Superintelligenza clinica, la corsa è iniziata

Superintelligenza clinica, la corsa è iniziata

Ma attenzione alle buche: è in gioco il potere di anticipare, decidere e curare. L’AI di Microsoft mette in discussione il ruolo del medico oppure lo aumenta oltre i limiti attuali?

Vi racconto una storia. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale. O quasi. Era una sera qualunque. Appena uscito dalla palestra, il nostro protagonista si sentiva davvero in forma. Lo smartwatch si congratulava con lui per l’allenamento completato, mentre risaliva in sella allo scooter. Ma bastò una curva mal illuminata, una buca invisibile, e il corpo volò sull’asfalto. Se fosse stato più pesante, l’impatto avrebbe potuto essere fatale. Ma era ancora abbastanza agile: istinto e fortuna fecero il resto. Riuscì ad attutire la caduta con le mani, salvando la testa.

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Successe tutto a pochi metri dalla Stazione Termini, nel cuore di Roma. Un uomo visibilmente ubriaco si avvicinò dicendo di aver visto l’incidente, parlando di un’auto pirata. Non era vero. La caduta era stata accidentale. Mentre il buio si faceva più fitto, il dolore cominciava a farsi sentire. Serviva solo un po’ di ghiaccio – pensava. Ma fu l’inizio di un’altra storia. Il trauma ai polsi fu sottovalutato. Le prime radiografie furono lette in fretta. La diagnosi, imprecisa. Una seconda lastra, eseguita pochi giorni dopo, portò a un’altra interpretazione errata. Solo mesi più tardi – dopo decine di consulti, ritardi, liste di attesa e tanto dolore – si scoprì la verità: entrambe le fratture richiedevano un intervento chirurgico.

Non si trattò di un caso negligenza, ma di una catena di errori diagnostici e di letture imperfette, ciascuno apparentemente giustificabile. Ora chiediamoci: e se accanto al medico ci fosse stato un sistema avanzato di intelligenza artificiale? Se un algoritmo addestrato su milioni di casi clinici avesse affiancato l’interpretazione umana? Avrebbe forse riconosciuto l’anomalia già dalla prima immagine? Il nostro protagonista avrebbe potuto evitare mesi di dolore e di costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale?

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BIG TECH E AI: LA CORSA È INIZIATA

La questione non riguarda solo il nostro amico. Il settore della salute digitale e dell’intelligenza artificiale applicata alla medicina sta vivendo una vera esplosione. Secondo Galen Growth, il mercato globale dell’AI nella sanità ha raggiunto i 32,3 miliardi di dollari nel 2024 e potrebbe arrivare a 431 miliardi entro il 2032, con una crescita annua composta tra il 36% e il 38%. Solo nel primo trimestre del 2025, gli investimenti nel settore digital health hanno superato i 6,3 miliardi di dollari, segnando un aumento del 2% rispetto all’anno precedente, trainati da mega-deal e da un interesse crescente delle big tech. FierceHealthcare conferma che, negli USA, le startup AI healthcare hanno raccolto 7,2 miliardi di dollari nel 2024, con ulteriori 2,8 miliardi già investiti nei primi mesi del 2025, e proiezioni che puntano a superare gli 11 miliardi entro fine anno. Microsoft ha investito quasi 20 miliardi di dollari per l’acquisizione di Nuance nel 2022 e, nel 2025, ha lanciato Dragon Copilot, adottato da organizzazioni come Northwestern Medicine. Al suo fianco, Google, Amazon, Nvidia, Apple, Oracle, Salesforce e Palantir, con strategie sempre più aggressive per conquistare il futuro della medicina.

Il progetto più ambizioso di Microsoft si chiama MAI Diagnostic Orchestrator (MAI-DxO), presentato nel paper intitolato Sequential Diagnosis with Language Models”. Di cosa si tratta? È un software diagnostico basato su intelligenza artificiale che simula un panel virtuale di specialisti, replicandone il ragionamento. Testato su 304 casi clinici reali pubblicati dal New England Journal of Medicine, ha raggiunto un’accuratezza dell’85%, contro il 20% ottenuto dai medici in assenza di strumenti di supporto. Il cuore del sistema è il meccanismo chiamato “chain of debate”, in cui modelli diversi – come OpenAI GPT, Google Gemini, Anthropic Claude, Meta LLaMA e xAI Grok – discutono tra loro, proponendo ipotesi diagnostiche, esami, interpretazioni e valutazioni di costo, proprio come farebbe un’équipe medica multidisciplinare.

