Big Data? Ecco la checklist delle cose da fare

La bussola dei Big Data per orientare il business e competere nel futuro

Benvenuti nell’economia dei dati. Ma si fa presto a dire Big Data. Come è emerso dalla Tavola Rotonda #DMbigdata organizzata da Data Manager e UniCredit insieme a IDC, Exprivia e a Software AG sul tema dell’analisi dei dati e il suo impatto sul modo di prendere decisioni e sviluppare nuovi modelli di business. Grazie agli analisti di mercato, ai CIO, ai CMO e ai responsabili dei dati di UniCredit, CartaSi, Costa Edutainment, FCA Group, Gruppo HERA, Istat e Vodafone il dibattito si è concentrato sulla portata del fenomeno Big Data, comunque destinato, in tutte le sue sfumature tecnologiche a produrre enormi trasformazioni. Per le organizzazioni aziendali, le pubbliche amministrazioni ma anche per i singoli individui, la massa di dati in costante crescita può diventare una formidabile arma competitiva. Uno strumento per rafforzare e ampliare le relazioni con i clienti, per sviluppare le strategie di business, per fornire nuova potenza di fuoco non solo agli esperti di cyber security, ma anche agli specialisti di marketing per l’offerta di servizi innovativi e di eccellenza.

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intro big data

Big Data: come il sesso per gli adolescenti?

Le soluzioni Big Data rappresentano una formidabile sfida sotto molti punti di vista. Forse, più culturale che tecnologica. I Big Data sono come il sesso per gli adolescenti: tutti ne parlano, nessuno sa veramente come farlo, ma ciascuno pensa che gli altri lo stiano facendo e così tutti dichiarano di averlo fatto. Le storielle intorno alle Big Info sono tante. Ma non è solo di una questione di Velocità, Dimensioni e Varietà. Si tratta di Valore. La rotta è tracciata, le imprese però sono solo all’inizio. La piena adozione e comprensione richiederanno tempo e soprattutto una graduale evoluzione dei processi e della cultura aziendale. Non solo. Con la crescita dei Big Data avanza anche il concetto di “data lake” che supera l’approccio tradizionale di data mining, permettendo di passare da un ambiente di data warehouse rigido a un repository gestito a livello centrale, una sorta di bacino di informazioni accessibile real-time, scalabile e sostenibile in termini di costo e di gestione, e che permette di pescare i dati utili per essere utilizzati dai motori analitici. Non ci sono più problemi insormontabili di natura tecnologica da affrontare. Al centro del dibattito, ci sono invece il cambiamento e il vantaggio competitivo che il dato può portare. Di fatto, l’analisi dei dati trasforma il business. Ma i dati di per sé non sono un asset. L’asset vero è riuscire a utilizzarli. Il vantaggio competitivo raggiunto dalle organizzazioni che per prime hanno adottato processi decisionali data-driven stanno portando il tema dei Big Data e degli analytics in cima alla lista delle priorità di un numero crescente di decisori aziendali. Ma qual è la checklist per i CEO, i CDO, i CIO, i CFO e i CMO? E chi è lo “sponsor” dei progetti di data intelligence in azienda?

La lista delle cose da fare

1) Alzare la testa, fuori dalle classiche “mura”. 2) Osservare l’ecosistema aziendale nel suo complesso. Definire la strategia. 3) Valutare il fattore umano. 4) Creare ecosistemi virtuosi. 5) Guardare i dati con ottica diversa. 6) Selezionare con attenzione gli strumenti. 7) Meglio fare “Learning by doing” che aspettare l’evoluzione del mercato. 8) Bundling e unbundling dei dati per offrire in modo modulare un livello di granularità delle informazioni proporzionata alla tipologia di utenti e fruitori finali. 9) Enrichment, per assicurare che l’esternalizzazione dei dati sia sempre nel rispetto della normativa privacy e secondo la volontà del cliente. 10) Sfruttare tecnologie che permettano presidiare il data lake di informazioni interne ed esterne, strutturate e non strutturate, progressivamente disponibili. 11) Lavorare a un progetto in tempi brevi e costi contenuti (open source e cloud), verificando l’efficacia del “pilota” con il business. E se positivo – il passo successivo è quello di strutturarsi da un punto di vista della data governance (processi, KPI e competenze), definendo una piattaforma tecnologica robusta e scalabile.

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I punti caldi della Tavola Rotonda #DMbigdata

Mobilità, IoT, M2M, smart city, open data, privacy, real-time, sicurezza e cloud declinati su temi dell’energia, del credito, dell’entertainment, del finance, del retail, del marketing, dell’automotive, delle telco e della ricerca statistica. L’analisi dei dati cambia il modo di prendere decisioni vitali per un’azienda, ma è la loro corretta integrazione che concorre a determinare una sintesi in grado di leggere in modo valido certi fenomeni, combinando le correlazioni tra fatti ed eventi, anche lontani tra loro. C’è chi parla di anatomia delle decisioni. E le imprese sono simili agli esseri viventi complessi. Hanno un sistema nervoso, organi, funzioni e strutture specializzate. Per questo è necessario tenere conto della natura dei dati e trattarli nel modo giusto. E occorre anche considerare la “fisiologia” delle organizzazioni.

