Il bisogno di emergere dalla prolungata fase emergenziale e il progressivo definirsi di piani e regolamenti per la fabbrica interconnessa si scontrano con problemi che al di là dell’accessibilità dei finanziamenti previsti riguardano soprattutto la creazione di cultura e nuove competenze

Gli investimenti stanziati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza coincidono con un momento particolare del comparto Smart Industry. Una fase in cui, soprattutto in Europa, è stata avviata una fase di riflessione sul valore di una trasformazione che finora è stata focalizzata sugli aspetti puramente tecnologici della fabbrica intelligente, a scapito di un approccio più olistico e autenticamente data-driven. Dopo i modelli “Six Sigma” e “World Class Manufacturing” che hanno caratterizzato l’innovazione dei sistemi di produzione a partire dagli anni 80 e 90, è stata avviata in Europa, nell’ambito del piano Horizon, l’iniziativa ForZDM (Zero Defect Manufacturing). L’obiettivo è definire una metodologia di produzione e controllo di qualità che si tradurrà in livelli qualitativi virtualmente “privi di difetti” con particolare riferimento alla fabbricazione delle parti molto complesse e customizzate che rappresentano il cuore della capacità e competitività europea davanti ai concorrenti più agguerriti su fronti come la massificazione e il low cost. Se interpretato correttamente, il PNRR con le sue nuove formule di incentivazione può contribuire a indirizzare gli investimenti Smart Industry nella giusta direzione, anche attraverso un nuovo ed esplicito interesse sia sulle applicazioni software a valle degli interventi di natura hardware in fabbrica, sia sulla creazione di nuove competenze. Una differenza sostanziale rispetto alle misure “a pioggia” del passato, che non sempre hanno portato a una trasformazione importante del nostro sistema manifatturiero.

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In questa tavola rotonda, il tema dell’IoT in fabbrica è stato affrontato nell’ottica del piano di ripresa e delle nuove iniziative per la fabbrica smart e data-driven che l’Europa intende promuovere. In un primo giro di interventi, di natura più esperienziale, gli interlocutori al tavolo si sono espressi sulle strategie smart, implementate nei luoghi di produzione, con un occhio particolare agli obiettivi della fabbrica data-driven e della convergenza IT/OT. A questa prima fase di discussione, hanno fatto seguito diverse e interessanti riflessioni sull’impatto che il quadro normativo italiano ed europeo, insieme al PNRR, possono avere sulle strategie future di trasformazione e sulla direzione degli investimenti in materia di Industry 4.0, smart production e connected plants.

OBIETTIVO CONVERGENZA

Forte di quattromila dipendenti, 700 milioni di fatturato generato nella quasi totalità in siti produttivi all’estero in un’ottica di fornitura local-to-local, Gnutti Carlo Group, leader della meccanica di precisione e fornitore di componentistica automotive per veicoli di ogni tipo e altri sistemi endotermici, idrici e elettrici, investe molto in IoT applicata a una lavorazione estremamente “machine intensive”. «La logica alle spalle di questi investimenti – spiega Omar Moser, group chief information officer – è quella della overall equipment efficiency, quindi manutenzione preventiva, predittiva e produzione a scarto zero in linea con gli obiettivi Horizon». Uno dei percorsi seguiti – continua Moser – passa per la realizzazione di un cruscotto analitico che Gnutti Carlo, non avendo individuato valide soluzioni di mercato, ha voluto sviluppare internamente, dando vita a una soluzione semplice ma in linea con i KPI del gruppo. «Uno dei temi più motivanti è la strategia di iperconvergenza IT/OT che mette in relazione fabbrica e servizi di ingegneria attraverso un team che agisce a livello corporate». Tra gli ostacoli principali verso questo obiettivo di convergenza – sostiene Moser – c’è quello dell’interfacciamento dei sistemi di fabbrica e di esposizione dei dati considerati importanti. «In molti casi – rileva il CIO di Gnutti Carlo – gli stessi costruttori obbediscono a criteri di scarsa apertura delle loro macchine. Per assicurare un adeguato livello di standardizzazione nei protocolli usati per l’interconnessione delle sue linee di produzione, Moser e la sua squadra hanno utilizzato un approccio che ha portato alla definizione di un vero e proprio “regolamento macchine” interno: una policy che guida il gruppo anche nelle fasi di selezione e acquisto di nuovi sistemi di fabbrica. In particolare le iniziative IoT di Gnutti Carlo si basano sulla compatibilità con Open Platform Communications (OPC), lo standard di interoperabilità per lo scambio sicuro e affidabile di informazioni che si sta imponendo in ogni spazio dell’automazione industriale e in tutti i settori del manifatturiero.

