Mantenere il sangue freddo: la catena di approvvigionamento globale ai tempi del Covid

Mantenere il sangue freddo: la catena di approvvigionamento globale ai tempi del Covid

La pandemia, con tutte le implicazioni e i risvolti che comporta, continua a sconvolgere gravemente le catene di approvvigionamento globali. Dal settore dei trasporti alla mancanza di materie prime, fino alla penuria di personale, pressocché ogni settore economico ne è interessato. Snom Technology, marchio premium della telefonia IP presenta una panoramica sull’incubo degli ultimi 24 mesi

Quando si parla di penuria di risorse legate al Coronavirus ci si riferisce, da un lato, all’attuale carenza di componenti, e, dall’altro, alle problematiche dell’industria della logistica e dei container. Gordon Raschig, Head of Supply Chain Management del produttore di telefoni IP berlinese Snom Technology, presenta alcune riflessioni su una situazione attualmente imprevedibile, e spiega perché è da considerarsi croce e sfida per qualsiasi azienda.

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Il principio della valanga

Fino alla fine del 2019, i tempi di consegna delle merci erano ottimamente pianificabili su scala globale. La concatenazione della supply chain risultante da canali di trasporto perfettamente coordinati consentiva persino di avventurarsi in una produzione just-in-time, foriera di un alto grado di ottimizzazione dei costi di trasporto e di stoccaggio. Uno stato bruscamente terminato due anni fa: il blocco totale di tre mesi in Cina all’inizio del 2020 ha messo in crisi ogni certezza. Da un lato scarseggiavano i dispositivi di protezione, i test rapidi e le medicine per i consumatori, dall’altro non erano disponibili le materie prime, i semiconduttori e altri componenti per l’industria. Ancora oggi, alcuni settori e prodotti sono interessati da un enorme arretrato nella fornitura.

La Cina è stata il primo paese colpito, seguita a ruota dal resto del mondo. In ogni angolo del globo i porti sono stati temporaneamente chiusi, le frontiere sigillate e le navi e gli aerei non hanno mai intrapreso le loro rotte. Ciò ha causato un grave squilibrio nella distribuzione globale dei container: ancora oggi, in alcuni porti sono immagazzinate enormi quantità di container che sarebbero urgentemente necessari altrove.

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Nell’aprile 2021, un anno dopo l’inizio della pandemia, il canale di Suez è stato bloccato dall’avaria della nave container Ever Given. La finestra di tempo di una settimana necessaria per il recupero del cargo ha causato un danno economico stimato intorno ai 10 miliardi di dollari. Ancora oggi, i ritardi dovuti a questo imprevisto non sono stati recuperati nemmeno nel porto di Amburgo. In Germania, dunque, le navi portacontainer vengono talvolta deviate con breve preavviso verso Bremerhaven e Wilhelmshaven. Lì, tuttavia, l’infrastruttura e le risorse sono in grado solo in parte di far fronte all’aumento della domanda, causando ulteriori ritardi di fino a due settimane.

Anche il trasporto aereo – un mercato dalle capacità equivalenti a quelle del trasporto marittimo, ma più caro – ha subito numerosi intoppi. Entro la metà del 2020, quasi tutte le aziende sarebbero state pronte ad affidarsi al trasporto aereo malgrado i costi più elevati. Ciononostante, le capacità di carico dei pochi aerei cargo autorizzati a decollare erano quasi interamente riservate al trasporto delle forniture mediche di base ai vari Paesi. Se per qualcuno è stato possibile accaparrarsi qualche spazio libero, si è trattato di opportunità “last minute” ad un prezzo notevolmente più alto.