Per Giancarlo Vercellino, research & consulting manager di IDC Italia i Big Data con differenti approcci tecnologici sono uno dei driver principali della Digital Transformation. La maggioranza delle imprese sono interessate a migliorare le soluzioni di reporting. Ma i progetti introno ai Big Data non vengono mai dai soli e sono spesso accompagnati da investimenti in cloud services e business applications. E la privacy è vista più come un ostacolo che come una opportunità.

UniCredit, i Big Data per aprire le porte a nuovi business

Con gli strumenti idonei, gli obblighi di compliance possono essere tradotti in opportunità a vantaggio delle banche e degli operatori finanziari. Anche per Roberto Monachino, chief data officer di UniCredit, si fa presto a parlare di Big Data e forse si farebbe meglio a parlare di Big Info. In un contesto normativo molto complesso e regolamentato, soprattutto in determinati settori come quello bancario, gli ostacoli di natura tecnologica e analitica, che devono essere superati per trasformare i dati in asset competitivo e strategico al fine di generare valore, non rappresentano l’unica difficoltà. «Dalla conoscenza dell’informazione, le analisi abilitano la creazione di dati di valore, ma questi devono essere corretti e di qualità». E anche per Tommaso Pellizzari, head of data & analytics di UniCredit Business Integrated Solutions, la vera sfida che abbiamo oggi è quella di utilizzare i Big Data per aprire le porte a nuovi business, innovando continuamente.

Exprivia, un ecosistema virtuoso per i Big Data

Il livello di complessità di problemi Big Data è tale da richiedere non solo figure poliedriche come i Data Scientist, ma un vero e proprio ecosistema in cui far crescere idee, soluzioni, testare ipotesi, sbagliare e riprovare (i problemi sono troppo Big per essere affrontati da soli). Come spiega Felice Vitulano, Big Data director di Exprivia esistono due principali approcci alla gestione dei Big Data aziendale. «Da un lato un approccio “Buy” che prevede l’acquisto di soluzioni già pronte sviluppate da vendor che già da tempo si muovono in questo ambito. È ormai semplice trovare sul mercato soluzioni per progetti di manutenzione predittiva, segmentazione della clientela, analisi dei churn. Più interessante è un approccio “Make” in cui la soluzione Big Data è costruita in modo sartoriale partendo da una strategia più ampia che prevede la analisi delle fonti dati necessarie e, laddove non sono disponibili, il loro reperimento (per esempio, creando applicativi ad hoc). Questo approccio apre a nuove applicazioni Big Data mai pensate prima che possono realmente creare un valore aggiunto per le imprese».

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felice vitulano exprivia

Software AG, Big Data e co-innovazione

Per Software AG offrire la capacità di estrarre informazioni e pattern da qualsiasi base dati, internet e social, consentendo di costruire previsioni è l’elemento fondamentale dell’innovazione. La sfida è dotarsi di infrastrutture applicative e middleware di mercato (Buy) grazie alle quali sviluppare soluzioni di business “agili” e innovative (Make) attraverso l’integrazione di applicazioni e di patrimoni informativi già presenti in azienda (IT Transformation). «Grazie all’elemento vincente della “co-innovazione” – spiega Francesco Maselli, direttore tecnico di Software AG – siamo in grado di ascoltare clienti e lavorare insieme a loro per ideare e creare un futuro migliore, all’insegna dell’innovazione, della differenziazione e del raggiungimento, il più rapido possibile, degli obiettivi di business. La missione di Software AG è di fornire ai clienti le giuste tecnologie, metodologie e gli strumenti necessari per attivare un percorso rapido di digitalizzazione, unendo le competenze tecnologiche all’avanguardia alle idee innovative e alle approfondite conoscenze dei clienti in merito al proprio business».

francesco maselli software ag

Ma chi sono i padroni dei dati?

In realtà, non ci sono i “padroni” dei dati. Per costruire una strategia “data driven” bisogna abbattere le barriere funzionali. La conoscenza ha valore solo se genera cultura, se è condivisa e se è alimentata da tutti gli stakeholder. Forse, i veri padroni dei dati sono soltanto quelli che sanno utilizzarli meglio degli altri, costruendo modelli innovativi di business, secondo la formula: open data per il pubblico e privacy nel privato. L’evoluzione del mercato, sia in termini di tecnologia sia in termini di normativa, impongono nuovi paradigmi ai tradizionali punti chiave per una strategia legata ai dati. Per Enrico Albertelli, responsabile marketing engagement di CartaSi, un approccio “top down” ai dati ha consentito per anni alle aziende di avviare la strategia dei dati partendo dagli obiettivi dell’azienda, dalla vision di medio-lungo termine e dalle capacity tecnologiche e organizzative per effettuare un percorso efficace. Con l’avvento della economia digitale si è creato un vero e proprio circolo virtuoso tra obiettivi che richiedono dati e “data discovery” che indirizza gli obiettivi. E questo riguarda non solo il mondo del finance e della monetica, ma anche le utility, il manufacturing, le telecomunicazioni, il retail food, Infotainment e il fashion.

