Festival Economia – Le incognite della crescita

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Industry 4.0, smart city, startup, migranti, cervelli in fuga e corruzione. La finanza che domina l’economia reale e la sfida dello sviluppo sostenibile

«Per molti anni si è pensato che la rivoluzione di Internet avrebbe ucciso le distanze, riducendo i vantaggi dell’agglomerazione a pochi chilometri di distanza di molte attività produttive. In verità, le tecnologie dell’informazione hanno creato nuovi vantaggi in prossimità di produttori consolidati. Il mondo non si è appiattito neanche con la globalizzazione» – ha spiegato Tito Boeri, direttore scientifico del Festival dell’Economia di Trento, giunto alla sua undicesima edizione con numeri da record. L’attenzione sull’economia dei luoghi permette di capire non solo gli ingredienti necessari, ma anche le ricette più adatte per stimolare la crescita. Grazie all’ICT si possono utilizzare meglio le risorse delle città, per ridurre i consumi e far lavorare meglio le persone. Si può progettare la mobilità sulla base dei dati e rendere gli edifici più smart. Alla malta e ai mattoni si può sostituire un impasto di fibre ottiche, capacità di calcolo, sensori e big data. Le separazioni tradizionali tra spazio fisico e spazio virtuale, tra luogo del lavoro e del tempo libero, tra alto e basso, tra centro e periferia saranno completamente ridisegnate. Così, periferico diventa sinonimo di tutto ciò che non è connesso – e centrale, tutto ciò che può essere collegato alla Rete. La sfida? Connettere centro e periferie nel segno della qualità della vita e dei servizi.

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Il mondo rallenta

Secondo Michael Spence, Premio Nobel per l’Economia nel 2001, siamo di fronte a una riduzione della crescita dell’economia mondiale destinata a durare a lungo, per effetto di cause concomitanti: crescita demografica, difficoltà dei paesi emergenti, evoluzione tecnologica. «La situazione globale sembra stabile ma è insostenibile» – ha detto Spence, sottolineando però che ci sono differenze fra paese e paese. La transizione non sarà facile per nessuno e fattori come l’urbanizzazione e l’avvento della robotica di servizio, complicheranno le cose, cancellando molti posti di lavoro nel manifatturiero. L’Europa avrà tante più chance quanto più saprà armonizzare i propri sistemi finanziari e fiscali. Per quanto riguarda la mobilità, secondo Spence, l’Italia deve frenare la fuga dei propri cervelli, ma deve anche andare orgogliosa delle politiche di accoglienza poste in atto nei confronti dei migranti, e delle tante vite salvate finora. «L’ulteriore crescita dei centri urbani è un’altra delle frontiere dello sviluppo: da un lato opportunità (logistica, trasporti, edilizia) dall’altro problemi sempre più grandi, specie nei paesi in via di sviluppo, dove è più forte l’espulsione dei contadini dalle campagne. La robotica e l’intelligenza artificiale si diffonderanno sempre di più. Presto avremo fabbriche completamente robotizzate. Anche le stampanti tridimensionali concorreranno a cambiare volto al manifatturiero». In passato, era il costo del denaro a far spostare le fabbriche, la nuova rivoluzione industriale permetterà di dare nuova vita ai distretti con un mix inedito di globale e locale, ma senza delocalizzare come in passato, perdendo esperienza e conoscenza.

I luoghi della crescita

I cavi sottomarini in fibra ottica hanno un ruolo di primo piano nell’economia del pianeta. Servono per le transazioni valutarie mondiali, una parte importante delle quali passa da Londra, Tokyo e New York. Sono sul fondo degli oceani e sono così importanti, visto che contribuiscono ad accelerare il corso delle informazioni e quindi delle decisioni, che si è pensato di rivestirli in kevlar per proteggerli dagli attacchi degli squali. Dario Petri, presidente di IEEE Smart Cities ha spiegato che le “citta intelligenti” non sono solo la somma di app, mobilità e gestione rifiuti. La popolazione mondiale conta sette miliardi di persone, metà delle quali vivono in città. A vincere saranno le città che sapranno offrire stile e qualità della vita adeguati e un modello culturale aperto all’innovazione e ai servizi di prossima generazione. Tra i luoghi della crescita non potevano mancare acceleratori e incubatori: motori di crescita economica, fucina di future imprese. Nel 2012, l’Italia – ha ricordato Luigi Capello, amministratore delegato della società di investimento LVenture – è stato il primo paese a darsi una legislazione sul private equity, eppure un modello troppo ingessato ha fatto partire meno di 10 operazioni. Dobbiamo dotarci di strumenti veloci, perché la rapidità fa la differenza nel successo di una startup sul mercato.

