Mimmo Zappi (Colt Italia), togliere il freno allo sviluppo

Migliorare le competenze digitali e puntare sulla digitalizzazione della PA. Le reti di accesso in fibra ottica sono uno dei requisiti indispensabili per una vera rivoluzione digitale

Fino agli anni Novanta, l’Italia è stata all’avanguardia nelle connessioni a fibra ottica. Oggi, secondo il Digital Economy and Society Index (DESI), siamo fanalino di coda tra i 28 paesi dell’Unione europea per diffusione della banda ultra larga. Per la Banca Mondiale, ogni aumento di 10 punti nella penetrazione della banda larga porta a una crescita del prodotto interno lordo di 1,38 punti. E ciò ha ricadute positive anche sull’occupazione, come mette in evidenza Mimmo Zappi, AD di Colt Italia. «Le connessioni veloci sono indispensabili per favorire la crescita. Non è solo un problema tecnologico, ma anche culturale. Occorre migliorare le competenze digitali e puntare sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Le reti di accesso in fibra ottica sono uno dei requisiti indispensabili per una vera rivoluzione digitale anche in Italia. Le scelte architetturali capaci di garantire una vera concorrenza possono essere di stimolo agli investimenti. ll ritardo accumulato in questi anni obbliga le tante eccellenze italiane a competere con il freno a mano tirato».

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Less is more

Negli anni, conosciuta come City Of London Telecommunications, Colt ha saputo coniugare una strategia locale e globale insieme. I primi investimenti di Colt in Italia risalgono al 1999 quando fu inaugurata la prima Metropolitan Area Network milanese. Nel 2015, ha scelto di uscire dal mercato dei servizi IT per continuare a concentrarsi sui propri asset strategici iniziali, la proprietà dei datacenter e l’infrastruttura di rete a livello globale. Per rafforzare il posizionamento nel mercato delle telecomunicazioni e dei servizi di rete a valore aggiunto in Italia, Colt può contare su una rete in fibra di lunga distanza che collega Torino, Genova, Roma, Bologna, Parma e Milano. Fatta eccezione per le infrastrutture Data Center, da aprile 2016, le attività specificatamente IT e cloud sono state cedute a Getronics (che fa capo al fondo tedesco Aurelius) con il completamento della cessione di asset materiali e immateriali». In questo modo, Colt si profila come “enabler” di servizi di connettività ad alte prestazioni. I dati consolidati di gruppo non sono ancora disponibili, ma come ci conferma Zappi, nel 2015, Colt ha registrato una crescita importante con un ulteriore consolidamento nei parametri di EBITDA e CashFlow anche in Italia. «Non vogliamo essere “tuttologi”. Puntiamo a fare meno cose, ma vogliamo farle meglio degli altri».

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Reti più logiche e virtuali

«Se l’Europa fosse una nazione – afferma Mimmo Zappi – Colt sarebbe sicuramente l’incumbent principale per il suo posizionamento. E con l’acquisizione di KVH, una società di servizi gestiti di infrastruttura IT e di comunicazione, con sede principale a Tokyo e sedi operative a Hong Kong, Seoul e Singapore, oggi possiamo parlare anche di una Colt Asia». L’idea di fondo è quella di tornare a giocare un ruolo fondamentale nella componente del trasporto dati e voce, garantendo la flessibilità, l’elasticità, la dinamicità di cui le aziende hanno veramente bisogno. «Il concetto che Colt ha ereditato dai cinque anni di esperienza nei servizi IT, è la modalità “as a service” che oggi, in virtù del paradigma SDN, stiamo applicando al mondo delle reti, destinate anch’esse a diventare sempre più “logiche” e virtuali».

“Enabler” per lo sviluppo

In Italia, Colt continuerà a essere una realtà di “nicchia” che guarda alla fascia medio-alta del mercato. Colt è sempre meno un carrier legato alle dinamiche del mercato nazionale e sempre più un partner transnazionale per aziende che vengono dall’estero e chiedono di mantenere gli stessi standard di servizio, o viceversa, per eccellenze italiane che decidono di andare sui mercati internazionali con un partner globale, affidandosi a Colt che oggi è presente in 28 paesi. Per il nostro modello di business un elemento chiave è essere in prossimità di una infrastruttura abilitante e questo ci porta a fare i conti con la geografia della connettività in Italia, perché portare servizi in “cattedrali nel deserto” pone anche problemi di competizione o di “relazione strutturata” tra gli operatori.

Il business in Italia è molto frammentato

«La disponibilità di banda è un problema per lo sviluppo del Sistema Paese – avverte Zappi – e qui c’è la sfida più grossa che dobbiamo affrontare, anche se non è ancora bene chiaro come. Stimiamo che il mercato delle soluzioni di software defined networking avrà tassi di crescita del 50-70%. I piani nazionali che sono sul tavolo puntano a traguardare nel giro di qualche anno la disponibilità di servizi a 40-60 Mbit/s. Ma noi, quando parliamo di banda larga, facciamo riferimento già alla banda larghissima che va dai 100 Mbit/s in su. E questo rappresenta un piccolo campanello d’allarme, perché sicuramente il ritardo accumulato è un elemento critico nella valutazione della nostra strategia. Il piano Enel rappresenta un salto in avanti nella direzione giusta. Il colosso nazionale dell’energia avrà un ruolo importante nella diffusione della banda ultra larga. Infatti, Enel utilizzerà la rete elettrica che è tra le quattro e cinque volte più capillare di quella telefonica e il cablaggio previsto per i nuovi contatori per far passare la fibra ottica che, potenzialmente, può arrivare a un gigabit, che rappresenta anche il taglio di banda di ingresso (fino a dieci) per l’offerta “DCNet On Demand” e che intendiamo scalare ulteriormente, applicando dei modelli di self-provisioning online».

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Il futuro sarà più software o hardware?

«Ci siamo ritagliati il ruolo di enabler e su questo piano siamo pronti ad affrontare entrambe le sfide» – risponde Zappi. «Abbiamo investito molto sulla definizione di asset proprietari che sostengono il nostro business in questa direzione. E stiamo continuando a investire anche in Italia, adottando sempre di più soluzioni di Software Defined Network, che per loro definizione sono più sbilanciate sulla componente software. In tutti i casi, siamo certi che l’elemento base sarà la necessità del cliente di reagire in modalità flessibile e dinamica agli andamenti del mercato che determinano di conseguenza le sue necessità di business. Attualmente, siamo nella possibilità di predisporre un ambiente su misura con una “autostrada a sei corsie” per ogni senso di marcia: il cliente può decidere come utilizzarle, con quali veicoli e come pagare il pedaggio. Le caratteristiche sono: flessibilità, dinamicità nell’allocazione dei costi e delle risorse event driven, legate a periodi dell’anno o attività particolari, e controllo diretto delle infrastrutture».

Smart working

«Agile, flessibile, smart». Così è il lavoro secondo Colt le cui soluzioni di UC&C abilitano nuovi modi di lavorare in azienda. «Aiutano le imprese a rendere più agile il lavoro, spostando meno le persone, ovunque esse si trovino» – spiega Zappi. Come “telco” focalizzata sull’utenza aziendale, proprio in virtù della sua organizzazione snella e distribuita nel mondo, Colt è stata la prima a dotarsi di servizi di UC&C basati sulla sua infrastruttura di rete. «La tecnologia sta incidendo sui modelli di organizzazione del lavoro più di quanto la politica non sia stata capace di fare e ci sta traghettando verso uno scenario di flessibilità senza più confini».

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