Così Uber spiava i giornalisti

La piattaforma di taxi privati è solita tracciare le corse (sopratutto) dei giornalisti. La gaffe di un top manager che mette in crisi l’azienda

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Un’affermazione che potrebbe costare molto cara ad una delle società più amate degli ultimi mesi. Sul gradino più alto del podio in difesa dei consumatori, Uber potrebbe adesso fare un bel salto mortale senza protezione, e farsi molto male. Tutto a causa di Emil Michael, un top manager di Uber che, durante uno sfogo con i conoscenti, avrebbe affermato come i taxi sarebbero in grado di accedere ai dati personali salvati sull’app per spiare cosa i reporter scrivevano in merito ai loro spostamenti ed eventuali recensioni. Una serie di dichiarazioni che potrebbero anche essere frutto di qualche bicchierino di troppo a cena ma che, purtroppo, trovano conferma nelle parole di Ellen Cushing, senior editor del magazine San Francisco.

Spionaggio su quattro ruote

A quanto sembra Cushing, parlando con alcuni dipendenti di Uber, è venuta a conoscenza di una verità scomoda: l’azienda può accedere ai log di ogni utente per capire cosa scrivono nelle loro recensioni che, in realtà, dovrebbero essere anonime o nascoste dietro un nick. Il bello è che, secondo la giornalista, il modus operandi dell’azienda era diretto soprattutto ai colleghi reporter, magari a quelli più critici verso il trasporto privato, così da cogliere eventuali difetti rilevati nel servizio per poterli considerare veri o troppo gonfiati. Insomma a quanto pare la NSA ha già scolarizzato alcuni nomi importanti del panorama hi-tech, visto che al volante potrebbe benissimo esserci il federale di turno.

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