Vivere iperconnessi. «Ma serve più responsabilità»

Nicole Dewandre non si ferma mai. Sempre in giro per l’Europa. Assidua frequentatrice del nostro Paese, grazie in particolare alla Fondazione Giannino Bassetti e al Centro Ricerca e Innovazione di Italcementi. Consigliere presso la Commissione europea, si occupa dell’interfaccia sociale dell’Agenda digitale per l’Europa.

Le sue competenze e i suoi interessi spaziano dall’ingegneria all’economia, dalla filosofia alla robotica. Sempre impegnata nello studio dei rapporti tra innovazione e governance, si è espressa più volte a favore della condivisione delle esperienze digitali per una regolamentazione più efficace.

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La pervasività digitale trasforma le tecnologie dell’informazione e della comunicazione in vere e proprie “forze sociali” che impattano in maniera radicale sulla nostra stessa concezione di “chi siamo” e sul nostro modo di concepire e relazionarci con la realtà circostante, assumendo un enorme significato etico, legale e politico. L’iperconnettività ci tiene tutti collegati a diversi livelli e la responsabilità sociale è una relazione senza fine. Fin dall’inizio di ogni progetto bisogna mettersi in ascolto e chiedersi: «Qual è il senso di quello che sto facendo»?

Per Nicole Dewandre, la buona progettazione di prodotti e servizi si accompagna alla presa di coscienza delle conseguenze sociali. «E uno dei compiti di un organismo pubblico come la Commissione europea è rispondere alle richieste dei cittadini, traducendole in linee politiche. L’iperconnettività ci porta oltre il sistema tradizionale degli stakeholder». Nella società iperconnessa non è più possibile non sentirsi responsabili, perché la relazione continua ci tiene dentro il gioco delle parti. E anche la sicurezza non può essere questione di divieti e procedure. «Si tratta invece di un atteggiamento che chiama in causa i comportamenti di tutti e che considera anche la tecnologia una relazione fra le parti». Per questo, Horizon 2020, il programma europeo per la ricerca e l’innovazione, prevede anche una riflessione di tipo filosofico.

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«Occorre progettare la crescita, salvaguardando i diritti collettivi e individuali. E serve soprattutto uscire dalla logica che contrappone i fatturati delle aziende, i dividendi degli azionisti e i premi dei top manager al benessere delle persone, per cominciare ad agire in termini di collaborazione fra interessi. Anche distinguere tra umano e naturale, tra sintetico e artificiale non è più solo un esercizio di osservazione esterna agli oggetti, ma diventa analisi, discernimento dall’interno della condizione umana».