SISTEMI INTERCONNESSI

Friul Intagli Industries, produttore e distributore di mobili per grandi retailer come Ikea e Leroy Merlin, ha dimensioni e fatturato comparabili a quelli di Gnutti Carlo Group e negli anni recenti ha vissuto una notevole fase di crescita e investimento. L’azienda – come rileva Francesco Pezzutto, CIO & digital transformation officer, è da sempre orientata all’automazione, un’arma competitiva fondamentale nei confronti di clienti che cercano estrema tempestività e possibilità di offrire ai consumatori qualità elevata a prezzi contenuti. «Nell’ultimo anno Friul Intagli ha sfornato più di 60 milioni di pezzi finiti, dal mobile in kit alla singola antina per cambiare il frontale della cucina» – afferma Pezzutto. «Tali volumi richiedono linee a forte automazione e sistemi di movimentazione e logistica, aree che ho preso in carico con l’obiettivo di far evolvere una fabbrica automatica in una smart factory». Una sfida complessa in una realtà tanto dinamica nella quale il ruolo dell’IT è di costruire un disegno organico in cui i sistemi informativi siano eterogenei, integrati e con rapporti di stretta partnership con fornitori qualificati. Qual è, secondo Pezzutto, il fattore che distingue una fabbrica automatizzata da una fabbrica smart o digitale? «L’automazione riguarda linee con autonomia produttiva governate da sistemi robotici isolati uno rispetto all’altro» – spiega Pezzutto. «Nella fabbrica smart i sistemi sono interconnessi per essere guidati dal dato. Questo è il nostro traguardo». Dal punto di vista operativo – prosegue Pezzutto – si tratta di ridisegnare la fabbrica del futuro con tutti gli standard di riferimento e le tecnologie da adottare. «Qui si innesta il discorso delle competenze disponibili internamente. Su queste andremo a mappare una serie di iniziative che permetteranno di realizzare la trasformazione da automatico a digitale». Accanto al vincolo delle competenze, il CIO & digital officer di Friul Intagli cita l’aspetto produttivo in una realtà che funziona 24/7 con vincoli oggettivi dettati dalle fisicità sulla logistica e sulla capacità produttiva. «Vincoli che ci spingono a gestire in modo ancora più efficace i materiali su cui abbiamo iniziative di logistica intelligente e di robotizzazione». Tra i progetti realizzati alcuni si servono di sofisticate applicazioni di computer vision per verificare la precisione di parametri come l’allineamento e le dimensioni delle forature fondamentali per il corretto assemblaggio dei componenti.

VISIONE DI INSIEME

L’eterogeneità degli ambienti innervati dalla sensoristica è una problematica familiare per Alberto Castellin, IoT specialist di Axians Italia, leader nella trasformazione digitale e brand del Gruppo VINCI Energies Italia. All’interno del Gruppo che si occupa, tra le altre cose, di problematiche di networking e sicurezza, il compito di Castellin è seguire la progettualità di aziende che si trovano ad affrontare problemi legati in generale alla qualità della produzione, o all’efficienza e la durata delle macchine, ma anche questioni più pratiche come la riduzione dei consumi energetici e dell’impatto ambientale. «Spesso dobbiamo scontrarci con macchine che parlano linguaggi molto diversi» – spiega Castellin. «I clienti si sforzano innanzitutto di individuare uno standard condiviso». La risposta di Axians si basa su quello che lo stesso Castellin definisce – «strato di intermediazione». L’accesso a questo strato – «è dato da opportuni connettori che ci consentono di interfacciare sia gli apparati di nuova generazione basati sull’architettura unificata dello standard OPC, sia i sistemi legacy. In questo modo, riusciamo a creare una visione di insieme sui sistemi di fabbrica». L’obiettivo finale è la realizzazione di cruscotti che oltre a dare visibilità sui parametri della produzione aiutano a orientare al meglio le decisioni legate al business. Castellin riporta come esempio il progetto realizzato per conto di un produttore di pellet di legno, che attraverso i dashboard personalizzabili messi a punto in collaborazione con Axians ha ottenuto un significativo risparmio, individuando nella materia prima utilizzata le condizioni che determinavano un uso particolarmente elevato di corrente elettrica da parte degli impianti di essiccazione.

