Red Hat. Rosso, aperto e affidabile

La crescita maturata nell’anno fiscale 2013-14 (+15%), conferma la solidità di Red Hat come partner di riferimento per l’open source strategico

 

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Gianni Anguilletti country manager di Red Hat ItaliaSi consolida ulteriormente il ruolo di Red Hat (it.redhat.com) come fornitore infrastrutturale ad aziende che possono affidarsi ai modelli open source per coniugare – nell’efficace metafora del country manager per l’Italia Gianni Anguilletti – la capacità di individuare e reagire alle nuove opportunità di business con il presidio dei trend tecnologici oggi dominanti: cloud, mobilità, big data, integrazione e prototipizzazione rapida del software.

Anche nell’anno fiscale appena conclusosi, il 2014, Red Hat raggiunge i suoi obiettivi di crescita, con 1,53 miliardi di fatturato (in crescita del 15%). «Un risultato molto soddisfacente, pur considerando l’erosione valutabile in due punti percentuali causata dal cambio sfavorevole sul dollaro» ha annunciato Anguilletti. Per l’intero anno fiscale, l’utile di esercizio risulta essere di 232 milioni di dollari, con un margine operativo Gaap che supera il 15%. In Italia e in Emea, la crescita del volume d’affari vale addirittura un più 25% rispetto al 2013. Particolarmente richieste (+35% di crescita nell’anno) sono state le soluzioni proposte dalla business unit Middleware/Soa, dedicata all’aspetto dell’integrazione applicativa.

A dimostrazione della leadership che Red Hat sta assumendo, come punto di riferimento per le piattaforme open source a sostegno di applicazioni mission critical nell’ambito dei tre mercati principali – finance, telco & media, pubblica amministrazione – Anguilletti ha citato due testimonial d’eccellenza come Sky Italia, che proprio in questi giorni ha inaugurato grazie a Red Hat un nuovo servizio di erogazione on demand via web dei suoi contenuti, anche verso clienti sprovvisti di connessione satellitare; e l’alleanza tra Borsa Italiana, Mts Monte Titoli Stato e la società di servizi interbancari Sia.

«Se siamo riusciti a fare tutto questo – spiega Anguilletti – è grazie a tre fattori determinanti: la completezza funzionale, la flessibilità nel deployment su qualsiasi infrastruttura o dispositivo e l’apertura delle nostre tecnologie nei confronti di componenti software che arrivano da altri vendor». Dopo la significativa svolta rappresentata dall’acquisizione dello specialista di middleware JBoss, Red Hat (attualmente il maggior singolo contributore allo sviluppo del codice Linux) ha esteso in modo molto significativo le proprie aree di competenza, coprendo attraverso cinque business unit i principali aspetti infrastrutturali: sistema operativo, integrazione, virtualizzazione, software defined storage e orchestrazione del cloud computing. «Questo consente ai clienti di costruire aziende più intelligenti, identificando le nuove opportunità di business e reagendo in modo innovativo a queste sfide. Ma permette anche di spendere meno».

Anguilletti si dichiara ottimista sull’evoluzione del mercato in Italia, dove Red Hat dispone di una sessantina di risorse, metà delle quali con competenza tecnico-ingegneristica. «Da una ricerca SDA Bocconi, si evince che l’83% di organizzazioni italiane utilizza software open source. Si arriva quasi al 90%, includendo quelle che manifestano l’intenzione di adottare questo modello. Contemporaneamente, la circolare 63 pubblicata dal Codice per l’amministrazione digitale invita la PA italiana a favorire l’open source rispetto a soluzioni proprietarie».