Aspettando il giorno che l’IA sostituirà gli scienziati

Gli Intel Labs annunciano un modello di AI diffusion in grado di generare immagini a 360° da un testo

L’intelligenza artificiale prende sempre più piede negli studi sulla fisica e tra non molto tempo le macchine potrebbero non avere più bisogno di noi. Meglio essere preparati

Ho digitato su Google: “Will AI replace human scientists”? In prima posizione è uscito Quora. Dopo aver scoperto di non essere l’unico ad aver fatto questa domanda, mi sono soffermato a leggere le tante risposte postate dagli utenti anche ad altri interrogativi simili al mio. Il dibattito è decisamente vivace. Secondo il professor Ben Yanbin Zhao, insegnante di Computer Science dell’Università di Chicago, l’intelligenza artificiale non si limiterà a sostituire i lavori meno intellettuali. Su Quora, il professor Zhao scrive: «L’IA sta sostituendo lavoratori con competenze meno specializzate, per esempio operatori di call center e in misura più limitata assistenti amministrativi, e presto arriverà a sostituire anche tassisti e conducenti di camion. Ma oggi l’intelligenza artificiale è già fondamentalmente diversa da quella che viene usata per le macchine o le applicazioni che consideriamo comuni. L’IA si sta evolvendo ed è improbabile che smetta di farlo. Sta crescendo in numero di applicazioni e ampiezza di settori, in ambito geografico ed economico. Sta crescendo anche in potenza e cioè nella capacità di affrontare compiti sempre più complessi».

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Secondo Zhao, poche cose saranno al di fuori della portata dell’IA in futuro. Google e le altre big tech stanno facendo dei passi importanti non soltanto sul fronte della singolarità tecnologica ma anche su quello della velocità di apprendimento. L’intelligenza artificiale, così, riesce ad affrontare compiti sempre più complessi, come ad esempio una diagnosi medica, fare trading sui mercati finanziari, prevedere con sempre maggiore precisione i cambiamenti meteorologici e, perché no a questo punto, anche i comportamenti umani. Ne abbiamo scritto ampiamente proprio su queste pagine nei mesi scorsi, molto presto l’IA potrebbe prendere il posto di alcuni insegnanti e ritagliarsi un ruolo importante anche nel settore della formazione oltre che della ricerca scientifica.

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INTELLIGENZA ARTIFICIALE E RICERCA SCIENTIFICA

Domanda: qual è oggi il ruolo dell’intelligenza artificiale all’interno del mondo scientifico? Personalmente sono rimasto stupito quando, a fine settembre, ho letto un articolo che era stato precedentemente pubblicato dalla Physical Review Letters dal titolo “Deep Learning the Functional Renormalization Group”. Si riferisce a uno studio molto accurato su come l’IA potrebbe rivoluzionare il modo in cui gli scienziati studiano i sistemi contenenti molti elettroni interagenti, come nello studio della meccanica quantistica. In estrema sintesi, usando l’intelligenza artificiale, i fisici hanno ridotto un complesso problema quantistico che richiedeva 100.000 equazioni in un compito di dimensioni ridotte, di appena quattro equazioni, il tutto senza sacrificare l’accuratezza. L’autore principale dello studio, Domenico Di Sante, ricercatore al Center for Computational Quantum Physics (CCQ) del Flatiron Institute di New York e docente di fisica e astronomia all’università di Bologna, ha affermato che viene usato il machine learning per trasformare «un enorme aggregato di equazioni differenziali accoppiate in qualcosa di così piccolo da poterlo contare sulle dita».

Il problema riguarda il modo in cui gli elettroni si comportano mentre si muovono su un reticolo a griglia. Quando due elettroni occupano lo stesso sito del reticolo, interagiscono. Questa configurazione, nota come modello di Hubbard, è un’idealizzazione di diverse importanti classi di materiali e consente agli scienziati di apprendere come il comportamento degli elettroni dia origine a fasi ricercate della materia, come la superconduttività, in cui gli elettroni fluiscono attraverso un materiale senza resistenza. Un modo per studiare un sistema quantistico è usare le cosiddette tecniche di rinormalizzazione. Ma queste tecniche possono contenere decine di migliaia, centinaia di migliaia o addirittura milioni di singole complicate equazioni che devono essere risolte una a una. Di Sante e i suoi colleghi hanno usato una rete neurale per semplificare questo processo e l’output del programma ha catturato la fisica del modello Hubbard con solo quattro equazioni.