Molti big player, che nel corso degli anni hanno raccolto grandi quantità di informazioni di valore, non hanno saputo – però – utilizzarli per costruire modelli di business efficaci come invece hanno saputo fare gli over the top (OTT) che hanno dimostrato di utilizzare benissimo le poche informazioni di minor qualità che avevano a disposizione. Il dato non è mai fine a se stesso, come sottolinea Filippo Costa, ICT Corporate Advisor di Costa Edutainment. «Avere dati utili e informazioni di qualità per noi significa migliorare l’esperienza del cliente con un approccio omnicanale. Non solo. Correlando le informazioni dalle varie fonti, i dati dei sensori e i dati storici, possiamo programmare meglio le nostre attività, abbattere i costi energetici e prevedere i picchi funzionali. Per noi anche le previsioni del tempo impattano direttamente sul business».

collage partecipanti 2

Governance data driven

La governance guidata dai dati per un’azienda manufacturing è la grande sfida che coinvolge tutta l’organizzazione in termini di efficacia e di trasparenza. L’obiettivo è superare la logica a silos che tiene separata la conoscenza in compartimenti stagni e impedisce la condivisione dei dati a tutti i livelli. Secondo Roberto Catto, process manager business analytics ICT EMEA di FCA per intraprendere un percorso di Advanced Analytics è necessario prima di tutto chiarire le differenze in termini di risultati, approccio, metodologie e strumenti rispetto alle logiche di Business Intelligence tradizionale. Inoltre è necessario gestire i dati di interesse aziendale (interni ed esterni) in modo centralizzato e coordinato, reperendo nuovi skill specifici per la comprensione dei dati e abilitando modalità di interazione peer-to-peer sia lato IT sia lato Business con le soluzioni applicative che gestiscono i processi aziendali.

Non solo ottimizzazione

Le nuove applicazioni Big Data possono realmente creare un valore aggiunto per le imprese. Nel settore delle multiutility, per esempio, i sistemi di customer engagement permettono di intercettare nel mondo social i prospect su cui avviare azioni commerciali ma anche di gestire gli approvvigionamenti e allocare le risorse in modo proattivo, come ci racconta Carmine Artone, responsabile sviluppo sistemi operations staff e tecnologie, direzione sistemi informativi di Gruppo Hera. «I Big Data ci aiutano a lavorare meglio, tagliando costi e rendendo i processi più efficaci. Ma è necessario superare le barriere culturali e abbattere i “feudi” dei dati in azienda. La data analysis però non è solo ottimizzazione. La gestione dei dati che parte dalla data quality rappresenta un’opportunità strategica per il business».

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Il rischio di errori e la gestione della rilevanza dei dati sono tra i fattori più critici per i produttori di statistiche ufficiali. Per l’Istituto nazionale di statistica alcune delle fasi in cui è tradizionalmente scomposto il processo di produzione delle informazioni statistiche richiedono l’elaborazione automatica di ingenti moli di dati. Non solo. Le elaborazioni alle quali vengono sottoposti i dati di indagine sono, talvolta, caratterizzate da elevata complessità e velocità computazionale. «I dati sono il nostro asset principale» – commenta Piero Demetrio Falorsi, CIO di ISTAT. Replicazione e non coerenza sono problematiche da affrontare in ogni processo. Nell’elaborazione dell’indice della fiducia la sentiment analysis si è dimostrata uno strumento potente. Resta però il paradosso della conoscenza: il dato è “big” ma per comprenderne il valore bisogna ridurlo e integrarlo in una vera mappa della conoscenza».

Come cambia il mestiere delle telco con i Big Data analytics?

«Se Big Data significa “tanti”, noi gestiamo “tantissimi” dati ogni giorno» – racconta Alessandro Canzian, corporate marketing director di Vodafone Italia. Le telco nell’era dell’IoT hanno nuove prospettive di sviluppo in ottica smart city. Raccogliamo da più di 20 anni dati di billing e di CRM. La redemption è funzione proporzionale della profilazione. Oltre le logiche di Business Intelligence tradizionale, l’analisi real-time o near real-time permette di capire se, come, quando e perché il cliente sta andando via e di intervenire nel momento preciso in cui il cliente sta maturando la decisione. Dal fraud management al marketing omnicanale, i progetti su mobile analytics hanno ROI che si ripagano in meno di sei mesi. L’innovazione è spinta dai business case anche per i progetti di Big Data. Machine-to-machine, smart city, security e open data rappresentano l’orizzonte più vicino per le telco. Secondo Canzian, per intraprendere un processo di intelligence data driven dati occorre raccogliere i dati da tutti i punti di contatto, immagazzinarli nei data lake, consentire l’accesso ai dati a tutti i livelli dell’organizzazione, educare gli utenti alla gestione responsabile dei dati, e dare sempre un feedback.