Cloud computing in sanità: una sfida per migliorare i servizi

Abbattimento dei costi, possibilità di rapidi aggiornamenti ed innovazione continua tra le opportunità emerse al convegno “Cloud computing per la sanità digitale” in corso a Castelfranco Veneto. Tra le criticità, invece, un impianto legislativo da adeguare

“Crollano i costi investendo nel cloud computing ma dall’altra parte, emerge la necessità di non perdere i dati e di creare sistemi che ne garantiscano la massima protezione”, è quanto prefigurato dal professor Burton Lee, della Stanford University School of Engineering (California, USA), durante il convegno di oggi a Castelfranco Veneto (Tv) su “Cloud computing per la sanità digitale” che vede la presenza di oltre 250 persone in provincia di Treviso, tra direttori di Ulss, responsabili dei Servizi informativi ed esperti.

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Un convegno che costituisce la prima sessione di una serie internazionale che proseguirà con la riunione di Global Forum del prossimo 7-8 novembre 2011 a Bruxelles e con il convegno a febbraio 2012 che si terrà a Tel Aviv e che corre lungo il doppio binario della ricerca di efficienza e qualità e della sicurezza e protezione dei dati.

Il convegno è iniziato con le parole del dottor Renato Mason, direttore generale dell’Ulss 8, e di Carlo Mochi Sismondi, presidente di Forum Pa, i quali hanno evidenziato come l’innovazione del cloud computing rappresenti un’occasione per la Pubblica amministrazione.

Il dottor Mason, in particolare, ha parlato di crescita della qualità, mentre Carlo Mochi Sismondi della necessità di superare le ultime resistenze della Pubblica amministrazione nei confronti delle innovazione tecnologiche.

Quindi è intervenuto il professor Burton Lee che ha sottolineato l’evidente investimento che gli Stati Uniti fanno nel cloud computing ed in particolare del cloud computing in sanità, con una previsione di crescita esponenziale nei prossimi anni soprattutto nella gestione delle strutture per il benessere della persona. Burton Lee ha parlato di una riduzione dei costi che va dal 30% al 70%, di possibilità di aggiornamento hardware e software molto rapido e della diffusione di best practices.

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“Del resto – ha detto il professor Lee – quando un solo server lavora con i dati di più aziende, di fatto, sostituisce decine di server locali e ottiene un consistente risparmio. Ormai negli Stati Uniti è fiorente il mercato della sanità in rete che integra i devices mobili con i sensori per la rilevazione dei dati corporei e la rete ed il web per inviare i dati al cloud e quindi agli specialisti sanitari”.

In Europa le cose viaggiano a minore velocità rispetto agli Stati Uniti e in Italia l’impostazione è pubblica. Non si fa un ragionamento di costi e ricavi di costi e contributi dello Stato. Nel convegno è emerso che le risorse che il pubblico investe nella sanità possono però essere investite in maniera più efficiente e migliorando la qualità proprio utilizzando il cloud computing.

“Importante, soprattutto nel contesto europeo, dove la concorrenza tra fornitori privati non è ancora sviluppata come negli Stati Uniti – ha spiegato Jonathan Cave, RAND Europe (Belgio) – è agire sulla regolamentazione in modo tale da evitare il monopolio nella fornitura dei servizi in cloud computing.

Opportunità, quelle offerte dal cloud computing, valide non solo per le aziende sanitarie strutturalmente e tecnologicamente evolute, ma anche per quelle aziende tecnologicamente in ritardo. “Grazie al cloud computing – ha spiegato Il dottor Mario Po’, direttore amministrativo dell’Ulss 8 di Asolo – le aziende poco evolute posso evitare molte fasi di un impianto digitale e risparmiare perché non è più necessario avere una propria piattaforma tecnologica e si può limitare la dimensione della struttura ICT aziendale. E’ inoltre sufficiente una competenza informatica aziendale di medio livello e, infine, molti interventi di customizzazione dei servizi diventano superflui”.

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Assieme ai potenziali vantaggi offerti dal cloud computing, non mancano, però, delle criticità: “Il mercato europeo è ormai maturo per il cloud – ha osservato Paolo Balboni dell’Istituto Italiano Privacy, European Privacy Association ed ICT Legal Consulting -. Pure le strutture sanitarie sono pronte. ll problema, semmai, è la grossa fluidità delle regole legali cioè la presenza di legislazione che non facilita la migrazione verso il cloud e che richiede un adeguamento sempre più veloce in termini di trattamento dei dati personali e privacy”.