Il terremoto dei Social Media

In Emilia la terra trema, le persone muoiono, una delle economie più produttive del nostro sistema- paese va in ginocchio, il nostro patrimonio storico culturale paga un prezzo durissimo… e sui Social Media è un carosello di Maya, macchine genera terremoti, sciacallaggi mediatici, che raccontano un’Italia completamente sprofondata nella Guerra dei Sogni.

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Illustri Manager Digitali nelle ultime due settimane purtroppo l’hashtag #terremoto ha tenuto banco in ogni declinazione possibile.

Mentre l’Emilia veniva sconvolta da un impressionante sciame sismico, che ha mietuto numerose vittime, segnando duramente popolazione e territorio, nei social network si assisteva a una sorta di folle esplosione di esternazioni.

Mai come nel caso del terremoto dei giorni scorsi, si è potuto assistere ad un utilizzo più autoreferenziale di Twitter.

 La cosa devo dire mi ha molto colpito, perché eccettuato qualche caso oserei dire “illuminato”, per il resto si è potuto assistere a una sorta di anti-comunicazione.

In alcuni frangenti si poteva addirittura avere la percezione che centinaia di migliaia di persone avessero iniziato contemporaneamente a parlare ad un muro. I tweet spesso non sembravano rivolgersi a nessuno, né alcuno sembrava darsi la pena di leggerli o commentarli. Si assisteva a una compulsiva immissione nella Cloud di materiale.

L’importante per molti non era capire, non era informarsi. L’importante era esternare qualunque cosa anche a costo di fare una imperdonabile figuraccia.

Se poi ciò che si esterna sono le solite assurdità sui Maya, le solite fantasticherie di pseudoscienza sul Progetto HAARP, i soliti mugugnii autoreferenziali, i soliti sciacallaggi mediatici, le solite battute ad effetto alla ricerca di un retweet… beh allora c’è qualcosa che davvero non funziona.

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E ciò che non funziona non è il media.

Ciò che non funziona sono le persone che utilizzano quel media.

Internet venti anni fa’ ci sembrava qualcosa che avrebbe potuto cambiare il mondo, addirittura le nostre menti e l’idea di identità.

Oggi è desolante constatare che l’utilizzo che viene fatto da molti dei social media è simile a quei bambini che si circondano di barbie e pupazzi di pezza, per recitare per sé stessi, elaborando le proprie fantasie e i propri sogni.

Quanto sopra fatto da un bambino di quattro anni è una importante tappa nello sviluppo psichico e cognitivo… Fatto da trenta/quarantenni suscita curiose riflessioni sui fenomeni regressivi.

E’ internet che ci rende più stupidi, o siamo noi che stiamo rendendo internet più stupido?

Come cittadino mi sono anche seriamente interrogato sul funzionamento dell’Ordine dei Giornalisti.

Le peggiori assurdità del caravanserraglio fantascientifico/complottista, infatti, sono pervenute da link che rimandavano a testate online e a firme di giornalisti.

Penso che, se un medico consigliasse ai propri pazienti di curarsi con il voodoo, un paio di problemi con il proprio Ordine dovrebbe passarli…

Penso che, se un avvocato nel consigliare i propri clienti utilizzasse come riferimento normativo il “Manuale delle Giovani Marmotte”, un paio di tiratine di orecchi dovrebbe riceverle…

Invece misteriosamente, mentre per i blogger si pensano leggi bavaglio, si smuovono a polemizzare e concionare persino Ministri della Repubblica, parecchi giornalisti possono impunemente sparare ogni boiata pazzesca che gli salti per la mente, senza neppure avere il buon cuore di presentarla come una opinione…

E quando un giornalista riporta come “fatti” proprie opinioni, sogni, vaneggiamenti, l’effetto nei Social Media è come lanciare un sasso in uno stagno. Tutto viene amplificato, ridondato, ripostato senza neppure capire. Spesso mi rendo conto che ci sono un sacco di persone ormai ridotte a simpatiche Scimmiette Spaziali che, se leggono una parola chiave accanto a un link, retwittano per principio, senza neppure darsi il disturbo di leggere l’articolo, che stanno diffondendo.

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Penso che Giuseppe Lanzi e Alessio Jacona, rispettivamente con “Davvero #Twitter non serve alla #ProtezioneCivile? @ecosofista per #ProCivTw” e “Terremoti: a cosa serve Twitter “ abbiano spiegato con ammirevole chiarezza quali potrebbero essere le prospettive aperte dai nuovi Media di fronte a calamità naturali.

Che dire? E’ tremendo vedere come un media che potrebbe fornire uno strumento utilissimo nella circolazione delle informazioni, nella gestione delle emergenze, nella diffusione di notizie vere, venga utilizzato alla fine solo per buttar fuori il niente.

Tuttavia va notata la sostanziale salubrità della Rete. Al verificarsi di ogni massiva immissione di materiale  degenere gli utenti più consapevoli di Twitter hanno reagito compatti da un lato rispondendo per le rime a complottisti e catastrofisti, dall’altro stigmatizzando a viva forza i tentativi di sciacallaggio.

Segno che, almeno per ora, simili forme di spam biologico sono ancora vissute come un corpo estraneo e per fortuna gli anticorpi sembrano forti.

>> Vedi tutti gli altri articoli della rubrica “Cinguettii” a cura di Giovanni Scrofani