Domanda e offerta

Questo congestionamento perenne non cagiona solo imponenti perturbazioni della filiera, ma anche una vera e propria guerra dei prezzi sul mercato dei trasporti marittimi. Mentre nel 2019 il costo per la spedizione di un container di 12 metri dal porto cinese di Yantian ad Amburgo era di circa 2000 euro, in questi mesi sono visti picchi di fino a 22.000 euro. Nel caso in cui si decida di scegliere comunque questa via di trasporto dalla Cina, il cliente non ha alcuna garanzia che il costoso container acquistato lasci effettivamente il porto il giorno concordato a fronte del palese sovraffollamento dei porti di partenza che non consente di processare tempestivamente le spedizioni. Ciò conduce talvolta a dinamiche simili a un’asta, in cui solo chi offre di più (o chi ha il volume di ordini più elevato in generale) ha la meglio. “A causa degli attuali improvvisi cambiamenti di programma, può succedere che il cliente scopra solo il giorno previsto per la partenza che la merce non è affatto a bordo della nave prevista e che quindi lascerà il porto molto più tardi”, spiega Raschig.

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Gordon Raschig, Head of Supply Chain Management presso Snom Technology

Oltre ai ritardi delle consegne, un altro fattore che contribuisce alla penuria diffusa di navi cargo deriva dall’obbligo di ridurne le emissioni di CO2. Le compagnie di navigazione, tuttavia, non hanno alcuna fretta di accelerare gli investimenti nel miglioramento delle navi in termini di decarbonizzazione. Del resto, nonostante l’esorbitante aumento dei prezzi, i container e le navi attualmente disponibili sono sempre in overbooking. Il mercato si vede così costretto ad accettare costi improbi pur di garantire l’arrivo della merce.

La ciliegina sulla torta

Ma gli imprevisti della logistica non sono finiti qui: l’attuale politica di lotta dura al Covid in Cina porta ripetutamente a chiusure parziali o complete delle reti portuali, tra cui Ningbo, Zhoushan (Wuhan) e Yantian (Shenzhen). Ciò cagiona un ritardo di almeno due settimane, sempre che i TIR consegnino la merce al porto, perché non appena un porto viene classificato come zona a rischio, i camionisti sono costretti ad una quarantena di quattordici giorni. Solo una cerchia ristretta può permettersi ed è disposta ad un tale fermo.

Sfida accettata!

“L’agognata distensione della situazione in termini di disponibilità di risorse e capacità per trasportare le merci da A a B si farà ancora attendere a lungo”, afferma Raschig, che percepisce tuttavia la situazione come una sfida costruttiva: “Ora abbiamo la possibilità di adattare le nostre catene di approvvigionamento per gestire in futuro al meglio il conflitto tra disponibilità delle risorse ed efficienza economica in futuro. Naturalmente, siamo stati anche avvantaggiati dal fatto che la nostra casa madre, il Gruppo VTech, ha un peso del tutto diverso da quello che avremmo potuto avere da soli. In questi due anni ci siamo supportati a vicenda e beneficiamo ora di derivanti dai contratti a lungo termine stipulati dalle due società e dalla distribuzione dei volumi di merce da spedire su più partner attraverso l’acquisto di spazi sul mercato a pronti”.

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“Siamo alla ricerca continua di modi per ottimizzare i tempi di consegna sia per l’import sia per l’export, e al momento ci serviamo dell’intero portafoglio di servizi logistici”, spiega Raschig. Inoltre, Snom ha rivolto fin dal principio il suo sguardo verso alternative, come il trasporto ferroviario o combinazioni marittimo-aeree e dispone nel frattempo di una grande rete di aziende di trasporto e logistica. In tal modo, la società è stata in grado di fornire materiali su progetto o prodotti personalizzati con tempi di consegna inferiori a un mese anche nelle fasi più critiche della pandemia. Su un portafoglio prodotti di 146 articoli, solo 7 non sono attualmente disponibili. Grazie al successo di questa strategia, Snom ha potuto decidere di non girare l’aumento dei costi di trasporto alla clientela, nonostante l’esplosione generale dei prezzi nella logistica.

“Assicurarci approvvigionamenti certi lungo l’intera filiera è la sfida che stiamo affrontando attualmente. In questo senso, mantenere il sangue freddo e una visione d’insieme si rivela a volte uno sport estremo”, commenta Raschig. “Intendiamo tuttavia apportare a medio termine modifiche sostenibili nella progettazione della nostra supply chain in primis in termini di maggiore trasparenza per i nostri partner commerciali. Insieme ai nostri partner logistici, contribuiamo così al successo della nostra rete di vendita”.