Cisco: The network is the society

covs_1


foto di Lorenzo Ceva Valla



25 anni fa i suoi router hanno portato la rivoluzione di Internet nel mondo aziendale. Oggi Cisco Systems ha un ruolo – e una responsabilità – non meno fondamentali nella nuova fase di una rete che sta trasformando il nostro modo di lavorare, imparare, divertirci, vivere


Se anche per Internet fosse esistita come per il personal computer una campagna pubblicitaria centrata sullo slogan “inside”, non ci sarebbero molti dubbi su quale brand tecnologico associarle. Il marchio di Cisco (www.cisco.com) è stato e rimarrà per sempre legato al concetto molto concreto di “router”, il computer specializzato utilizzato per smistare, o “instradare” i pacchetti di informazione da e verso Pc che non sono direttamente connessi tra loro. Fu questo il punto di origine per un’industria di apparati che ha trasformato per sempre l’informatica aziendale, realizzando la visione che si riassumeva nella metafora attribuita ai fondatori di Sun Microsystems John Gage e Scott McNealy, “the network is the computer” e oggi con le cosiddette Next generation network, si estende anche alle grandi infrastrutture di Tlc pubblica.

Il router continua a essere fondamentale in un portafoglio di prodotti e servizi di Cisco, che prosegue di conseguenza a puntare sulla tecnologia e la cultura della Rete, della collaborazione tra macchine e utilizzatori di queste macchine. Di poche settimane fa è la notizia della nascita del router Cisco CRS-3, capace di raggiungere una velocità di commutazione spaventosa, 322 terabit al secondo, triplicando quella disponibile nella versione precedente dell’apparato. Secondo il Silicon Valley Insider è una velocità sufficiente, in linea teorica, per consentire a un miliardo di persone di effettuare una videochiamata.

Sono dispositivi come questo, racconta a Data Manager David Bevilacqua – dallo scorso anno alla guida di Cisco Italia nel ruolo di amministratore delegato nonché vice president di Cisco, dopo essere stato responsabile a livello corporate di una regione europea comprendente Romania, Bulgaria, Moldavia, Slovacchia e Paesi Baltici – ad alimentare «la vision di ciò che Cisco ama definire Connected World. In cui la tecnologia ci aiuta a fare praticamente tutto, vivere, lavorare, imparare e trascorrere il tempo libero». Come è avvenuto in passato per quasi tutti i grandi pionieri tecnologici, la missione ultima di Cisco, sottolineano Bevilacqua e i suoi stretti collaboratori, che Data Manager ha incontrato nel quartier generale dell’azienda a Vimercate alle porte di Milano, non è solo quella della fucina industriale dei router, degli altri prodotti e dell’incredibile mole di software che circonda e anima tutto questo “ferro”. Rientrano in questa missione le iniziative di alfabetizzazione e formazione tecnica come la Networking Academy, che connotano tra l’altro un ulteriore, fondamentale ruolo di una grande corporation che vuole essere nel senso più ampio protagonista della nostra modernità: dare un contributo alla società nel suo insieme, restituire in termini di potenziale di crescita e affrancamento ciò che Cisco e altre aziende ricevono dai loro clienti, dal mercato azionario e naturalmente dal mercato del lavoro.

Attraverso una lunga serie di acquisizioni, per anni decise a livello corporate da un manager italiano, Michelangelo “Mike” Volpi (ultima in ordine cronologico quella dello specialista norvegese di teleconferencing Tandberg, appena approvata dalle autorità antitrust europee), sembra che Cisco abbia voluto lanciare un messaggio preciso ai suoi tempi: “abbracciare determinate scelte tecnologiche è l’unica possibilità di crescere, soprattutto quando la situazione economica si fa difficile”. «Proprio per questo – sottolinea Bevilacqua – Cisco vuole essere un esempio anche con il suo comportamento di tutti i giorni. In piena crisi abbiamo continuato a investire, mettendo in atto non una politica di risparmio conservativo, bensì di “save to invest”. Per predicare meglio il concetto di collaborazione siamo diventati noi per primi grandi utenti di tecnologie per meeting virtuali come TelePresence, con un risparmio di 360 milioni di dollari». Il messaggio che Cisco intende veicolare con il suo focus sugli strumenti della collaboration e della virtualizzazione delle risorse di calcolo e networking, non si esaurisce sul piano dell’economia e della produttività aziendali, ma punta a lungo andare su una forte ricaduta in termini di minor impatto ambientale e riduzione della “footprint” delle emissioni di anidride carbonica.

