La Science Fiction… smart e green

Ridurre i consumi energetici facendo leva su tecnologie smart e dati in tempo reale

Qualche sera fa ho riguardato insieme a mio figlio Il Quinto Elemento, il classico di fantascienza di Luc Besson: mi ha colpito qualcosa su cui non mi ero mai soffermata, cioè il ritratto della città, grigia di cemento e di inquinamento, sovrappopolata, inospitale, la “zona grigia” alla base dei super grattacieli dove tutto si perde, si annulla; insomma la megalopoli del futuro distopico che è un tratto tipico della science fiction degli ultimi trent’anni, da Blade Runner a L’Esercito delle Dodici Scimmie.

Siamo stati capaci di immaginare un solo futuro possibile: un movimento inarrestabile verso le città, dove l’avanzare della tecnologia genera auto volanti e automi indistinguibili dagli esseri umani, ma non si dimostra capace di migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti, intrappolati in città-formicaio, vuote di natura, dove l’aria è irrespirabile. Emerge la visione della tecnologia come strumento di controllo, a detrimento della libertà e delle opportunità delle persone. Eppure, la tecnologia di cui disponiamo oggi – in fondo, abitiamo già nel futuro immaginato da tanta fantascienza classica – può portare a risultati opposti.

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Tradizionalmente, i lavori d’ufficio hanno sempre richiesto una centralizzazione, che ha alimentato la crescita degli agglomerati cittadini; la campagna, nel frattempo, si svuotava a eccezione delle persone impegnate nel settore primario, che con la crescita dell’automazione in agricoltura, impiega sempre meno addetti.

Oggi, ci sono le condizioni per un cambiamento di paradigma. Quest’anno passato, ci ha messo di fronte a quella che, dal punto di vista delle infrastrutture tecnologiche, era già realtà da tempo: non è necessario andare tutti in ufficio ogni giorno. Così sono fioriti nuovi nomi per nuovi fenomeni sociali, come il “south working” (vivere nel Sud Italia, dove mediamente il costo della vita è più basso, e lavorare da remoto per un’azienda del Nord); e si è allargata enormemente la platea dei nomadi digitali. Negli ultimi cinquant’anni, in Italia le campagne e i piccoli centri cittadini si sono spopolati, e finora non era facile immaginare un movimento in senso opposto. Eppure, già trent’anni fa alcuni visionari avevano compreso che, se la rinascita dei borghi era possibile, doveva passare dalla tecnologia: il borgo medievale di Colletta di Castelbianco, in provincia di Savona, fu ridotto a un cumulo di rovine dal terribile terremoto del 1887. Rimase un paese fantasma fino a quando, sul finire degli anni 80, un gruppo di imprenditori diede impulso a un recupero certosino, riposizionando, l’una dopo l’altra, le pietre sgretolate dal terremoto. Ricostruito il passato, restava da inventare il futuro: la felice intuizione fu cablare completamente il paese, così da attirare nuovi abitanti.

Una lezione importante: se c’è la tecnologia giusta, chiunque abbia un lavoro che può essere fatto a distanza con una buona connessione può tornare a popolare un borgo e usufruire, molto probabilmente, di una qualità di vita migliore per sé e la sua famiglia.

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In questo contesto, le aziende dovranno avere la saggezza di non voler imporre la presenza sistematica in ufficio, frutto di mentalità di management ormai arcaiche. Per il ruolo che ricopro, considero una forma di responsabilità sociale d’impresa quella verso il dipendente: sappiamo che lo smart working consente potenzialmente un migliore equilibrio tra vita personale e lavorativa, e l’Italia ha dalla sua anche la “grande bellezza” dei suoi borghi.

Secondo l’architetto Stefano Boeri “nei vecchi borghi c’è il nostro futuro”, e l’iniziativa “Borgo Office” l’ha preso in parola, proponendo ai nomadi digitali soggiorni in aziende agricole nei borghi italiani: il soggiorno è gratuito, ma si sostiene economicamente la struttura acquistando la sua produzione agricola. Se le aziende saranno capaci di adeguare le loro filosofie di management, oggi potremmo essere all’inizio di un ritorno ai piccoli centri urbani, agli antipodi rispetto alle megalopoli distopiche che la fantascienza immaginava per il nostro futuro. Questo ritorno ai borghi potrebbe ravvivare la loro economia, senza costringerli a contare solo sul turismo mordi-e-fuggi del weekend, e diventare un’occasione di crescita per il Paese. Per molti di noi, potrebbe tradursi in una vita più equilibrata, dove il neon degli uffici lascia il passo alla bella luce naturale della campagna italiana, che entra da una finestra in cucina.

Francesca Puggioni, managing director Southern Europe di Orange Business Services