Non un bivio ma una strada unica

È lo sviluppo sostenibile, come stabilito dall’Agenda 2030 dell’ONU, l’unica strada possibile per lo sviluppo. Una sostenibilità oltre che ambientale anche sociale. Così Enrico Giovannini, presidente dell’Istat dal 2009 al 2013 e attualmente portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, è intervenuto parlando di nuovi modelli di sviluppo per stimolare la crescita globale. «Nell’enciclica Laudato sì, Papa Francesco ha sottolineato che chi produce rifiuti ambientali produce anche rifiuti umani, vale a dire disoccupati e poveri. Questo è il modello di un’economia lineare obsoleta. Non possiamo continuare così, ma dobbiamo tenere insieme l’ecosistema ambientale e umano. Non c’è un prima e un dopo: tutto è collegato. Se abbiamo accettato di non voler produrre solo PIL dobbiamo promuovere istruzione e benessere. L’indice di felicità lorda attuato nel Bhutan può essere un modello anche per noi perché l’economia ha scoperto che se le persone sono felici la produttività migliora. Le migrazioni e i cambiamenti climatici sono fenomeni collegati tra loro, questa è una nuova concezione del problema. L’Italia si è impegnata affinché entro il 2020 tutti i sindaci prendano misure per contrastare i cambiamenti climatici con piani sostenibili e riducano i due milioni e mezzo di giovani Neet. Ma ognuno di noi deve e può fare la propria parte e quindi essere più attento agli sprechi, al consumo di suolo, allo sfruttamento dei minori. È una sfida di grande portata, ma dobbiamo affrontarla, perché l’alternativa è la crisi» – ha concluso Enrico Giovannini.

Economia e finanza

Per il giornalista, Federico Rampini, i risparmiatori sono alle prese con un deficit di fiducia nei confronti del sistema e di conoscenza dei meccanismi che regolano i mercati. Siamo davanti a un sistema perverso che è alle origini delle disuguaglianze sociali, perché la finanza non è più al servizio dell’economia reale. I problemi di fiducia in questo settore sono su tre dimensioni: quella dei clienti nei confronti degli istituti di credito, delle banche che manipolano i mercati, della finanza che non sostiene più la società. La finanza domina l’economia reale, non è al suo servizio e questa non è una situazione sana. Rampini ha portato come esempio Apple, che ormai è diventata una banca, mentre nella Silicon Valley si diventa ricchi tramite la quotazione in borsa, non più con le invenzioni.

La corruzione è il male dell’Italia?

«La corruzione è una delle cause del sottosviluppo italiano» – ha risposto Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. «Le mafie hanno un rapporto strutturale con la politica e con gli enti locali e quindi la corruzione è strutturalmente utilizzata dalla mafia. La geografia della corruzione risente dunque di questo fenomeno che in passato era più concentrato al Sud, ma negli ultimi anni è andato via via uniformandosi in tutto il Paese. La mafia ha spostato molto del suo core business sull’attività imprenditoriale, rendendo quindi più forte il rapporto con la corruzione e così gli interessi economici si sono trasferiti al Nord, dove per lungo tempo si è pensato che la mafia non esistesse. La criminalità, essendo un’attività economica, ha grande capacità di aggiornarsi e di nascondersi con meccanismi sempre più sofisticati. In ogni organizzazione, la rotazione dei dirigenti dovrebbe essere la regola aurea, perché la specializzazione senza alternative crea comunque un monopolio. Soprattutto nella pubblica amministrazione, le conoscenze devono circolare e se si resta troppo tempo in settori delicati è inevitabile che si perda di vista l’interesse comune».

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