Google spiega il motore di ricerca in Cina

Google spiega Project Dragonfly in Cina
Il CEO di Google si pronuncia su Project Dragonfly il motore di ricerca in Cina che censura i risultati vietati dal governo

Il CEO di Google si pronuncia su Project Dragonfly il motore di ricerca in Cina che censura i risultati vietati dal governo

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Sundar Pichai, Ceo di Google, ha parlato per la prima volta dei controversi piani dell’azienda di lanciare un motore di ricerca su misura per gli utenti in Cina. Fino ad ora, la compagnia aveva preferito tacere circa l’iniziativa “Dragonfly”, che ha portato diversi dipendenti a protestare e a lasciare il gruppo.

Pichai ha confermato apertamente l’esistenza del progetto al “Wired 25 Summit”, sostenendo che il suo sviluppo sta andando molto bene e che non sarà così censurato come il resto del mondo crede. Stando allo speech del presidente, Google China mostrerà circa il 99% di tutto quello che è pubblicato attualmente, con una “minima” parte lasciata fuori per questioni legali e per rispettare le scelte del governo di Pechino. Potrebbe sembrare davvero poco ma considerando l’ampiezza di ciò ospita la piattaforma, beh, l’1% non è così irrisorio. Ecco le sue parole.

Come sarà

“Sentiamo l’obbligo di fornire informazioni a tutti e la Cina è il 20% della popolazione mondiale. Volevamo capire se fosse stato possibile aiutare gli utenti nel paese e dunque abbiamo creato internamente un progetto ad-hoc. Considerato quanto sia importante il mercato e quanti individui serve, ci sembrava più che corretto riflettere sull’opportunità di entrare nel segmento digital nazionale”.

Tuttavia, la decisione non ha trovato il parere positivo di alcune organizzazioni, come quelle in difesa dei diritti umani. Secondo loro, Project Dragonfly semplificherà i processi di censura cinesi, aiutando il governo a tracciare le attività sul web. Ma per Pichai, ci sono molte aree in cui Google potrebbe fornire informazioni migliori di quelle disponibili, ad esempio sul trattamento delle malattie, invece di diffondere dati fuorvianti ottenuti da fonti differenti. Pare che alla fine il motore di ricerca “censurato” si farà, è più che altro questione di business ed è proprio il Ceo a confermarlo.

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“Nel corso della nostra storia, abbiamo dato ai dipendenti voce e ascolto. Ma sebbene per noi siamo input e feedback importanti, non possiamo gestire la società tramite i referendum”.