Digital Health Tech, mercato in crescita del 27,7% all’anno fino al 2030. Dispositivi IoMT +15.9%. Il PNRR accelera l’innovazione del parco tecnologico ospedaliero, la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale e gli investimenti in ricerca e formazione del personale sanitario

Facciamo il punto sulle novità nella Sanità Digitale, fuori (si spera definitivamente) dall’emergenza pandemica e vediamo alcuni casi di applicazione di intelligenza artificiale e telemedicina in realtà ospedaliere e farmaceutiche del nostro Paese. La pandemia negli ultimi due anni e mezzo ha reso evidente che per funzionare al meglio i sistemi sanitari devono basarsi su una sanità più moderna e più digitale, con cure personalizzate. Per questo, negli ultimi due anni c’è stata una notevole accelerazione nella crescita del mercato globale della Digital Health Tech, che comprende sistemi informativi sanitari, telemedicina e dispositivi mobili: nel 2021, il settore ha toccato quota 175,6 miliardi di dollari, quest’anno arriverà a 216,7 miliardi di dollari (+23%) e nel 2030 dovrebbe arrivare a quota 1,5 trilioni di dollari nel 2030, con un incremento annuo del 27,7%. Il mercato europeo della Salute Digitale, il secondo più grande al mondo dopo quello degli Stati Uniti, ha raggiunto 41 miliardi di dollari, in aumento del 412% rispetto agli 8 miliardi di dollari del 2015. Sono dati presenti in uno studio dello scorso giugno di Klecha & Co, investment bank paneuropea specializzata nei settori tech. Secondo Fabiola Pellegrini, partner di Klecha & Co, la pandemia ha accelerato un trend di sviluppo già in atto nella Digital Health Tech, settore che registrerà un’ulteriore importante crescita nei prossimi cinque anni. «Molti investitori, soprattutto all’estero, stanno investendo sia in realtà strutturate sia in startup che cambieranno il mondo della medicina: solo nel 2020, il venture capital ha puntato su queste ultime oltre quattro miliardi di dollari. L’innovazione continuerà quindi a trasformare il settore e a renderlo più efficiente. Di fronte alla crescente digitalizzazione, andrà posta particolare attenzione sia agli sviluppi regolamentari che dovranno tutelare la corretta gestione della riservatezza e sicurezza dei dati, sia al necessario incremento della cybersecurity, ambito sempre più centrale per qualunque attività, pubblica e privata».

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In Italia, secondo l’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, la spesa per la Sanità Digitale ha toccato lo scorso anno quota 1,69 miliardi di euro, 12,5% in più rispetto al 2020. Nei prossimi anni, questa cifra aumenterà sensibilmente, grazie agli investimenti previsti dal PNRR e dal PNC (Piano nazionale per gli investimenti complementari), destinati a migliorare la capacità di risposta della sanità pubblica ai bisogni di cura dei cittadini e alle loro esigenze. Complessivamente, le risorse straordinarie superano i 20 miliardi di euro: un’occasione unica e irripetibile non solo perché investire in sanità tutela la salute, ma anche per innovare l’assistenza sanitaria in Italia e ridurre il gap che ancora esiste con il resto d’Europa. Tra le aree di intervento previste ci sono l’innovazione del parco tecnologico ospedaliero, la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale, gli investimenti in ricerca e formazione del personale sanitario. «L’esperienza degli ultimi due anni e mezzo ci ha insegnato che la medicina digitale è la naturale evoluzione della medicina analogica, non la sua alternativa» – spiega Graziella Billotta, CEO di Pagine Mediche. «Non bisogna considerare pioniere o innovatore chi parla di televisita o teleconsulto del paziente. Si deve riconoscere invece che anche la salute, come tanta parte della nostra vita, risente della costante evoluzione tecnologica che contraddistingue la nostra epoca».

