Cittadinanza digitale

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Il 2025 è l’anno europeo dell’educazione alla cittadinanza digitale. Il tema non è più solo sociale o educativo: è un fattore strategico per la competitività delle imprese. L’UE riconosce l’importanza di assicurare che tutti abbiano le competenze necessarie per partecipare in modo responsabile, efficace e sicuro al mondo digitale.

Questa iniziativa parte – ovviamente – dall’alfabetizzazione informatica dei cittadini, importante per accedere a dati e documenti in modalità digitale e per comunicare con la pubblica amministrazione tramite strumenti digitali semplici, rapidi e con pieno valore giuridico. C’è molto da fare: secondo l’ultimo rapporto di Eurostat, del maggio scorso, il 44% della popolazione europea – stiamo parlando di oltre 150 milioni di persone – non ha competenze digitali di base, quindi non sa cercare informazioni online, inviare email o altre comunicazioni, installare software, proteggere i dati personali o creare contenuti digitali.

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La scarsa alfabetizzazione digitale è anche una delle ragioni per cui i servizi di e-government non vengono ampiamente utilizzati: tra tutti coloro che hanno navigato su Internet negli ultimi 12 mesi, solo il 47% lo ha fatto per consultare e verificare informazioni dai siti web delle autorità pubbliche. Nella classifica delle competenze digitali, l’Italia è agli ultimi posti in Europa, quasi dieci punti sotto la media europea e ben lontana dai Paesi più virtuosi, che hanno già raggiunto l’obiettivo dell’80% di alfabetizzazione digitale, fissato dall’UE per il 2030. Come è prevedibile, la maggior parte dei più giovani tra i 16 e 34 anni ha competenze almeno di livello base, mentre i meno preparati sono i più anziani, dai 55 ai 74 anni. La riduzione del divario digitale è la pietra miliare su cui si basa questa iniziativa: cittadini più competenti potranno navigare con consapevolezza nel mondo digitale, sapranno difendersi meglio da truffe online, phishing, furti d’identità sulla rete, atteggiamenti aggressivi, e avranno un’educazione alla privacy sia per mantenere la propria sia per rispettare quella degli altri, indispensabile nell’era della raccolta massiva di informazioni sensibili.

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Inoltre saranno in grado di distinguere più facilmente le notizie vere dalle fake news, limitando così la diffusione di contenuti falsi o dannosi. L’obiettivo di questo Anno Europeo, tuttavia, non è limitato alla formazione tecnologica dei cittadini, anzi è molto più ambizioso: far sì che il maggior numero possibile di cittadini europei possa partecipare attivamente alla vita democratica elettronica.

Educare alla cittadinanza digitale non è solo una questione di inclusione, ma un investimento strategico per l’intero sistema economico. Significa promuovere una cultura del rispetto – dei diritti umani, del pluralismo, delle differenze – e al tempo stesso rafforzare le basi della competitività. Le imprese hanno una responsabilità crescente in questo percorso: formare cittadini digitali consapevoli vuol dire ridurre i rischi, aumentare la produttività, prevenire errori, proteggere dati e persone. Un ecosistema digitale maturo è anche un ecosistema più sicuro, più efficiente, più equo. E oggi, più che mai, nessuna organizzazione può permettersi di restarne fuori. Questo Anno Europeo può e deve rappresentare l’avvio di un percorso virtuoso: un appello all’azione rivolto a scuole, imprese e società civile, affinché si facciano parte attiva nella costruzione di una cultura digitale consapevole. Investire nell’educazione alla cittadinanza digitale è una scelta strategica quasi obbligata: per vivere – e lavorare – pienamente “onlife”. Sapremo raccogliere questa sfida o sarà un’occasione persa?