comp_1_covs 

E’ insomma una Cisco che, dopo aver reso possibile un’infrastruttura prima impensabile come Internet, oggi vuole dominare la nuova fase del cloud computing. Per dirla con Giorgio Pignataro, veterano di Cisco Italia che oggi ricopre il ruolo di responsabile vendite per il mercato enterprise: «Siamo ancora costruttori di infrastrutture, ma se un tempo l’obiettivo era far parlare le macchine, oggi facciamo parlare tra loro persone e ogni tipo di dispositivo. Le nostre infrastrutture sono intelligenti, riescono a far comunicare tutti, ovunque si trovino».
Per riuscire a portare sul mercato tutto questo, Cisco, spiega ancora Bevilacqua, ha scelto di definire tre grandi aree di intervento architetturale che diventano altrettante chiavi di volta della sua offerta, “uniche” ma applicabili in modo differente a livello di grandi e medie aziende, oltre che di Pubblica amministrazione.

Tre le focalizzazioni

Vediamo quali sono queste tre aree di declinazione di casa Cisco. Borderless network, è la rete senza confini. Diventa sempre più difficile definire precisi confini dello spazio di lavoro, se non da un punto di vista puramente funzionale. I clienti chiedono in altre parole di poter accedere in ogni istante, e soprattutto in qualsiasi situazione, ai dati, ai programmi e a tutte le risorse che un tempo si trovavano dentro all’ufficio. Questi dati e applicazioni sono ovunque nel cloud computing, tutto viene erogato in modalità “as-a-service” come servizio gestibile attraverso la finestra del browser, sul desktop computer come sullo smartphone.


Il secondo pilastro è la collaboration, la collaborazione, l’azienda che grazie a un’unica infrastruttura Ip comunica con se stessa, con i partner, i fornitori e naturalmente i clienti. Come giustamente osserva Bevilacqua, «il livello di apertura che la rete deve garantire, l’affidabilità che è alla base di un’esperienza di collaborazione fluida, veramente senza barriere, sono proporzionali all’incremento di produttività e innovatività che questo modo di lavorare rende possibile». Il grado di naturalezza con cui siamo in grado di interagire in una videoconferenza, o lavorare su uno stesso documento condiviso in un ambiente di “lavagna virtuale”, dipende soprattutto dalla capacità delle tecnologie di offrire modalità operative familiari, che non comportino un particolare sforzo in termini di competenze tecniche e restituiscano, come accade nei meeting virtuali di TelePresence tutte le sottili nuance degli strumenti e delle modalità che siamo abituati a utilizzare nel corso delle nostre interazioni reali.

C’è però un ultimo, terzo filone di intervento con cui Cisco torna alla sua più autentica vocazione enterprise e infrastrutturale: una tematica di vaste implicazioni, quella della virtualizzazione del data center che, con il definitivo affermarsi del cloud computing, si è proiettata di colpo sugli schermi radar della classe imprenditoriale di tutto il mondo. «L’Information technology aziendale – osserva Bevilacqua – oggi è sottoposta a due opposte sollecitazioni. La pressione del management e dei processi sulle prestazioni erogate dall’infrastruttura, e la necessità di assicurare queste performance senza incidere sui costi, addirittura introducendo risparmi e nuove economie di scala». Il tutto, conclude il responsabile di Cisco Italia, garantendo anche una risposta pressoché immediata, in termini di tempi e capacità di dispiegamento, agli eventuali picchi di richiesta o, viceversa, alle fasi di rallentamento del mercato.

Da qui, prosegue Bevilacqua, deriva l’importanza delle tecnologie di data center Cisco come Unified Communication System che, con un approccio unificato e unificante, dispieghino totalmente le potenzialità della virtualizzazione, a tutti i livelli del business. Come si è detto, la complessa fisicità del data center viene imbrigliata in un involucro tecnologico che la trasforma in un ambiente dinamico, in cui una risorsa di calcolo, storage o connettività viene letteralmente definita via software e messa a disposizione dei suoi utenti in modalità on demand, “as-a-service”.