VERSO UN NUOVO MODELLO DI CURA

La pandemia ha certamente aggravato sfide preesistenti quali la difficoltà di gestione delle sempre più diffuse malattie croniche, il rapido invecchiamento della popolazione, gli ingenti costi e le pressioni che insistono sulla forza lavoro delle aziende sanitarie. Pertanto, nell’affrontare tali sfide, il Sistema sanitario italiano sta approcciando un nuovo modello di cura integrato e connesso per garantire resilienza e sostenibilità nel lungo termine. «Se negli ultimi due anni si è assistito a un’accelerazione digitale della Sanità, oggi le aziende sanitarie italiane, similmente a quelle di gran parte dei Paesi europei, si stanno focalizzando sul consolidamento delle best practices per l’innovazione digitale» – spiega Adriana Allocato, research manager, Health Insights di IDC Europe. «Queste best practices riguardano il modo in cui le aziende pianificano e sviluppano l’innovazione a supporto delle loro priorità strategiche. Sono le esigenze e i bisogni del Sistema sanitario a determinare lo sviluppo di strumenti e prodotti digitali per migliorare la qualità delle cure erogate, le esperienze di pazienti e clinici, ma anche per ottimizzare l’efficienza operativa. In particolare, la strategia digitale nel Sistema sanitario italiano, così come similmente nel resto d’Europa, si sta sviluppando su diverse dimensioni: pazienti, forza lavoro, ecosistemi, uso intelligente dei dati, infrastrutture moderne». Secondo i dati di IDC, per quanto riguarda i pazienti, migliorare l’esperienza e il coinvolgimento rappresenta una delle priorità principali per il 60% delle aziende sanitarie italiane. Le soluzioni di digital front door offrono nuove opportunità per ridisegnare l’esperienza del paziente attraverso modelli innovativi di erogazione delle cure e tecnologie digitalmente abilitanti. Passando alla forza lavoro, lo stress fisico ed emotivo a cui sono stati sottoposti i professionisti della sanità negli ultimi anni ha fortemente alimentato un incremento degli investimenti per la gestione del personale e un miglioramento della loro esperienza.

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«Tali investimenti – continua Adriana Allocato – sono attualmente indirizzati verso soluzioni che favoriscono la collaborazione intelligente tra professionisti e l’automazione dei processi per rinforzare produttività ed esperienza del personale. Rispetto agli ecosistemi, le best practices dell’innovazione digitale includono anche il modello di approvvigionamento, che resta fortemente connesso all’esistenza di ecosistemi per la condivisione dei dati, delle competenze e delle soluzioni». La ricerca di IDC ha rilevato che il 70% delle aziende sanitarie in Italia è entrata a far parte di hub innovativi e centri di ricerca di eccellenza proprio per favorire lo sviluppo di un ecosistema della sanità digitale. L’accesso a dati accurati e aggiornati rappresenta un fattore critico per l’erogazione delle cure. La pandemia lo ha dimostrato. «Ricorrere ai dati per pianificare l’utilizzo delle risorse o tracciare i pazienti aiuta a comprendere l’evoluzione dei fenomeni e a gestirli meglio» – spiega l’analista di IDC. «Gli investimenti in tecnologie basate sull’intelligenza artificiale favoriscono lo sviluppo di un sistema sanitario data-driven». Infine, le infrastrutture moderne: «Il 50% delle aziende sanitarie italiane ha già investito in soluzioni di telemedicina o sanità virtuale. Ma affinché apportino i benefici sperati, queste soluzioni richiedono una infrastruttura IT a supporto che sia affidabile, scalabile e performante. Un’infrastruttura moderna, principalmente ibrida e multicloud, dovrà essere in grado di gestire e conservare i dati da fonti diverse e allo stesso tempo fornirne una visione integrata. In questo modo, le aziende potranno ridurre i costi operativi e migliorare la qualità delle cure erogate».

