Apple: la rivoluzione è finita

Tim Cook avverte che non ci saranno prodotti Apple per tutti

I nuovi iPhone portano aggiornamenti evidenti ma col contagocce, nulla che faccia gridare all’innovazione. Come accade oramai dal 2007

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Quando Steve Jobs ha presentato al mondo il suo primo iPhone nel 2007 ha dato il via ad una rivoluzione più culturale che tecnica. Schermo full touch senza tasti, più importanza alle applicazioni esterne che a quelle già presenti nel telefono (quali poi…) e la costruzione di un’ideale di mobilità che ha costretto i concorrenti a rincorrere la Mela. Sempre. Poi il vuoto, o quasi. Il display cresce, il pollice serve a sbloccare il telefono o e adesso ad attivare menu contestuali; si tratta di aggiornamenti evidenti per carità ma minimi se pensiamo a quanto disse Jobs otto anni fa: “Ogni tanto nella storia arriva un prodotto innovativo che cambia tutto”.

Solo più noiosa?

Cosa resta di quell’idea nel 2015, cosa di quel dispositivo in grado di rompere le regole della comunicazione e del web? Secondo The Atlantic ben poco: “Apple è un’azienda tecnologica che realizza software e hardware discreti. La presentazione di venerdì ha messo in mostra dodici ragazzi e diverse donne intenti a vantarsi per cio che alla fine non è altro che un update software o hardware”. Il problema, secondo il sito, è che una volta dato il via al nuovo mercato degli smartphone, è come se Apple avesse lasciato alla concorrenza il compito di spostare più in là il limite del possibile. Scelta opinabile ma consentita a chi detta da anni le regole del mercato, dall’alto dei numeri di vendite e apprezzamento degli utenti. Giusto però che le persone si aspettino qualcosa di più da chi non vuole vivere solo di ricordi. “Non c’è niente di sbagliato – si legge su The Atlantic – ma se Apple è diventata più noiosa, con un governo rivoluzionario che adesso è un antico regime è perché vuole rappresentare lo specchio di ciò che è importante per noi”. Piuttosto che dircelo lei come accadeva un tempo.

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