I robot del MIT possono leggere nella mente dell’uomo

Realizzato in laboratorio il primo cervello ibrido

Tramite uno speciale algoritmo, le macchine recepiscono i segnali del cervello per correggere i loro errori. L’esperimento in un video

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I ricercatori del MIT hanno raggiunto un traguardo importante verso lo sviluppo di una nuova generazione di robot, capaci di leggere i segnali provenienti dal cervello umano. Attraverso una dimostrazione pubblicata online (video sotto), due braccia robotiche hanno il compito di inserire due categorie di oggetti negli esatti contenitori. Possono farlo sia grazie un algoritmo preinstallato a bordo che tramite il “pensiero” dell’uomo. Ciò può avvenire con una serie di sensori posti sul capo di una persona, che recepiscono e traducono ciò che il cervello interpreta come giusto o errato durante un’azione che si svolge dinanzi ai nostri occhi. Sfruttando un collegamento diretto alla macchina, se il tester vede posizionare un gomitolo dentro il box con l’etichetta “bombolette di vernice” può correggere il corrispettivo robotico, semplicemente pensando l’azione giusta.

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Ma come è possibile?

Il punto centrale del sistema sviluppato al MIT è un algoritmo che fa comunicare uomo e macchina. Questo rileva il cosiddetto ErrPS, cioè il potenziale degli errori, un coefficiente che entra in gioco quando il nostro cervello riconosce che si sta commettendo uno sbaglio. Appena il robot dice all’algoritmo quale scelta intende prendere, quest’ultimo la confronta con i dati dell’ErrPs, per determinare se combacia con la volontà del tester in carne e ossa. In un tempo che va dai 10 ai 30 millisecondi, l’algoritmo si attiva per classificare le onde provenienti dal cervello e indirizzare l’azione decisiva delle braccia meccaniche. “Immaginiamo di poter dire istantaneamente a un robot quello che deve fare – ha spiegato Daniela Rus, direttore del CSAIL, Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory del MIT – senza dover pronunciare alcuna parola o premere nessun tasto. Un approccio del genere sarebbe utilissimo in certe situazioni per supportare i processi computerizzati, come ad esempio le auto senza pilota, il lavoro industriale e altri settori che oggi non possiamo nemmeno immaginare. Quando gli automi non sono sicuri della loro decisione possono attendere la risposta umana per ottenere un risultato molto più accurato. In questo modo si crea un dialogo costante tra i due mondi, con l’obiettivo di giungere a conclusioni migliori”.

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