L’ACADEMY DELL’IOT

Marco Corsi, Group CIO & Digital Officer di SACMI rappresenta un settore dell’industria meccanica, direttamente coinvolto nella definizione delle giuste condizioni al contorno per l’interconnessione dei sistemi di fabbrica. Il gruppo emiliano costruisce i macchinari utilizzati in settori come la lavorazione ceramica e il packaging ed è leader riconosciuto da un miliardo e mezzo di fatturato con siti produttivi in Germania, India e Cina. «SACMI è un’azienda molto variegata come tipologie di prodotti. In ottica data collection, eravamo orientati verso soluzioni che al posto di una connessione diretta di ogni singola macchina, si basassero su un substrato in grado di raccogliere le informazioni in modo indipendente dalla tecnologia sottostante» – spiega Corsi. Come traspare anche dal suo duplice ruolo – Corsi deve abbracciare tematiche tipicamente IT di gestione di infrastruttura e processi e al tempo stesso traguardare le strategie di “servitizzazione” di SACMI.

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Inserite all’interno della smart factory, i suoi macchinari devono abilitare, grazie all’IoT e ai dati generati, nuovi pacchetti di offerta che si affiancano ai tradizionali servizi di post-vendita. Alla fine è stata selezionata una piattaforma IoT basata su cloud che oggi è la base di servizi data-driven indirizzati ai clienti della business unit di SACMI dedicata al packaging, in particolare nel mondo dell’imbottigliamento. La trasformazione digitale che sta connotando l’intera strategia di SACMI – prosegue Corsi – oltre a sollecitare l’uso di competenze inedite ha profondi riflessi sulla cultura aziendale. «Se il trend è quello della digitalizzazione, allora dobbiamo allineare le sensibilità all’interno del gruppo. Così abbiamo lanciato una vera e propria academy dell’IoT con un piano di valutazione a cui seguiranno i contenuti da promuovere attraverso un piano di formazione attraverso strumenti a loro volta smart. Non immaginiamo il classico addestramento in aula, ma iniziative mirate sia alla sensibilizzazione dei colleghi delle aree tecniche e di una struttura commerciale abituata a vendere macchinari, non servizi». A differenza della piattaforma IoT, la SACMI Academy non si avvarrà di strumenti acquisiti sul mercato, ma di modalità e linguaggi propri.

AL PASSO CON L’INNOVAZIONE

Verso la conclusione del primo giro di interventi, il caso delle acciaierie Marcegaglia, reduci da un anno record per fatturato, margine operativo e portafoglio ordini, presentato dal corporate chief information technology officer Marco Campi, vede il proseguimento delle iniziative per la digitalizzazione di un mondo dove tutta la parte delle cosiddette operational technologies è stata pervasa dai temi dell’automazione e dell’informatica. «Curiosamente, è proprio il settore siderurgico a vantare primati tecnologici come l’adozione di sistemi operativi real-time in un contesto industriale. Marcegaglia vuole restare al passo di questa tradizione, facendo buon uso di progetti Industry 4.0 che hanno come requisito la trasmissione dei dati tra sistemi informativi e fabbrica verso un obiettivo di sempre maggior integrazione tra OT e IT». Dal punto di vista organizzativo – come spiega Campi – la digitalizzazione degli impianti produttivi non è direttamente gestita dal responsabile dei sistemi informativi ma viene guidata in modo partecipato. I sistemi di automazione e di processo sono affidati ai direttori dei singoli stabilimenti e tutti i progetti di trasformazione digitale vengono pensati e implementati in armonia con i colleghi dell’informatica di gruppo. Campi parla, per esempio, di implementazioni che riguardano il tracciamento di materiali e manufatti e la loro movimentazione nelle aree di parcheggio, basate su tecnologia GPS e su beacon Bluetooth Low Energy, ma il lavoro guarda anche alla digitalizzazione dei processi produttivi. «Attualmente, siamo focalizzati sulla realizzazione di un data lake destinato a raccogliere tutti i dati rilevanti che arrivano dall’ambiente produttivo» – continua Campi. «Dati che verranno intrecciati con informazioni di tipo gestionale, energetico e ambientale».