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TECNOLOGIE CHE FUNZIONANO COME IL CERVELLO UMANO

Sempre a settembre, ma di due anni fa, era stato pubblicato sulla rivista Nature Chemistry, un paper dal titolo: “Deep-neural-network solution of the electronic Schrödinger equation”. In questo caso gli autori, un team di scienziati della Freie Universität Berlin, hanno sviluppato un metodo di intelligenza artificiale per calcolare lo stato fondamentale dell’equazione di Schrödinger nella chimica quantistica. Nel presente, e non nel futuro, l’intelligenza artificiale inizia a prendere sempre più piede nel campo degli studi sulla fisica. Gli scienziati ancora non sono stati rimpiazzati dall’IA ma il contributo che ricevono da questa disciplina è oramai rilevante. Albert Einstein morì senza essere riuscito a realizzare il sogno di coniugare la fisica classica con la meccanica quantistica. Ma oggi più di ieri risulta fondamentale per la ricerca scientifica andare a studiare il mondo del molto piccolo. Secondo un articolo pubblicato dal Trinity College di Dublino dal titolo “Our brains use quantum computation”, il nostro cervello potrebbe funzionare usando la computazione quantistica. Se fosse realmente così, ci stiamo aprendo alla seria possibilità di studiare nel profondo il funzionamento del cervello e magari trovare tecnologie innovative basate sulle conclusioni che usciranno da questi studi.

NEGLI INVESTIMENTI LA CINA BATTE TUTTI

Non è un caso se la guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina si stia focalizzando proprio su intelligenza artificiale e computer quantistici. Secondo Bloomberg, la Casa Bianca sta valutando di inasprire i controlli sulle esportazioni con l’obiettivo di limitare l’accesso della Cina all’intelligenza artificiale e alla tecnologia legata alle apparecchiature quantistiche americane. L’iniziativa seguirebbe quella intrapresa a maggio, quando la Casa Bianca ha inviato alle Agenzie Federali un memorandum sulla necessità di mantenere la leadership globale nella scienza dell’informazione quantistica. Tuttavia, secondo un rapporto pubblicato da McKinsey all’inizio del 2022, la Cina attualmente supera i suoi concorrenti occidentali in termini di finanziamenti pubblici per promuovere la ricerca sull’informatica quantistica. La Repubblica Popolare ha messo a disposizione della ricerca quantistica circa 15 miliardi di dollari rispetto ai 7 miliardi di dollari dell’Unione Europea.

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SE LE MACCHINE NON AVRANNO PIÙ BISOGNO DI NOI…

Nell’immaginario comune l’intelligenza artificiale ricorda ancora i robot e non è un caso se Elon Musk, poco tempo fa, ha presentato un robot guidato da intelligenza artificiale. Il risultato di questa comunicazione è che l’IA non sembra aver stupito né il mercato e né tantomeno i media. La verità è che stiamo già scontando un futuro fatto di macchine sempre più intelligenti e l’IA tende a non stupirci più. E probabilmente neanche a spaventarci. Ma forse sottovalutiamo l’impatto che potrebbe avere su di noi. Non tanto sul lavoro quanto piuttosto sulla nostra vita, nel caso in cui dovessero diventare davvero senzienti. A quel punto a noi non servirebbero più le macchine e noi probabilmente non serviremmo a loro. Ecco perché scienziati e policy maker dovrebbero iniziare a concepire un framework sull’uso dell’intelligenza artificiale, una sorta di vademecum, che non vada a limitare le potenzialità di questa disciplina nel campo della ricerca scientifica e non solo, potenzialità che sono praticamente infinite, quanto piuttosto a limitarne gli usi potenzialmente dannosi.