Tech Rain presenta l’innovazione distruttiva


Il cloud computing piace e affascina, ma occorre valutare quali servizi erogabili da un cloud siano realmente competitivi e quali provider siano affidabili

Clayton Christensen, professore di economia ad Harvard e autore di The Innovator’s Dilemma, definisce il cloud computing un esempio di “innovazione distruttiva”. Una definizione audace che Mariarosaria Longo, vice president di Tech Rain (www.techrain.it) fa propria per spiegare come il cloud computing consenta di realizzare, «in un modo alternativo e più efficiente, quanto già era possibile ottenere con gli strumenti disponibili in passato. È quindi una modalità operativa destinata a rivoluzionare il mercato delle infrastrutture hardware e software». Come tutte le rivoluzioni, quindi, affascina, ma al contempo spaventa i possibili fruitori, che temono di introdurre in azienda una soluzione dalle potenzialità enormi, ma in parte incontrollabile. Così Longo e gli altri esperti di innovazione tecnologica di Tech Rain si trovano a svolgere un ruolo di autentici consulenti in una scelta tanto strategica.

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Data Manager: Negli ultimi mesi si parla, sempre più spesso, di cloud computing. Ma il mercato conosce davvero il significato di questa nuova metodologia di lavoro?

Mariarosaria Longo: Nei mercati in significativa espansione e dove l’innovazione riveste un ruolo importante, l’adozione del cloud computing è ormai un’esigenza. Al contrario, una simile opportunità fatica ad affermarsi nei mercati dominati da realtà mastodontiche e poco inclini all’innovazione. È comunque importante ricordare che l’adozione del cloud computing implica due prerequisiti essenziali: conoscenza e comprensione del paradigma, ma anche disponibilità di provider di cui avere fiducia. La conoscenza e la comprensione sono ormai sufficientemente diffuse e le realtà industriali hanno imparato a conoscerne le opportunità. Di contro la curva di adozione, nella sua fase iniziale, ha dovuto scontrarsi con alcuni insuccessi, che richiedono una riflessione su quali servizi erogabili da una cloud siano realmente competitivi e quali provider siano affidabili.

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Pur a fronte di questi problemi, tipici di qualunque nuovo mercato in cui l’offerta deve essere selezionata, quali vantaggi reali offre il cloud computing?

Il cloud computing offre una serie di vantaggi. Se l’azienda è cliente di un public cloud, ossia di un’infrastruttura di cloud messa a disposizione da terzi via Internet, può liberarsi di ogni infrastruttura hardware e software di base. Questo permette di concentrarsi sul core delle proprie competenze It, ossia quelle strettamente necessarie a supportare i processi tipici del business specifico. Viceversa, se l’azienda ha la massa critica necessaria a servirsi di un cloud interno (private cloud), potrà sfruttare i vantaggi legati alla velocità di provisioning, al consolidamento e al chargeback di alcuni servizi, senza incorrere nei pitfall tipici della totale dipendenza da un provider esterno.

Operare attraverso il cloud computing significa, innanzitutto, cambiare la propria strategia e razionalizzare i costi. Qual è il ruolo di un consulente come Tech Rain?

L’ambito di consulenza di Tech Rain è quello della strategia tecnologica. La nostra mission consiste nel sincronizzare requisiti di business e infrastruttura nel modo più tecnologicamente avanzato ed economico. Una modalità che prevede anche di liberarsi di pezzi della propria infrastruttura. In ogni singola realtà è poi necessario valutare se è opportuno dismettere o consolidare tali asset, valutando la possibilità di sfruttare l’outsourcing (come nel caso del cloud computing) o di incrementare il proprio parco installato. Tech Rain, avendo scelto di non svolgere alcuna delivery, può fornire un supporto da autentico consulente, in quanto opera secondo logiche totalmente slegate da qualunque strategia di vendita.

Nella valutazione economica quali sono i parametri da analizzare con maggiore attenzione?

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Relativamente agli aspetti economici è necessario sottolineare le evidenti differenze tra le piccole aziende e quelle medio-grandi. Alle prime difficilmente il cloud computing porta reali vantaggi economici, poiché le spese in It sono tipicamente già ridotte al mimino indispensabile. Al contrario le aziende di maggiori dimensioni possono spostare molti costi da Capex fissi a Opex variabili, godendo inoltre di una maggiore flessibilità e basse barriere all’ingresso/uscita. Il cloud computing permette infatti di accelerare e semplificare l’abilitazione a maggiori capacità di calcolo/spazio e all’utilizzo di applicazioni innovative. Inoltre la condivisione di risorse offre la possibilità di usufruire delle economie di scala ottenute dai service provider che, per erogare questi servizi, si dotano di infrastrutture più efficienti, e di conseguenza una parte dei vantaggi ottenuti ricade sul parco clienti. Senza dimenticare che il modello di pricing, almeno in via teorica, è basato sul principio del pay-per-use, ovvero il reale utilizzo delle risorse.

Usare risorse condivise, però, espone anche a maggiori rischi in termini di sicurezza.

Non direi che utilizzare risorse condivise esponga necessariamente a maggiori rischi di sicurezza. Anzi. Spesso l’utilizzo di risorse condivise ha come conseguenza immediata migliori livelli di sicurezza e disponibilità, dovuti alla riduzione degli impatti di disastri e manutenzioni sulla disponibilità dei servizi. È inoltre possibile usufruire di politiche intrinseche di disaster recovery, poiché spesso le macchine su cui girano le applicazioni sono ridondate, e di economie di scala nella gestione della sicurezza, con la possibilità di avere anche un autentico network operation center.

Il cloud computing è considerato, da molti, una possibilità per limitare gli investimenti in hardware. Ma perché può rappresentare anche una forma di risparmio energetico?

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L’hardware consuma molto anche quando è semplicemente acceso. Se a ciò si aggiunge che il livello di allocazione medio delle risorse in un data center è una frazione della capacità totale, ecco che le dimensioni di saving si palesano automaticamente. Il cloud computing permette infatti un’allocazione dinamica ed elastica di capacità processiva estratta da un pool di risorse, che non deve essere necessariamente dimensionato sulla massima capacità teoricamente richiesta. Le risorse si autoallocano e deallocano quando serve alle rispettive applicazioni, offrendo notevoli economie di scala. È infatti molto raro che ogni applicazione richieda, nello stesso istante, il massimo di capacità processiva previsto dai suoi requisiti di sizing.

Sostanzialmente chi offre servizi di cloud computing acquista meno hardware e maggiormente standardizzato, su di esso installa un’infrastruttura software che virtualizza la capacità processiva consentendo sia l’overbooking che la gestione elastica dei picchi.

Quanto è conveniente investire sul cloud computing?

Per piccole e medie imprese è molto conveniente affidarsi a infrastrutture cloud di terzi. Per le grandi può essere conveniente creare il proprio cloud. Nel caso di una startup ad alto contenuto tecnologico, per esempio, una corretta adozione del cloud computing può fare la differenza nella capacità di essere competitivi e di posizionarsi velocemente su un nuovo mercato, creando così barriere all’ingresso dei concorrenti. Tali fattori possono decretare il successo o il fallimento di un’iniziativa imprenditoriale e sono superiori, in valore, a qualunque fattore di risparmio.