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In questo ambito – avverte il responsabile dell’IT del gruppo Marcegaglia – le problematiche da affrontare sono tante. Uno degli aspetti coinvolge sicuramente le difficoltà di interfacciamento con impianti che non sono pensati per l’interconnessione. Più in generale, c’è un tema di filtraggio di dati grezzi e normalizzazione, ma questo non inficia il grande potenziale che un uso intelligente e correlato delle informazioni può avere ai fini della qualità, dell’efficienza e soprattutto della continuità della produzione. La progettualità digitale in Marcegaglia non si ferma qui. «Stiamo pensando di utilizzare la tecnologia blockchain per dare un tocco di “notarietà” ai certificati di qualità dei prodotti e renderli non modificabili» – afferma Campi. «In certi casi, è molto utile poter dimostrare che un materiale gode di determinate caratteristiche. La stessa supply chain deve essere gestita in modo sempre più informatizzato perché la consegna di materie prime allineata con i tempi della produzione può essere fonte di notevoli risparmi».

LA PAROLA CHIAVE È INTEGRAZIONE

Gli sviluppi finalizzati alla realizzazione in Marcegaglia di un data lake in grado di unire il mondo dei processi produttivi con quello più tipicamente gestionale, non sono motivo di sorpresa per Gabriele Obino, vice president Southern Europe & Middle East di Denodo. «Denodo fa del proprio approccio al dato business oriented, capace di dare risultati sulla bottom line, il suo cavallo di battaglia» – sottolinea Obino. «Approcciamo tematiche con volumi di dati sempre crescenti e in questo senso l’IoT può dare un contributo notevole: non mi stupisce che Marcegaglia voglia costruire un data lake, oggi non ci sono altri modi». Secondo Obino, la parola chiave è integrazione, in un mondo che unisce sempre più le fasi di sviluppo e produzione e quelle di post-vendita, coprendo così l’intero ciclo di vita di qualsiasi prodotto. «Le aziende che abbiamo ascoltato hanno a disposizione la possibilità di snellire la catena di fornitura, allineare i tempi di consegna, dare servizi differenzianti rispetto ai concorrenti. Se parlo di dati, il problema è raccoglierli, ma noi dobbiamo concentrarci sull’informazione utile per il business». Si parla quindi – conclude il rappresentante dell’azienda specializzata in data virtualization – di un livello di intermediazione più elevato. «Proprio perché i dati vengono da tanti fonti eterogenee Denodo permette di fare integrazione a livello logico per cogliere appieno i vantaggi di un approccio 4.0 nel manifatturiero».