Cinque aree per l’Italia

Come si stanno declinando queste tre grandi aree di focalizzazione in termini di offerta al mercato? Cisco, risponde Bevilacqua, ha definito una trentina di settori verticali di sviluppo e crescita cui la corporation assegna, nelle diverse realtà geografiche in cui è presente, diversi ordini di priorità. «Cisco Italia si focalizzerà in particolare sui cinque segmenti che, nel contesto nazionale, appaiono i più pronti a integrare le tecnologie di nuova generazione in modo esteso», precisa l’amministratore delegato.

Le cinque aree privilegiate da Cisco Italia riguardano le applicazioni per la smart grid, una tematica che la multinazionale affronta con una offerta end-to-end in grado di gestire in modo più efficiente e affidabile la fornitura e il consumo energetico in un percorso completo, dalla generazione elettrica alla fornitura alle utenze aziendali e residenziali. E’ questo il target realizzativo del progetto pilota che in Italia Cisco ha attuato con Enel.

Seguono ancora il settore dell’immobiliare, che viene indirizzato con una suite di soluzioni di building automation e management, molto orientata all’ottimizzazione dei consumi energetici. Poi abbiamo l’ambito delle smart and connected communities (vedi intervista a Jordi Botifoll, vice president della Regione Mediterranea), dove Cisco si confronta con le sfide dell’urbanizzazione e con la necessità di influire direttamente sugli stili di vita e sulle criticità delle aree metropolitane, dal traffico alla sicurezza. Una quarta area di intervento è per molti versi inattesa perché coinvolge lo sport e spettacolo, due vere e proprie industrie capaci di attirare, nel corso dei loro eventi, enormi masse di pubblico. «La fruizione degli eventi sportivi e le opportunità di entertainment possono essere trasformate già oggi attraverso le tecnologie di rete», spiega Bevilacqua riferendosi al portafoglio di applicazioni Cisco che può assicurare servizi per gli spettatori, opportunità di business e sfruttamento dei propri spazi per squadre e impianti sportivi grazie a soluzioni sperimentate ed evolute nel video, nel wireless, nella distribuzione di contenuti attraverso le reti Ip. Infine il mercato della sanità che vede Cisco attivamente impegnata nella fornitura di soluzioni all’avanguardia tra cui la recente Healthcare Presence, un’applicazione in campo medico della TelePresence, per la prevenzione a distanza. Secondo Bevilacqua, per una corporation come Cisco, i mercati europei, l’italiano in particolare, rappresenta una sfida ancora più stimolante. «I due continenti continuano a essere molto diversi – dice -. Se negli Stati Uniti i chief information officer rispondono direttamente al top management, qui in Europa sono solo tre su dieci a farlo. Negli altri casi, il Cio è alle dipendenze del responsabile delle finanze». L’obiettivo, insomma è abbattere l’antica percezione della tecnologia come costo, trasformarla in consapevolezza dell’informatica come unico, fondamentale fattore abilitante del business.

Reti senza confini

Giorgio Pignataro, braccio destro di Bevilacqua nel coordinamento delle vendite enterprise, è il primo a invocare le aziende italiane a scoprire quella che lui definisce una «forma di intimità» tra i responsabili delle strutture informative e il top management nelle imprese. «Quello che si sta percependo in questo momento di adattamento alla “nuova normalità” del dopo crisi, è la volontà da parte dei capi delle aziende di impegnare i Cio sul fronte di una infrastruttura che si traduca in esperienza positiva per i clienti, per attirarne nuovi e soprattutto fidelizzare i vecchi». Ecco il motivo dell’attenzione che Cisco intende porre nei confronti di aspetti come le reti senza confini e la collaborazione, due armi affilate nelle mani dell’azienda che vuole guadagnare efficienza, snellire gli oneri fissi, impiegare meno tempo per far arrivare al cliente ciò di cui ha bisogno.

I due pilastri dell’offerta Cisco a questo livello sono ovviamente l’ambiente attrezzato per videoconferenze “iper realiste” TelePresence e WebEx, analoga piattaforma di collaborazione e comunicazione visuale interamente Web based. Pignataro sottolinea gli enormi vantaggi che la remotizzazione delle competenze aziendali può rendere possibili anche nei confronti del mercato finale. «Negli Stati Uniti ci sono già grandi banche che allestiscono centri TelePresence nelle loro filiali, per offrire avanzate consulenze di private banking ai loro clienti senza dover spostare fisicamente esperti e promotori finanziari».