DATI, BIAS E FIDUCIA

Come ha reagito la comunità medica? Le reazioni, ovviamente, non si sono fatte attendere. Su Reddit, un medico ha definito l’AI come una sorta di “infermiera virtuale tascabile”: utile, certo, ma non paragonabile al contatto umano. Altri utenti condividono esperienze di diagnosi errate, auspicando che sistemi di questo tipo possano contribuire a evitarle in futuro. Tuttavia, nei forum specializzati, si critica il benchmark scelto per i test, giudicato troppo semplice rispetto alla complessità della realtà clinica. Oltre a Microsoft, altri attori importanti stanno facendo passi avanti. Google DeepMind ha lanciato Med-PaLM e Med-Gemini, modelli linguistici multimodali addestrati su dati clinici, capaci di superare l’esame USMLE e di ragionare in modo sofisticato. Hippocratic AI sviluppa assistenti clinici vocali dedicati al triage e all’empatia, mentre Babylon Health continua a offrire servizi di telemedicina e diagnosi via app.

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E in Europa? La startup berlinese Ada Health propone soluzioni basate sull’analisi di sintomi e dati clinici, già integrate in diversi sistemi sanitari. In Italia, PatchAI, ora parte di Zambon, lavora su interfacce conversazionali per migliorare l’aderenza terapeutica. Tuttavia, l’ecosistema resta ancora molto frammentato. Permangono alcune criticità importanti, come i bias nei dati, la scarsa rappresentazione di alcune etnie e l’eccessiva fiducia dei pazienti nelle risposte automatiche. Alcuni studi dimostrano, infatti, che gli utenti attribuiscono all’AI lo stesso livello di autorevolezza di un medico, anche quando vengono commessi errori. E lo ammetto: capita anche a me di inserire le mie cartelle cliniche su ChatGPT o Claude per creare un database personale e ricevere promemoria su esami da ripetere. Ma sono consapevole che la macchina ha dei limiti e che la medicina è fatta anche di sguardi, ascolto e tanta empatia.

LA MEDICINA DEL FUTURO

Molti medici su X ricordano che curare non è solo diagnosticare, ma soprattutto comunicare. E nelle aree rurali o nei pronto soccorso affollati, le sfide sono anche, e soprattutto, sociali e organizzative. L’AI ha bisogno di un sistema che la sappia integrare, ma anche governare. In Italia il dibattito è ancora più acceso. Da un lato si intravede la possibilità di colmare divari territoriali, soprattutto nelle regioni a bassa densità di specialisti. Dall’altro si riconosce la necessità di investimenti strutturali, digitalizzazione e linee guida etiche chiare. MAI DxO di Microsoft rappresenta un passo avanti straordinario nella diagnostica, ma il suo valore massimo si otterrà solo in alleanza con l’esperienza clinica.

La medicina del futuro realizzerà il suo massimo potenziale nella sinergia tra persone e algoritmi: la vera sfida non è più se funzionerà, ma come decideremo di sfruttarla. Mentre ci interroghiamo sul futuro della sanità tra dieci anni, c’è chi guarda le proprie mani, ripensando a un’esperienza vissuta: quell’urto improvviso, il dolore che non passava, gli errori che avrebbero potuto essere evitati. Forse, la vera evoluzione comincia proprio lì, dal desiderio umano di non dover più affrontare simili sofferenze. L’evoluzione ci conduce inevitabilmente oltre: verso un’intelligenza artificiale che supporta l’essere umano, per l’essere umano. Perché, come ricordava William Osler, uno dei padri della medicina moderna: «La medicina è l’arte dell’incertezza e la scienza della probabilità». In fondo, data science e intelligenza artificiale non è poi così lontane da quella visione. Entrambe cercano di illuminare l’incertezza, offrendo strumenti per affrontare la complessità, senza mai perdere di vista che al centro resta sempre la persona. Dall’alleanza tra tecnica e compassione si gioca il futuro della medicina.

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