DATABASE CENTRALIZZATI

Le strutture sanitarie grazie alla digital transformation hanno l’opportunità di adottare servizi e soluzioni in grado di abilitare l’approccio data-driven. La pandemia ha messo al primo posto l’analisi dei dati, spingendo medici e personale sanitario a prendere molte decisioni in tempo reale. Non a caso, uno degli obiettivi del PNRR è il potenziamento del Fascicolo sanitario elettronico (FSE), che conterrà tutta la storia clinica del paziente e aiuterà le ASL a effettuare analisi di dati clinici per migliorare i servizi erogati, la velocità e la qualità della diagnosi. In questo modo, si possono creare percorsi terapeutici con trattamenti più mirati e più efficaci: nelle aziende la raccolta dei dati in un solo sistema elimina inefficienze e riduce i costi, nel settore sanitario permette anche di migliorare le cure e può salvare delle vite. L’ASL Roma 6, azienda che svolge le proprie attività in un territorio con 21 comuni (aree geografiche: Castelli Romani e  litorale laziale dal comune di Pomezia a quello di Nettuno), sei presidi ospedalieri e una popolazione di circa 560mila abitanti, si è dotata di un sistema unico dove vengono raccolte tutte le informazioni cliniche e sanitarie dell’assistito, accessibili alle diverse figure coinvolte nel processo ospedaliero di cura del paziente. Grazie a questo sistema, si sono raggiunti diversi obiettivi: l’interoperabilità sia interna sia esterna all’azienda, il monitoraggio dei processi, l’aumento della qualità del servizio erogato dalle strutture. Inoltre, è aumentata la velocità di scambio e di accesso ai dati, con una riduzione dei tempi legati alla comunicazione e trasmissione delle informazioni sui pazienti ospedalieri, e si sono ridotti i problemi di comunicazione tra i professionisti sanitari coinvolti, relativamente a informazioni sul percorso clinico, diagnostico e assistenziale del paziente. L’applicazione, utilizzabile da PC e tablet, permette di avere accesso ai dati anagrafici e al diario clinico del paziente; di prescrivere e monitorare la terapia; di fare richieste di consulenze, gestire i trasporti e i trasferimenti dei pazienti; di archiviare la documentazione amministrativa e gestire la modulistica. Il software è integrato con il Laboratorio di Analisi, con il Laboratorio di Anatomia Patologica e con la Radiologia, e consente l’accesso al Dossier Sanitario Elettronico Aziendale. L’applicativo è oggi utilizzato da circa 1.500 utenti, in tutti i cento reparti dei sei presidi ospedalieri.

BIG DATA E RICERCA FARMACEUTICA

La raccolta dati è indispensabile anche nell’industria farmaceutica. Lo sa bene Dompé Farmaceutici, da sempre impegnata nella ricerca scientifica per lo sviluppo di farmaci innovativi per migliorare lo stato di salute dell’uomo. La progettazione e lo sviluppo dei farmaci sono due processi che devono tenere conto della sicurezza delle molecole. Gli strumenti di analisi predittiva sono fondamentali per la predizione della tossicità e degli effetti collaterali – come ci spiegano Andrea Beccari, head of R&D Platforms & Services e Anna Fava, senior software engineer di Dompè Farmaceutici. «Quanto meglio e quanto prima si riescono a fare tali analisi predittive tanto prima arrivano sul mercato i farmaci che servono ai pazienti. Si sta quindi andando verso la medicina predittiva, per capire anticipatamente quale popolazione risponde a quale farmaco» – spiegano in Dompè. «La sfida è raccogliere e utilizzare i dati per la modellazione quantitativa delle patologie in ottica predittiva, indispensabile per patologie complesse e sistemiche come quelle legate all’oncologia, alla cardiologia, all’immunologia ed alle malattie metaboliche. Ad oggi, non abbiamo il livello di conoscenze e il livello di modellazione necessari per gestire questo tipo di complessità». Il futuro è legato alla raccolta e alla gestione di open data: «Dove esiste un approccio di open data, esiste anche un concetto di ecosistema». Il progetto Exscalate4Cov, un riferimento in Europa per contrastare il Coronavirus con il supercalcolo, ha enfatizzato il valore degli ecosistemi. «Per una realtà come Dompé Farmaceutici, media azienda nel mercato farmaceutico, l’ecosistema è l’unica via per poter rimanere competitiva in una industria che annovera player completamente diversi per dimensione e capacità. A breve partirà, una nuova iniziativa che coinvolge Dompè Farmaceutici assieme a una trentina di realtà in Europa, il cui obiettivo è riposizionare tutti i farmaci a livello europeo».

