La data democracy di Denodo

La data democracy di Denodo

«Avere dati pronti e affidabili permette di prendere decisioni corrette nei momenti critici» – afferma Gabriele Obino, regional VP Southern Europe & Middle East di Denodo. La discontinuità è una opportunità per rimettere mano anche alle falle strutturali che emergono nei momenti di crisi.

«L’imprevedibile resta imprevedibile, ma se ti prepari può adattarti meglio al cambiamento. Le imprese non sono organizzazioni perfette e autonome, somigliano alla vita. Se sei un’azienda rilevante o chiave nell’economia di un paese, i manager non possono essere “apparati” ma devono assumersi la responsabilità del cambiamento ed essere anche più coraggiosi. Se l’unico obiettivo è distribuire i dividendi, allora il management diventa cieco. E lo dico sapendo bene che le aziende non sono realtà empatiche, ma se non facciamo lo sforzo – e questo è un tema antico come l’uomo – di pensare che ogni scelta ha degli effetti, anche la naturale e sacrosanta vocazione “utilitaristica” delle imprese sarà messa in discussione. Se le imprese non sono una risorsa per la crescita del Paese anche il loro fatturato è destinato a scendere».

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L’etica attiene alla dimensione umana delle scelte in tutte le epoche, anche prima dell’automazione, quando la forza motrice erano le braccia. «Non è un tema nuovo che dobbiamo tirare in ballo solo quando parliamo di intelligenza artificiale» – afferma Obino. «Dobbiamo essere consapevoli che la tecnologia è l’ambiente funzionale che ci contiene. E dobbiamo essere resilienti, perché la tecnologia ci auto-potenzia, ma ci rende anche più fragili, perché tutto deve funzionare alla perfezione. Durante il lockdown, abbiamo fatto ricorso allo smart working. Dall’oggi al domani, le imprese hanno remotizzato la forza lavoro con una velocità senza precedenti. Non tutte allo stesso modo. Non tutte erano preparate a farlo. Ma che cosa sarebbe accaduto se ci fosse stato un blackout o un cyber attack alla rete? Non solo. L’HR poteva mettere sotto controllo tutti i dipendenti, si poteva fare – forse qualcuno l’ha fatto – e tecnicamente era una questione di connettività e non di intelligenza artificiale».

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L’altra faccia della trasformazione

Le crisi sono l’altra faccia della trasformazione – spiega Obino. «Una spinta a fare meglio – definire meglio le priorità, premiare la professionalità, andare più sulla qualità, perché quando si hanno poche risorse forse si utilizzano meglio. Lo “status quo” non aiuta il cambiamento, anzi, lo ostacola. Semmai c’è da chiedersi come mai prima di ogni crisi – e non solo di quella pandemica – quelle stesse risorse non sono state utilizzate per fare le scelte migliori. La qualità della leadership dei manager è fondamentale. Fare bene il proprio lavoro significa farsi domande e capire come portare valore all’azienda. Le decisioni correnti sono ragionate a volume, invece serve ragionare sui fondamentali. Le cause sono molte. Mancanza di competenze aggiornate, il peso di “relazioni particolari”, le attenzioni alla “poltrona”. In generale, c’è poca voglia di assumersi rischi e responsabilità».

Tutte le crisi mostrano la vera natura delle imprese e delle persone. «I momenti critici sono una grande opportunità per pensare “fuori dagli schemi”, rimettere in discussione i vecchi modelli e le architetture IT attuali per riflettere su come innovare ed essere pronti a rivedere le attuali infrastrutture, privilegiando agilità, flessibilità, rapidità d’azione e semplificando l’accesso, la trasformazione e l’utilizzo dei dati, in modo che il patrimonio informativo – uno degli asset di maggior valore – sia a disposizione di tutti, nello spirito di una “data democracy” che sia effettiva, concreta, e non teorica. L’imperativo, per tutte le aziende, è diventare “data-driven”, dove tutte le scelte prese dai manager devono essere basate sui dati, che altro non sono che gli occhi con i quali un’azienda osserva il mercato in cui opera».

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Il trend confermato dagli analisti (Forrester Wave – Enterprise Data Fabric Q2 2020 e 2020 Gartner Magic Quadrant for Data Integration Tools) è quello di ridurre i tempi di preparazione dei dati. «Virtualizzazione dei dati – spiega Obino – significa avere un accesso più semplice ai dati, permettendo di usare i dati saltando il passaggio dell’integrazione per il delivery dei dati». E questo va incontro alle esigenze di velocità e risparmio delle imprese che impiegano la maggior parte del tempo e delle risorse per trovarli e prepararli e la restante parte per l’analisi.

«Virtualizzare in un mondo dove i dati sono distribuiti ovunque, on-prem, in ambienti multicloud, ibridi, non è affatto agevole e pochi specialisti possono farlo. Molti affermano di poterlo fare. Salvo poi scontrarsi con le difficoltà che disseminano i progetti reali. Sempre di più le aziende utilizzeranno la data virtualization per ottimizzare le proprie strategie di distribuzione delle informazioni. Il mercato sta riconoscendo alla data virtualization la capacità di fornire risultati più velocemente e a costi più competitivi rispetto alle alternative di integrazione convenzionali».

«Le imprese non sono organizzazioni perfette, somigliano alla vita. Avere dati pronti e affidabili per prendere le decisioni giuste nei momenti critici»

La logica dei dati per fare sistema

Il cambiamento per Gabriele Obino è una questione di attitudine e di mindset: «Non rimanere ancorati a difesa della posizione acquisita, ma affrontare il nuovo ambiente, cavalcare l’onda, senza esserne travolti. Il 2020 è l’anno zero per antonomasia. La globalizzazione ci ha portato la facilità di movimento e di interconnessione, che purtroppo ci ha portato anche la pandemia. La crisi ci fa riflettere sui modelli di comportamento, sui modelli sociali, e ovviamente questo ha una ricaduta anche sulle imprese e sull’economia. Le imprese devono fare sistema, e aiutare il sistema e farlo crescere, solo così potranno continuare a svilupparsi: aziende primarie in un contesto desolato deperiranno loro malgrado».

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Il mercato sta riconoscendo alla Data Virtualization la capacità di fornire risultati più velocemente, più agilmente e a costi più competitivi rispetto alle alternative di integrazione convenzionali. La centralizzazione della logica sui dati ha una serie di ricadute fondamentali per una piattaforma di accesso e integrazione dei dati aziendali agile, flessibile innovativa e moderna: «Disaccoppiamento logico tra utilizzatori delle informazioni e sorgenti dati a prescindere dalle tecnologie utilizzate e dalla locazione delle sorgenti dati e dello strumento di accesso utilizzato. Elaborazione, aggregazione e trasformazione real-time associata alla capacità di documentare la semantica delle informazioni e il procedimento seguito per assicurare l’utente finale del significato dell’informazione fornita». L’incertezza e la variabilità del mercato sono oramai una costante: «La sostenibilità è un “must” e l’innovazione può essere l’unica risposta per essere parte attiva di un ecosistema sempre più pervaso dalla tecnologia e dal digitale. Non si può pensare di avere innovazione e miglioramento dei risultati, agendo in maniera identica a quanto fatto finora».