Molti dei grandi brand nazionali sono clienti di Cisco, dalla già citata Enel al colosso dell’energia Eni, dalla Fiat Chrysler nel manifatturiero a Unicredit nei servizi finanziari. A queste aziende come al folto settore delle medie e medio-piccole imprese, Cisco – prosegue Pignataro – è in grado di offrire un duplice approccio, che non è solo tecnologico ma, grazie alle attività consulenziali del Cisco “Internet Business Solutions Group”, sta diventando sempre più di servizio e, quando richiesto, di vero e proprio supporto. «Che la situazione attuale abbia messo una stretta alla capacità di spesa è indubbio», riconosce Pignataro avvertendo tuttavia che «Cisco si è posta questo problema e lo affronta con iniziative come Cisco Capital, una struttura di finanziamento che facilita l’adozione delle nostre soluzioni trasferendo anche in questo caso sul piano dell’opex, dei costi operativi, investimenti che avrebbero richiesto un impegno di capitale».

Da quel lontano 1984 Cisco si è evoluta fino a diventare una realtà complessa, capace di interpretare la sua funzione di agente del trasferimento tecnologico nel senso più esteso possibile. L’azienda è per esempio uno dei maggiori utilizzatori delle sue stesse tecnologie, che le consentono di cogliere importanti frutti in termini di ottimizzazione, aumento di efficienza, capacità di reazione. Come racconta a Data Manager Alberto Degradi, responsabile come system engineer leader di tutte le attività di supporto alla vendita per Cisco Italia e la rete dei suoi partner e integratori, l’aspetto dell’ottimizzazione riguarda anche l’impatto che le tecnologie e l’energia che serve ad alimentarle finiscono per avere sul nostro ambiente. In Cisco Degradi ha anche un ruolo innovativo per una azienda italiana, quello di “green ambassador”. «Ai propri clienti Cisco vende innovazione, crescita di produttività. Il suo obiettivo è farlo in modo sostenibile – spiega Degradi -. Non possiamo dimenticare che quello che facciamo va comunque a riguardare la qualità della vita, del lavoro. Le tecnologie possono insomma avere un impatto significativo sulle aziende e sui singoli cittadini».

Leggi anche:  Le eccellenze italiane di Ericsson

 comp_2_covs 

La sostenibilità


Già nel 2006, Cisco adotta una filosofia “verde” che non si limita alla semplice adesione a una serie di normative internazionali, ma prevede un dettagliato insieme di linee guida coordinato dal lavoro di una “Eco-board” costituita, racconta Degradi, da quattordici alti rappresentanti delle funzioni aziendali. «Questa vision si articola in quattro aree di attività – spiega ancora Degradi -. Si tratta in pratica di ridurre l’impatto ambientale delle nostre operation di produttori, di progettare dispositivi sempre più efficienti sul piano energetico, di improntare la nostra offerta in termini di soluzioni e architetture che aiutino i clienti privati e pubblici nel senso della sostenibilità e infine di incoraggiare i nostri stessi dipendenti a un comportamento più virtuoso nell’uso di risorse, all’interno dell’azienda come nella loro vita privata».

Nel 2008 Cisco avvia un piano che nel giro di quattro anni dovrà portarla alla riduzione del 25% del suo complessivo impatto ambientale, misurato in emissioni di Co2. «Nonostante in questo periodo Cisco sia cresciuta come numero di dipendenti – rivela Degradi -, oggi possiamo affermare di essere in netto anticipo sui nostri obiettivi per il 2012». Tra i fattori che hanno determinato un’accelerazione su questo percorso, Degradi cita senz’altro la massiccia adozione di quelle stesse tecnologie proposte ai clienti di tutto il mondo. I meeting virtuali con TelePresence, ormai dispiegata, solo all’interno di Cisco, in settecento sale in un totale di 209 città in 49 nazioni, hanno portato a un risparmio economico e a una forte riduzione delle emissioni che sarebbero state prodotte con le trasferte. «Con il grande vantaggio aggiuntivo di una maggior capacità di decisione, in termini molto più rapidi». Anche il data center, attraverso il consolidamento e la virtualizzazione, contribuisce a ridurre i consumi di energia grazie a un programma specifico denominato Energy Efficiency Data Center. Con l’uso della virtualizzazione del desktop e il telelavoro, Cisco riesce a sfruttare meglio gli spazi in ufficio, riuscendo ad assegnare a più persone la stessa scrivania fisica (il desktop del personal computer e tutte le sue impostazioni viaggiano, virtualmente, al seguito degli utenti) e risparmiando notevoli volumi di energia e spese di conduzione.

