Investire oggi, aprirsi al futuro

Investire oggi, aprirsi al futuro

Il mercato IT non vive probabilmente uno dei suoi momenti migliori. E sarebbe strano che così non fosse, vista anche la congiuntura macroeconomica generale. Ma le dinamiche degne di nota non mancano, come pure non mancano le opportunità da sfruttare per chi opera in questo ambito. Da un lato, aziende e organizzazioni sono costantemente alla ricerca di strumenti e soluzioni tese a massimizzare l’efficienza dei loro processi. Questo approccio non fa che accelerare il passaggio a tecnologie e piattaforme innovative, quali la virtualizzazione prima di tutto, e ora il cloud computing. Il modo di accedere ai dati e utilizzarli è cambiato radicalmente, a livello di utente individuale prima ancora che in azienda. Ma i due ambiti non sono più così distanti, tendono anzi ad avvicinarsi sempre più, quando non a fondersi. E’ il fenomeno che va sotto il nome di consumerizzazione dell’IT, che porta a inserire nelle reti aziendali dispositivi nati per l’utilizzo individuale, e di conseguenza non pensati inizialmente per una gestione enterprise. Si dice che è il cliente che fa il mercato, e in questo caso è la verità. Il moltiplicarsi dei dispositivi presenti in una rete pone una serie di problematiche di gestione e sicurezza, ma soprattutto chiama i responsabili IT a rivedere radicalmente il modo in cui le loro infrastrutture IT sono disegnate. I dati prodotti continuano a crescere in modo esponenziale, come del resto la loro esposizione verso l’esterno. Aumentano le modalità di accesso, i dispositivi con cui si può accedere a questi dati e le persone abilitate – a diverso titolo – ad accedervi. Come affrontare questa crescente complessità? Con un approccio il più possibile esteso, che vada a ridisegnare gli asset aziendali in ottica di servizi, per renderli accessibili attraverso più strumenti e più canali, ma al tempo stesso mantenerne coerenza e integrità. Ci sono vendor che affrontano questa situazione con stack monolitici, che possono risultare funzionali, ma presentano un rischio significativo di lock-in. E quindi: perché ridisegnare la propria infrastruttura all’insegna della flessibilità, quando poi ci si può trovare con le mani e i piedi legati a un unico fornitore? Molto più funzionale, soprattutto in ottica futura, appare la scelta di puntare sugli standard. Affidarsi quindi a vendor capaci di gestire la situazione nel suo complesso, non necessariamente con un’unica soluzione, ma con una serie di strumenti puntuali, basati su standard aperti e profondamente integrati tra loro, in grado quindi di abbinare i vantaggi delle soluzioni best-of-breed con i benefici di una gestione centralizzata e unificata. Questo approccio consente di sfruttare al massimo gli investimenti già effettuati, ottenendo risultati nel breve termine, ma soprattutto preparandosi a beneficiare al meglio dei prossimi sviluppi tecnologici e infrastrutturali, come ad esempio il cloud computing. Se infatti, il public cloud, almeno nella realtà italiana, risulta ancora limitato ad alcune applicazioni aziendali, senza impatto profondo sulle infrastrutture IT di un’azienda, differente è il discorso per il private cloud, nel quale un’azienda crea un’infrastruttura di servizi che rende disponibili in modalità on-demand a vari clienti interni ed esterni all’organizzazione. In questo specifico ambito – grazie alla sua visione ad ampio respiro e alle numerose acquisizioni recenti, che hanno consentito di estendere ulteriormente il proprio raggio d’azione – Dell ha molto da offrire a realtà di ogni settore e dimensione.

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Filippo Ligresti country manager di Dell Italia