AI E INTERNET OF MEDICAL THINGS

I dispositivi IoMT (Internet of Medical Things) avranno un ruolo sempre più centrale nel settore sanitario. Secondo Precedence Research, il mercato globale dell’IoMT raggiungerà 172,4 miliardi di dollari entro il 2030, con una crescita annua del 15.9%. In tale ambito, nel report di Klecha si legge che l’Italia è il primo Paese in Europa per adozione di tali dispositivi, il terzo a livello globale dopo Stati Uniti e Australia. I dispositivi medici indossabili sono sempre più diffusi e forniscono ai medici informazioni approfondite sulla condizione di salute dei pazienti. L’IoMT consente alle persone di utilizzare i tracker per raccogliere dati in tempo reale e tenere monitorate le condizioni. Non solo: soluzioni di AI permettono di creare ambienti sensorizzati nelle abitazioni di anziani e pazienti cronici, che permettono il monitoraggio continuo delle condizioni di salute e rilevare in anticipo eventuali peggioramenti. Si possono rilevare tempestivamente circostanze preoccupanti, segnalate tramite notifiche e alert, ma è anche possibile valutare nel medio e lungo termine comportamenti che richiedono un intervento specifico, prima che diventino critici. Per i più fragili, possono essere organizzati servizi assistenziali su misura, che garantiscono la possibilità di condurre una vita più autonoma, sicura e attiva, scaricando nel contempo la pressione sul sistema sanitario tradizionale e garantendo la tranquillità dei familiari.

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Nel settore sanitario, l’AI ha diverse altre applicazioni. Già durante la pandemia ha registrato importanti progressi nei sistemi di riconoscimento facciale o nello screening termico, fondamentale per rilevare eventuali persone sintomatiche, e ha contribuito in modo significativo allo sviluppo rapido dei vaccini. Assieme ai Big Data, le soluzioni di AI stanno via via trasformando il modo in cui viene fornita l’assistenza sanitaria. Questi strumenti possono analizzare i dati presenti nelle organizzazioni sanitarie (cartelle cliniche, immagini, reclami), confrontandoli con i dati sulla popolazione e con gli studi clinici, e scoprire correlazioni e informazioni che senza questi strumenti gli operatori umani non potrebbero trovare. Così le organizzazioni sanitarie possono utilizzare algoritmi per prendere decisioni aziendali e cliniche più accurate, migliorando l’efficienza e la qualità dell’esperienza di cura e di accesso. Secondo Klecha & Co, questa tecnologia diventerà parte integrante della relazione e dell’esperienza terapeutica dei pazienti attraverso l’uso di device comuni come smartphone e assistenti personali virtuali. Il paziente si sentirà maggiormente coinvolto in tutte le fasi di cura, tanto che anche la scelta della struttura a cui rivolgersi potrà essere influenzata dalla disponibilità di tecnologie avanzate di AI. Non si tratta di aspettare anni, diverse realtà hanno integrato funzionalità di intelligenza artificiale nei loro processi standard. Nel caso dell’IRCSS Istituto Clinico Humanitas, l’AI si è dimostrata una valida alleata nella prevenzione dei tumori del colon e del retto, il secondo tumore più frequente in Italia dopo il cancro alla mammella. Gli algoritmi di AI, infatti, permettono una maggiore precisione nell’identificazione di polipi durante la colonscopia, migliorando il tasso di identificazione delle lesioni del colon del 44%. L’esecuzione di colonscopie e screening con l’ausilio dell’AI è associata, da un lato, alla riduzione dell’incidenza dei tumori del colon dell’8,4% e dall’altro al risparmio economico di 57 dollari a persona, grazie alla riduzione dei costi di terapia legata alla maggiore prevenzione. Sono i risultati di uno studio condotto proprio da Humanitas in collaborazione con l’Università di Oslo. Tuttavia, gli strumenti utilizzati non si sostituiscono allo specialista, né agli esami di laboratorio ma integrano le capacità di diagnosi, riducendo il rischio umano di non vedere lesioni sospette. Humanitas è all’avanguardia in questo campo: lo scorso anno l’agenzia americana FDA ha valutato la sicurezza e l’efficacia di GI Genius, il dispositivo endoscopico basato su intelligenza artificiale applicata alla colonscopia, attraverso uno studio tutto italiano, coordinato da IRCSS Istituto Clinico Humanitas con la partecipazione degli ospedali Regina Margherita di Roma e Valduce di Como. Lo studio è stato condotto su 700 pazienti di età compresa tra 40 e 80 anni che si sottoponevano a una colonscopia per lo screening o alla sorveglianza del cancro colon-rettale, a seguito di sangue nelle feci o sintomi gastrointestinali. In Humanitas, oggi tutte le colonscopie (sia in SSN sia private) sono realizzate con questo sistema.