Paola Gattoni, direttrice dei Cisco Services, e responsabile in Italia dei programmi di Corporate Social Responsibility, racconta come il Web 2.0 e le tecnologie di collaborazione, con la loro capacità di integrazione e semplificazione delle procedure, diventa un fondamentale strumento di competitività, aiutando al tempo stesso a implementare una politica di gestione delle risorse umane che ha importanti ricadute sulla qualità della vita dei 65mila dipendenti Cisco. «Solo il fatto che sia possibile sostituire la presenza fisica con la presenza virtuale – spiega Gattoni – porta per chi lavora in Cisco a una flessibilità che si traduce in infiniti vantaggi sulla vita individuale e familiare». La missione della Gattoni è coordinare le attività che consento di trasferire questi vantaggi anche all’esterno, nel quadro di una filosofia del “giving back”, della restituzione, che permea profondamente la cultura aziendale, la “Cisco Culture”. Ogni dipendente viene supportato e incoraggiato nelle sue iniziative personali. Cisco per esempio raddoppia le donazioni in denaro effettuate dai singoli e versa dieci dollari per ogni ora di volontariato svolto a beneficio delle associazioni no profit con cui l’azienda collabora. «Abbiamo un gruppo, chiamato Civic Council, che ha l’obiettivo di promuovere le iniziative di giving back sul territorio. Sfruttando la nostra cultura Web 2.0 in Italia abbiamo creato una comunità online: donationbay.it. Questo sito Web funge come una vera e propria bacheca elettronica di servizi comunitari proposti e presi in carico da dipendenti, partner e clienti Cisco. Un’altra modalità di giving back è la donazione di prodotti e soluzioni che permettano di realizzare progetti a elevato contenuto sociale. Per esempio, insieme al nostro partner Lutech, abbiamo realizzato un contact center virtuale che permette di dare sostegno ai malati di cancro».

Leggi anche:  Perché il Retail ha bisogno di una connettività resiliente e sicura

Infine Paola Gattoni ricorda la rete della Networking Academy, presente in 165 nazioni. «E’ un programma di formazione tecnica che riesce a preparare 800mila studenti all’anno. In Italia esiste da dieci anni e ha formato 45mila studenti, un quarto dei quali hanno conseguito una vera e propria certificazione Cisco che consente loro di lavorare come specialisti di networking».

Inclusion & diversity

La parola conclusiva di questo viaggio nella cultura tecnologica e sociale di Cisco spetta a Cristina Marcolin, marketing communication manager, e Vanessa Giusti, legal manager, rispettivamente responsabili per l’Italia dei programmi di Inclusion & diversity e di Connected Women un gruppo – ovviamente virtualizzato – di supporto e scambio che mira a facilitare le dipendenti Cisco nella loro vita lavorativa e familiare, ma anche a valorizzarne l’identità nelle loro specifiche funzioni in azienda. «Sono due aree di intervento sociale contigue tra loro – spiega Marcolin -, nate dalla precisa consapevolezza di voler prestare attenzione alle diversità, culturali, etniche, individuali, che esistono nella nostra società e vengono necessariamente riflesse in una azienda di tali dimensioni». Un’attenzione, sottolinea la Marcolin, dettata non da banale “buonismo”, ma da solide ragioni di business. Comprendere la diversità aiuta non solo a mantenere buone relazioni con i dipendenti, ma può diventare una chiave per essere ancora più vincenti con un mercato fatto di diversi approcci culturali e differenti modi di sentire. «Un conto è rispettare queste diversità attraverso la conformità alle normative vigenti – aggiunge Vanessa Giusti -, un’altra è trapiantare lo spirito di inclusione nella cultura aziendale. Le persone che lavorano in Cisco ne sono consapevoli e fiere».

L’inclusione, precisa ancora la Marcolin, viene interpretata anche nel senso di una maggiore apertura ai territori in cui Cisco è presente, ai gruppi demografici come gli anziani, coinvolti in diverse iniziative esterne, o alle istituzioni come le scuole.