RISCHIO CYBER E FORMAZIONE

Nella parte di tavola rotonda maggiormente focalizzata sul contesto normativo della trasformazione digitale in fabbrica, Moser di Gnutti Carlo si ricollega al lavoro svolto dal suo gruppo per la definizione delle regole di interfacciamento dei propri sistemi industriali, per auspicare da parte dei costruttori di questi impianti una maggiore apertura verso il mondo degli utilizzatori. «Anche qui, sento parlare di come cambia il modello di business di questi fornitori, ma ho la sensazione – afferma Moser – che molti siano restii ad aprire le porte ai dati. Noi cerchiamo di compensare chiedendo preventivamente un certo grado di connettività ma spesso questo rimane un problema non indifferente». Non è l’unica area in cui il CIO di Gnutti avverte una mancanza di trasparenza. Una di queste è la sostenibilità e il monitoraggio dei consumi dove – come sostiene Moser – gli investimenti sono frenati dalla scarsa chiarezza sulle tecnologie e sulle metriche da adottare. Nell’ambito IoT, il livello di maturità cresce, ma restano molte complessità a livello di piattaforme di intermediazione e orchestrazione. «Il PNRR – afferma Moser – ci esorta a iniettare nuove tecnologie, aiutando le aziende a metterle a frutto». Ma che cosa stiamo facendo per ridurre il gap dal punto di vista formativo? Il responsabile dei sistemi informativi di Gnutti Carlo esorta a prendere esempio da Germania e Austria che cercano di allineare meglio competenze e sviluppo tecnologico, agendo su leve come l’alternanza scuola lavoro. «Last but not least, c’è il problema della sicurezza, che gravita in modo molto spinto intorno al digitale in fabbrica a causa dell’aumento dei livelli di rischio. È un livello dove si avvertono molti ritardi, forse causati dalla mancanza di un approccio valido per tutti» – conclude Moser.

PROSSIMI PASSI

Anche Francesco Pezzutto di Friul Intagli riconosce che in contesti di forte eterogeneità la relativa chiusura verso ambienti e protocolli standard da parte dei costruttori di macchinari da interconnettere può costituire un problema non irrilevante. «È un fronte che si sta muovendo da poco» – spiega Pezzutto. «In passato, i produttori di macchinari non erano tra i più aperti e disponibili. Stanno iniziando a esserlo anche grazie a iniziative europee e ai consorzi che i grandi gruppi stanno realizzando». Tuttavia, quando il tema riguarda i fondi messi a disposizione per la trasformazione – spiega Pezzutto – Friul Intagli ha preferito rivolgersi a una società specializzata che aiuta il management dell’azienda friulana a districarsi nei piani di sviluppo e nei regolamenti delle gare promosse a livello europeo. «A proposito di sostenibilità, come produttori di scarti e di energia, siamo interessati a rimettere tutto questo nel sistema» – continua Pezzutto. Un altro argomento oggetto di bando è la parte di digitalizzazione e robotica su cui puntiamo per il futuro. Qui però emerge il limite di certe misure: «Nel caso del PNRR, vediamo che in altri settori i grandi gruppi iniziano a muoversi, mentre molti altri aspettano per la scarsa chiarezza sulle modalità di erogazione dei fondi». In generale – conclude Pezzutto – «le misure di incentivazione tendono a premiare la capacità di creare alleanze e cordate». Gli obiettivi di queste aggregazioni e i contenuti proposti rischiano però di non favorire o di non essere motivanti per aziende di dimensioni più piccole e interessi molto specifici sul piano dell’innovazione. «Diversi progetti sono già finanziati, ma su nessuno di questi puoi inserirti da solo e spesso devi mettere a disposizione il tuo know-how senza una finalità uguale a quella che hai in testa».

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INVESTIMENTI PER LA RIPRESA

Rispondendo alle perplessità di Moser del gruppo Gnutti Carlo, in merito alla cybersecurity dell’OT, Alberto Castellin ricorda che ad Axians vengono affidate valutazioni di rischio che mettono in evidenza falle sia di tipo tecnologico, come il mancato aggiornamento di un firmware, sia a livello di mancato controllo di processo. «Cerchiamo di avere un approccio che consideri entrambi i punti di vista. E poi, insieme al cliente, delimitiamo i possibili interventi per ridurre le possibilità di fermo macchina». Sugli aspetti della sostenibilità e dell’efficienza energetica – aggiunge Castellin – la crescente attenzione posta dai protagonisti del settore manifatturiero favorisce lo sviluppo di questo filone d’offerta da parte del mondo della system integration. «Per quanto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza – afferma Castellin – siamo già impegnati su molti punti, incluso il comparto dell’Industry 4.0, con l’implementazione di tecnologie come la banda larga wireless del 5G. Se da questo punto di vista, possiamo affiancare i clienti – conclude lo specialista di IoT di Axians – è vero che in molti casi sussiste qualche dubbio sulle modalità di fruizione dei fondi previsti dal piano e su questo il regolatore dovrebbe contribuire a fare chiarezza».

