Dalla situazione del mercato italiano ai dati sintetici, fino alla centralità del cliente: come creare valore reale
A che punto siamo in tema di intelligenza artificiale? Romeo Scaccabarozzi, amministratore delegato di Axiante, nel corso di un recente incontro con la stampa di settore, parte da un’analisi lucida del contesto italiano: “Sicuramente Axiante ha una buona visione del mercato, ma è molto limitata. Nello specifico, Netconsulting Cube, poche settimane fa, ha pubblicato uno studio dal titolo ‘L’adozione dell’AI nelle aziende italiane’ che si concentra su un panel di circa 3.000 medie-grandi imprese”.
Secondo la ricerca, l’interesse concreto si concentra in pochi settori: banche, TLC & Media, Energy & Utilities. Ma anche all’interno di questi ambiti, le imprese che hanno già avviato progetti di intelligenza artificiale restano una minoranza. “È strano – osserva l’AD – perché per gli studenti l’AI è quotidianità; nelle grandi organizzazioni, invece, è ancora marginale. Le aziende cercano concretezza. Senza ROI, nessun investimento è giustificabile”. La diffidenza, secondo Scaccabarozzi, si vince solo con i fatti: “Il 50-70 % delle aziende valuta l’AI solo attraverso proof of concept. Vogliono vedere se le promesse sono reali e stimare i ritorni su scala. L’interesse reale si misura nei processi in cui nascono POC o progetti reali”.
Uno studio McKinsey, pubblicato nel marzo 2025, evidenzia come i settori più attivi siano marketing and sales e lo sviluppo di prodotti e servizi. Seguono IT, service operations, knowledge management, software engineering, risorse umane, finance. In particolare, l’area sales & marketing è ad alto investimento con ritorni spesso incerti, che l’AI può invece ottimizzare per favorire un ritorno, anche a lungo termine. La personalizzazione su larga scala aiuta infatti la fidelizzazione, supporta la crescita e la penetrazione di nuovi mercati.
Cresce l’utilizzo dei dati sintetici
Ad arricchire il quadro, Mirko Gubian, Global Demand Senior Manager & Partner di Axiante, mette in luce un ambito emergente: “Una delle aree in più rapida crescita è quella dei dati sintetici, che aiutano a passare dai POC ad applicazioni reali di AI e machine learning. Secondo Gartner, nel 2024 oltre il 50% dei dati per allenare modelli di AI, Advanced analytics o di machine learning è stato generato in modo sintetico”. I benefici sono concreti: in primis, la privacy, perché è possibile eliminare il dataset originale e usare versioni anonimizzate; segue il costo, perché la generazione sintetica è più economica della raccolta reale.
“Oggi GAN – Generative Adversarial Network (Reti Avversarie Generative) – un tipo di modello di apprendimento automatico in cui due reti neurali competono tra loro – e VAE, autoencoder variazionali – modelli generativi utilizzati nel machine learning per generare nuovi dati sotto forma di variazioni dei dati di input su cui vengono addestrati -, sono in grado di generare dati tabellari utili, per esempio, per simulare comportamenti di acquisto o prevedere abbandoni. Lo stesso vale nel manufacturing, per la manutenzione predittiva”. Axiante è già impegnata su diversi progetti che integrano questi approcci. Tuttavia, Gubian sottolinea l’importanza di competenze solide: “Servono data scientist capaci di gestire anche i problemi presenti nei dati di origine”.
Gartner sostiene che il 90% dei dati che verranno utilizzati entro il 2030 per allenare modelli di AI o machine learning sarà generato sinteticamente.
CDP e Customer Intelligence: l’importanza del dato
Nel disegno strategico di Axiante, anche il rapporto con il cliente è oggetto di innovazione. Antonio D’Agata, Strategic Accounts Director & Partner di Axiante, illustra l’evoluzione dei dati nel rapporto con il cliente: “Due tecnologie stanno crescendo molto: la Customer Data Platform (CDP) e la Customer Intelligence. Sono entrambe fondamentali in settori dove il cliente è al centro – retail, banche, assicurazioni, sanità, travel – ma hanno ruoli distinti”. La CDP raccoglie e unifica i dati dei vari touchpoint per costruire un profilo cliente unico. È un’area molto tecnica. La Customer Intelligence analizza questi dati, segmenta l’informazione, anticipa i comportamenti, migliora la customer experience. È un’area a forte vocazione marketing.
Entrambe le tecnologie sono potenziate dall’AI: nella CDP, l’intelligenza artificiale è importante per l’identity resolution, cioè per riconciliare dati eterogenei; nella Customer Intelligence, l’AI genera insight, individua cluster a rischio abbandono e ottimizza il customer journey.
Secondo D’Agata, la spinta all’adozione arriverà dalla necessità di personalizzare le offerte e, nel contempo, di rispettare le normative su privacy e GDPR. A livello globale, il mercato CDP è destinato a crescere da 5,7 miliardi di dollari nel 2024 a 24 miliardi di dollari entro il 2029, on un tasso di crescita del 34%. In Italia, l’adozione è ancora contenuta, ma promette di espandersi grazie al cloud e all’AI generativa.
L’AI come leva per la produttività
In chiusura, Scaccabarozzi richiama l’attenzione sulla missione di Axiante: “Siamo un Business Innovation Integrator: portiamo innovazione per creare valore reale, integrando le tecnologie più avanzate. Siamo partiti anni fa dalla business intelligence, per poi affiancare forecasting e predictive analytics. Ora vogliamo far decollare l’AI sui dati: l’Italia ha un problema storico di produttività, confermato dai dati Eurostat, e l’AI può essere l’elemento che inverte la rotta. Anche alla luce dei bassi salari. Ma l’AI non va intesa come un semplice strumento, bensì come una collega o una collaboratrice che potenzia le nostre attività quotidiane. Diventando più produttivi, potremo ambire a una retribuzione economica più giusta”.