Leggi anche:  Netskope presenta Next Gen SASE Branch, basata sulla tecnologia Borderless SD-WAN

Nei 25 anni iniziati da quel primo, rudimentale dialogo tra stupide macchine, Cisco ci ha aiutati a entrare in un mondo assai più creativo e complesso. Il suo impatto con la vita reale non si limita più agli spazi tutto sommato angusti degli uffici, delle batterie di “rack” nei data center. Sul fertile terreno virtuale dei data center stanno crescendo un’economia e una realtà del tutto nuove e l’obiettivo di Cisco è continuare, anche in questa seconda fase, a essere un protagonista, riconosciuto e in qualche modo riconoscente nei confronti della società che ha contribuito a cambiare.
covs_2


Intervista a Jordi Botifoll, vice president della Regione Mediterranea di Cisco


Data Manager: Che tipo di messaggio intende comunicare Cisco con la sua strategia delle Connected Community?

Botifoll: Così come Internet ha trasformato il nostro modo di lavorare e vivere, cambierà le nostre città e comunità. Tutto sarà connesso, dagli ospedali, alle scuole, agli uffici pubblici, ai condomini, ai dispositivi per il monitoraggio della sicurezza. Le città che punteranno sulla tecnologia saranno quelle che maggiormente si svilupperanno e rappresenteranno casi di eccellenza per uno sviluppo sostenibile economico, sociale e ambientale. La vision Cisco Smart and Connected Communities supporta la trasformazione di comunità fisiche in connected communities, un futuro dove le città e le comunità di maggior successo avranno alla base una rete di informazioni e dove l’Information technology sarà fondamentale per vincere le sfide legate all’ambiente e all’energia.

Come si articola il progetto attualmente in corso a Barcellona, quali benefici porterà?

Tre mesi fa, Generalitat de Catalunya, l’istituzione sotto cui la Comunità Autonoma Catalana è politicamente controllata, decise di offrire ai cittadini servizi di nuova generazione in diverse aree: sanità, educazione e sicurezza. Cisco ha aiutato l’istituzione a esplorare referenze e modelli di business internazionali e ha creato una nuova rete a banda larga su tutto il territorio, da utilizzare come piattaforma per questi servizi. Il beneficio immediato per questa rete è quello di portare i servizi sanitari a un nuovo livello. E’ possibile erogare servizi condivisi tra tutti gli ospedali di Barcellona, omogeneizzando i servizi e ottimizzando i costi operativi. Sono disponibili nuove applicazioni come Immagini cliniche, Cartella clinica condivisa e Ricevuta elettronica per costi inferiori. Ci sono poi benefici sociali a lungo termine, quelli relativi a un migliore equilibrio sul territorio e all’abbattimento del digital divide, la garanzia di parità di trattamento a tutti i cittadini e l’estensione di altri servizi a scuole, uffici pubblici, università e forze di polizia.

Che lezione potrebbe trarne Milano, in previsione di Expo 2015?

Nel contesto di una visione di lungo termine, per l’Expo 2015 riteniamo che sarà necessario proprio creare una “connected community” che a partire dall’Expo rimanga patrimonio per la città di Milano e per l’Italia. L’obiettivo si raggiunge realizzando un’infrastruttura di comunicazione universale che supporti in modo flessibile e mobile strumenti per la collaborazione, l’infomobilità, la sicurezza collettiva, oltre che soluzioni di comunicazione interattiva, fruibile sempre e ovunque su qualsiasi device. Questo è esattamente il concetto alla base della vision Connected Communities di Cisco.

Qual è il ruolo di un provider tecnologico come Cisco in un contesto di questo tipo?

L’Expo è un evento di portata globale: per contribuirvi in modo significativo, è necessario abbracciare una visione di lungo termine e inserirsi in una squadra con numerosi protagonisti, con un approccio collaborativo, non competitivo. Si può puntare su tre aspetti. Il primo è la videocomunicazione evoluta, in alta definizione, su cui lavoriamo da alcuni anni con la nostra TelePresence, che stiamo sviluppando in formati adatti alla fruizione pubblica. Il secondo aspetto è quello del digital media signage: un sistema che permette, grazie alla rete,  di distribuire e gestire la comunicazione video in modo semplice, centralizzato. Il terzo aspetto, legato al video e alla sicurezza, è la videosorveglianza. Eventi di questa portata richiedono un elevatissimo livello di sicurezza e un sistema evoluto per la trasmissione video, il monitoring, il recording e la gestione. La nostra soluzione di videosorveglianza, che si basa su Ip, permette un ulteriore livello di consolidamento infrastrutturale.

foto di Lorenzo Ceva Valla