Blogosfera Anno Zero

Nell’arco di una settimana si sono concentrati cinque eventi uno più colossale dell’altro. Dall’accavallarsi dei relativi cinguettii è nato un lungo e a tratti sconcertante dibattito sullo stato dell’arte della blogosfera italiana

La settimana di fuoco dei social media

Illustri Manager Digitali, la settimana appena trascorsa è stata particolarmente piena. A Torino si è svolta la Social Media Week, cui ho partecipato con un intervento sul “Lato Oscuro della Rete” e con una hangout dedicato ai processi di Co-creazione… A Roma si è abbattuto prima il ciclone del lancio dell’Huffington Post presentato da Arianna Huffington in persona, poi l’uragano del Techcrunch Italy dedicato alle start up, infine la bufera del TEDx Transmedia… Ultima in ordine di tempo ma non per importanza si è svolta la tradizionale Blog  Fest di Riva del Garda.

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Ovviamente ciascuno degli eventi di cui sopra ha tenuto banco tra i cinguettii dei temi di tendenza, con accenti e toni differenti, sviluppando un dibattito pubblico assai interessante soprattutto su temi quali start up e figura professionale del blogger.

Questioni di Forma

L’evento che sicuramente ho trovato più gradevole per i miei standard è stato quello della Social Media Week di Torino, salito tra i temi di tendenza spontaneamente solo grazie alle conversazioni di chi seguiva gli eventi dal vivo e via streaming. Mi ha ricordato molto la bella esperienza del BWENY di New York: una comunicazione priva di ansia da prestazione, chiara e pertinente. Una volta tanto si leggeva tanto “segnale” senza rumore. La scelta di aver “spinto” poco nei giorni precedenti la manifestazione che inizialmente mi aveva lasciato perplesso, alla fine si è rivelata vincente.

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Invece ho trovato molto “curiosa” la comunicazione degli eventi legati al lancio di Huffington Post. In pratica la totalità di chi faceva la cronaca via twitter dell’evento nel raccontare le parole di Arianna Huffington procedeva sostanzialmente così: “@ariannahuff TRADUZIONE DEL VERBO DI ARIANNA #hashtag-dell’evento.” Evidentemente avevano dimenticato che su twitter se si inizia un post con una menzione possono leggerlo solo i following che seguono sia il cinguettante che il cinguettato… Oppure eravamo di fronte al solito fenomeno di “quelli che se la suonano e se la cantano da soli”, che cercavano di mostrare alla Huffington le proprie capacità di traduttori. Sconcertanti.

La palma dell’evento più controverso va sicuramente alla BlogFest, che ad un certo punto ha generato perfino il contro-tema di tendenza #derivadelgarda e i Vendommerda Awards 2012. Qui penso che la deriva polemica non sia derivata da chi faceva la cronaca dell’evento, ma dalla (strampalata) evoluzione che ha avuto la manifestazione. La Blog Fest per anni è stata l’evento di riferimento della blogosfera italiana. Un evento centrale ed importante per chiunque fosse appassionato a questa peculiare forma di comunicazione. Con gli anni si è arrivati a questo meta-evento in cui confluiscono senza soluzione di continuità premiazioni di VIP, giornalisti, testate online, siti internet di ogni genere e grado… in cui il lettore perplesso alla fine si chiede: ma che c’entrano i blog?

L’eterna infanzia dell’industria e dell’editoria digitale

Passando ai contenuti, nel dibattito cinguettante sulle start up si sono ripetute le medesime storture comunicative già esaminate ai tempi dell’acquisizione di Glancee da parte di Facebook.

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Rimando alle osservazione effettuate allora, ribadendo l’assoluta immaturità delle conversazioni sul tema anche tra professionisti del settore.

L’industria digitale esiste da decenni, eppure in Italia se ne parla sempre come una “novità” sottratta alle regole della produzione industriale e del buonsenso.

Il blogger novello contadino digitale

Sul versante del figura professionale del blogger invece si è aperto un lungo e vibrato dibattito sulla necessaria gratuità dei loro contributi. Hanno echeggiato nei cinguettii le dichiarazioni di Lucia Annuziata, che, nel solco della linea editoriale di Arianna Huffington, ha equiparato i blog a opinioni/commenti generati dalla comunità dei lettori della testata online, ribadendo l’assoluta gratuità di tali collaborazioni.

Tra i dibattiti emersi su Twitter segnalo quello tra Domitilla Ferrari, Rocco Rossitto e il direttore del Fatto Quotidiano Peter Gomez. Penso che sia il contraddittorio che meglio rappresenta lo stato dell’arte sulla questione:

* da un lato le testate online considerano il blog un contenuto intellettuale molto meno interessante e valido di un contenuto giornalistico, alla stessa stregua di un articolato commento della propria community di lettori;

* dall’altro i blogger rivendicano l’assoluta originalità dei propri contenuti e la necessità di un superamento dell’attuale modello del “contadino digitale”, che per un pugno di visibilità fornisce gratis ai Signori della Cloud (i meta-editori) i contenuti che ne garantiscono il successo;

* dall’altro c’è chi come Silvio Gulizia fa notare l’assoluta ipocrisia di un simile dibattito tenuto conto di quanti contenuti immettiamo quotidianamente gratis in Rete ogni giorno.

Conclusioni

Concludendo, illustri Manager Digitali, al termine di questa settimana esco con le idee un po’ più confuse di come l’ho iniziata.

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Mi inizio a chiedere: noi internauti abbiamo ancora coscienza di cosa sia un blog e cosa rappresenti essere un blogger, o nel tremendo mash-up esistenziale in cui viviamo, ormai abbiamo ridotto tutto alla versione juniores e deteriore del giornalismo?

Il solito paradosso da Fattoria degli Animali, in cui uno strumento nato per scardinare una struttura di potere, alla fine ne diventa lo scimmiottamento.

>> Vedi tutti gli altri articoli della rubrica “Cinguettii” a cura di Giovanni Scrofani