TELEMEDICINA E AUTISMO

Due anni e mezzo fa, nel nostro Paese l’inizio della pandemia ha coinciso con una crescita nell’utilizzo dei servizi di telemedicina che ha facilitato la collaborazione tra i professionisti e garantito continuità di cura e assistenza ai pazienti. Prima dell’emergenza, il livello di utilizzo della telemedicina superava di poco il 10%. Durante l’emergenza, ha superato il 30% per molte applicazioni. Lo scorso anno, l’utilizzo della telemedicina da parte dei medici è calato significativamente, ma è ancora superiore a prima della pandemia. «La riduzione nei livelli di utilizzo della telemedicina da parte dei medici va colto come il segnale dell’esigenza di un’innovazione più strutturale, un passaggio a un modello nel quale questa non rappresenti più una soluzione di emergenza, ma un’opportunità per migliorare il sistema di cura» – spiega Cristina Masella, responsabile scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale. «Questo cambiamento di modello deve ancora essere concretizzato. Per medici e infermieri le attività di telemedicina spesso costituiscono un’aggiunta in termini di tempo a quelle tradizionali». Grazie all’aiuto della telemedicina, Regione Lombardia ha approvato il Piano Operativo Autismo che prevede un raccordo sempre più stretto e supportato dalla telemedicina tra i servizi di cure primarie, coinvolgendo i pediatri di libera scelta e quelli specialistici di neuropsichiatria infantile. Il tutto finalizzato a costruire quella rete di cura che è elemento cruciale per accompagnare nel miglior modo possibile lo sviluppo dei bambini affetti da autismo in tutte le fasi: dalla diagnosi precoce alla tempestiva presa in carico clinica. In Italia si stima che un bambino su 77 nella fascia tra i 7 e 9 anni soffra del Disturbo dello Spettro Autistico (ASD). Sebbene i primi campanelli d’allarme dell’ASD si manifestino già a 18 mesi di vita, l’età media per ricevere una diagnosi clinica spesso supera i 36 mesi. La piattaforma WIN4ASD, sviluppata dai ricercatori dell’IRCSS Eugenio Medea sul territorio regionale, è una prima esperienza di telemedicina a supporto della integrazione ospedale-territorio, espressamente pensata per i bisogni dei bambini con disturbi neuropsichici. WIN4ASD intercetta bisogni su più fronti: per il pediatra è uno strumento gratuito per lo screening e la formazione specifica; per le neuropsichiatrie infantili consente di intercettare i soggetti a rischio precocemente; per il paziente consente la tempestività della diagnosi, già nei primi 18 mesi, e a cascata una maggiore efficacia degli interventi riabilitativi e un miglioramento della qualità della vita; per il Sistema sanitario nazionale garantisce una maggiore efficienza del servizio, prevenzione e promozione della salute. La piattaforma è stata estesa a tutte le ATS della Regione Lombardia, con 1.250 pediatri già registrati.

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FARMACIE COME HUB DI SERVIZI

Nonostante il recente calo nel suo utilizzo, nel nostro Paese l’interesse per la Telemedicina rimane molto alto. Secondo l’Osservatorio Sanità Digitale, oltre la metà di medici e infermieri e l’80% dei pazienti vorrebbero utilizzare questi servizi anche in futuro. Le farmacie territoriali potrebbero avere un ruolo rilevante di spinta alla diffusione di questi servizi. L’indagine rivolta ai titolari e responsabili di farmacia, svolta in collaborazione con Doxa Pharma, ha fatto emergere che già nella metà dei casi, le farmacie offrono servizi di telecardiologia e dichiarano interesse anche per l’erogazione di altri servizi di telemedicina, come per esempio la teledermatologia. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, il servizio di telemedicina più utilizzato è il teleconsulto con medici specialisti (47% degli specialisti e 39% dei medici di medicina generale), che raccoglie l’interesse di 8 medici su 10 per il futuro. Seguono, in termini di utilizzo durante l’emergenza, la televisita (39% degli specialisti e dei MMG) e il telemonitoraggio (28% e 43%). In Italia, quindi, l’utilizzo della telemedicina dovrebbe tornare a crescere in breve tempo, secondo le tendenze del mercato globale. Negli Stati Uniti, nell’ultimo anno, secondo i dati di Klecha & Co, la telemedicina ha raggiunto un valore di 62,4 miliardi di dollari. Gli esperti prevedono che crescerà a un CAGR del 36,5% dal 2022 al 2028, raggiungendo un valore di mercato pari a 577 miliardi di dollari.