Intervenendo sulla questione dei bandi europei, Marco Corsi di SACMI segnala che nel nuovo programma di investimenti, previsti nel quadro di Horizon 21-27, i temi della ricerca e sviluppo hanno una dotazione di 95 miliardi di euro complessivi, 15 dei quali alla voce digitale, industria, cybersecurity. Altri 23 miliardi vengono stanziati dal PNRR per la digitalizzazione. «Parte di questi fondi è legata alla semplificazione del vecchio Piano Industry 4.0 e come SACMI, visto il volume di risorse in gioco, ci siamo dotati di un ufficio preposto proprio all’approfondimento di queste e altre forme di finanziamento». Ma Corsi affronta anche la questione della connettività, raccontando un episodio in cui il potenziale utente di un sistema progettato da SACMI, in seguito al proof of concept, aveva manifestato parecchi dubbi proprio in merito all’esposizione dei dati di produzione, giudicata eccessiva. “Aprire” le interfacce ai sensori delle macchine, in altre parole, è un’operazione che suscita le perplessità dei costruttori come degli utenti. «Esiste un nodo di natura culturale che poi è ciò che ci spinge ad affrontare la questione in ottica di evangelizzazione» – rileva Corsi. «Se vuoi proporre determinati servizi, deve esserci piena consapevolezza». Sul fronte della cybersecurity – conclude il CIO & digital officer di SACMI – è naturale che l’ibridizzazione di aspetti di IT e OT, connaturale allo sviluppo dell’Internet of Things, si porti dietro anche un complesso fardello di sensibilità incrociate. «Il nostro security officer vanta una lunga esperienza IT, ma quando si parla di applicazioni come la telediagnostica, la sensibilità dei colleghi dell’automazione è diversa». Anche su questo piano occorre intervenire facendo formazione e cultura.

LA RINCORSA PER IL CAMBIAMENTO

«A lungo si è pensato che bastasse introdurre sicurezza perimetrale con i firewall» – interviene Marco Campi di Marcegaglia. «Bisogna invece che le componenti IT e non IT abbiamo piena contezza di come agire in determinate situazioni. Marcegaglia insiste molto su questo aspetto della convergenza OT/IT». In materia di formazione, Campi pone ai colleghi riuniti intorno al tavolo un quesito che non riguarda gli aspetti tecnici dei bandi di finanziamento o l’accessibilità ai fondi. «Abbiamo le persone per realizzare tutti questi progetti? – chiede il CIO di Marcegaglia. «Anche noi stiamo costituendo una nostra academy, ma occorrerà del tempo. I progetti di cui parliamo necessitano di personale molto preparato e c’è un problema di reperimento di queste figure». Tra l’altro – ricorda Campi – «in gioco non c’è solo la digitalizzazione del sistema produttivo, ma anche la parte di sburocratizzazione che richiede anch’essa molte risorse, non solo finanziarie». A tutto questo, si aggiunge anche il tema della continuità del know-how aziendale. Nell’insieme, un quadro gigantesco, che richiederà un ulteriore sforzo a livello scolastico e formativo. Nelle sue considerazioni conclusive, Gabriele Obino di Denodo suggerisce di affrontare l’interdisciplinarietà dei temi emersi nella discussione con pragmatismo, concentrandosi sui singoli casi.  «Campi e i suoi colleghi – sostiene Obino – hanno detto cose fondamentali in relazione al PNRR. Qualunque piano deve prevedere obiettivi e tempistiche, ma le risorse sono un punto saliente per il livello di competenza che devono garantire. Esorto gli utilizzatori delle tecnologie Denodo a delimitare un preciso obiettivo di business, anche non complesso e articolato, e seguirlo fino in fondo, per capire davvero quali dati servono, quali strati di intermediazione e integrazione».

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Point of view

Intervista ad Alberto Castellin, IoT specialist di Axians Italia: Un “city manager” per la fabbrica digitale

Intervista a Gabriele Obino, vice president Southern Europe & Middle East di Denodo: Trova il tuo use case, Denodo fa il resto