuro con la distribuzione delle applicazioni di intelligenza artificiale. Certamente – come spiega Chiariglione – «l’MP3 è arrivato al momento giusto con una tecnologia appena matura per fare cose che le persone avevano sempre desiderato di fare. Allo stesso modo, l’intelligenza artificiale può essere scaricata a terra per portare nuove applicazioni anche a vantaggio delle piccole e medie imprese. Abbiamo degli use case di intelligenza artificiale che di sicuro si prestano a replicare altri “fenomeni MP3”. Applicare l’intelligenza artificiale alla compressione dei dati significa sfruttare meglio le loro proprietà statistiche in modo da estrapolare informazioni aggiuntive e complementari e dare inizio a una nuova epoca, creando un nuovo mercato orizzontale di componenti interoperabili, sostituibili e upgradabili. Il potenziale della compressione è vastissimo e può migliorare anche la comprensione dei dati». Il primo punto – continua Chiariglione – è che l’intelligenza artificiale “impara” e riesce a dare una descrizione statistica molto più profonda, questa è la prima ragione per cui già adesso riusciamo a comprimere i dati molto di più di quanto non siamo riusciti a fare in passato. Il secondo è il superamento del vecchio modello FRAND (Fair, Reasonable and Non-Discriminatory) che di fatto blocca lo sviluppo della tecnologia. L’associazione internazionale MPAI ha fatto il suo debutto lo scorso 30 settembre e nasce dalla collaborazione di 33 esperti, provenienti da 15 nazioni, sparse in quattro continenti. MPAI si propone l’obiettivo principale di definire nuovi standard per abilitare futuri prodotti e servizi e migliorare l’esperienza dell’utente in diversi contesti dalla vita quotidiana a quella professionale. Sette i progetti attualmente in fase di sviluppo e che vedranno la luce già a partire dalla prima metà del 2021.

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Funzionalità e controllo

Con l’accelerazione del cloud, i confini della gestione dei dati si estendono. E i CIO si pongono il problema di capire quante funzionalità lasciare sotto il controllo diretto dell’azienda. Per Chiariglione, non c’è una risposta univoca, perché dipende dal business dell’azienda. «Ci sono funzionalità che sono assolutamente strategiche. Per cui non solo la funzionalità ma anche il codice deve essere sotto il controllo del CIO. La strutturazione del software a componenti è un approccio indispensabile perché lega sempre di meno l’azienda al fornitore di software oppure allo sviluppo e al mantenimento del software all’interno dell’azienda, che a un certo punto può diventare un peso insostenibile». Se il “cuore” dell’azienda sarà sempre più fuori dall’azienda allora dove sta diventa importante. «Che i dati siano processati dal data center aziendale o siano in cloud può non essere rilevante» – spiega Chiariglione. «Chi ha accesso a questi dati invece è una questione rilevante. Ho la massima fiducia nelle grani aziende che fanno questo mestiere, ma dietro alle aziende, c’è sempre una realtà politica più grande».

Sul tema della sovranità dei dati a livello europeo – per Chiariglione – il fatto che i dati dei cittadini siano in Europa non è necessariamente una garanzia. Lo è se quei dati sono garantiti da leggi europee. Non voglio accusare governi fuori dall’Europa di intrufolarsi nei dati degli altri, anche se è accaduto. Voglio dire invece che ciascuno deve essere consapevole di cosa significa quando i dati escono fuori dal perimetro aziendale e dai confini nazionali. Nei miei 32 anni di MPEG, ho visto la Corea e la Cina – che allora non godevano di alcuna considerazione nel campo della compressione dati – diventare le superpotenze che conosciamo oggi. Nel frattempo, l’Italia ha perso posizioni, mentre il valore degli apparati, dispositivi e servizi che hanno come elemento abilitante gli standard MPEG ha raggiunto il valore di 1,5 triliardi di dollari all’anno. L’Italia non ha perso solo il treno, ha girato lo sguardo dall’altra parte, mentre il treno arrivava. Oggi, c’è una tecnologia unificante che però ha moltissime facce e si chiama intelligenza artificiale. È giunto il momento di prendere questa tecnologia e di metterla alla base della compressione e della comprensione dei dati. L’Italia ha le capacità, le competenze e, per la prima volta dopo molto tempo, anche il desiderio di farlo».

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Abilitatori di potenzialità

Intelligenza artificiale per Leonardo Chiariglione è un “nome improprio” che per definizione non bisognerebbe utilizzare. «Oggi, però lo faccio per necessità e comodità, per indicare un coacervo di tecnologie alle quali sarebbe complicato riferirsi in modo diverso. Le applicazioni di AI tendono a sostituire delle funzioni che consideravamo prettamente umane: è per questo che ci sentiamo più toccati, ed effettivamente è così. Avere un tavolo di esperti che riflette sugli impatti etici degli standard di AI è qualcosa che dobbiamo assolutamente fare. Queste tecnologie hanno un impatto sociale molto maggiore di altre tecnologie precedenti. Sono assolutamente sensibile alla questione e credo che debbano esserlo anche i CIO. Perché altrimenti il loro ruolo si riduce a quello di meri esecutori inconsapevoli, quando invece devono essere portatori di scelte responsabili sia dentro che fuori l’azienda. Una responsabilità che ancora di più coinvolge le imprese – continua Chiariglione – soprattutto perché altri soggetti che dovrebbero occuparsene non lo fanno, anche a livello politico. E non lo fanno perché certi temi sono scomodi o scottanti in termini di consenso. A livello aziendale però i manager hanno il potere esecutivo e non hanno questa scusa. Molte delle cose che le aziende fanno in un certo modo, domani saranno fatte in modi che non possiamo neppure immaginare.

È il momento di chiedersi se le nostre scelte sono veramente “sustainable”, nel senso che negli anni continueranno a essere competitive. La mia speranza è che una tecnologia così dirompente come l’intelligenza artificiale venga incanalata al servizio dell’umanità, invece di essere imposta surrettiziamente dal mercato». Trent’anni fa, Chiariglione ha avuto l’idea di usare le tecnologie di compressione dei dati audio e video e ha reso un servizio considerevole all’industria delle telecomunicazioni, del broadcasting, dell’entertainment, dell’ICT, della consumer electronics. Oggi, con MPAI vuole fare lo stesso, aiutando gli utilizzatori dello standard a portare immediatamente i benefici delle nuove applicazioni di intelligenza artificiale nelle mani del consumatore. «Se pensiamo allo standard di compressione video HEVC che abbiamo pubblicato a gennaio del 2013 e che a tutt’oggi non è utilizzato – commenta Chiariglione – abbiamo privato i consumatori finali di una tecnologia che esiste, costringendoli a utilizzare una tecnologia vecchia di vent’anni. Gli standard sono abilitatori di potenzialità. L’Italia ha bisogno di riscoprire la sua vocazione innovativa e industriale. Un’opportunità che non possiamo permetterci di sprecare».

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