I venture capital partono per l’America Latina

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Fintech, Agritech e IoT, nuove frontiere e opportunità di investimento per il mercato del capitale di rischio che si espande uscendo dai confini tradizionali della Silicon Valley

Con il recente cambio di amministrazione verificatosi negli Stati Uniti, che sembra aprire le porte all’incertezza, i VC americani puntano sui mercati emergenti. La società di venture capital, Rise Capital, con sede a San Francisco, fondata da Nazar Yasin, ex direttore di Tiger Global Management, ritiene che alcune delle prossime startup tecnologiche possano provenire dall’America Latina, in particolare dal Brasile e dal Messico. Dopo aver concentrato gli investimenti degli ultimi anni nella Silicon Vallley, Rise Capital ha per la prima volta sostenuto una startup in Colombia. La società ha portato un round di ben 5,2 milioni di dollari che è stato chiuso questo mese. Nel mese di dicembre, è stato realizzato un investimento privato di 10 milioni di dollari raccolti dalla startup InstaCarro, con sede a San Paolo, una piattaforma online per la vendita di automobili. è evidente che non mancano le premesse per continuare a vedere opportunità promettenti nell’America Latina, sebbene molti punti interrogativi siano ancora affidati alle mani del nuovo Presidente degli Stati Uniti. Quel che è certo è che i venture capital della Silicon Valley sono intesi ad avviare un processo di integrazione economica dell’America Latina, sebbene siano consapevoli dell’arduo cammino da intraprendere a tal fine. La realtà di investire nei mercati emergenti comporta la necessità di prendere consapevolezza del fatto che non sarà un’impresa facile. Non è la prima volta che il venture capitalist Nazar Yasin decide di investire al di fuori degli Stati Uniti. Si deve ricordare che in precedenza è stato co-direttore del progetto relativo alla copertura Internet di Goldman Sachs in Europa. Nel 2010, è entrato a far parte di Tiger Global Management come amministratore e dove ha lavorato fino al 2013. Tiger Global Management è stato uno dei primi investitori nelle società di Internet latino-americane, molto prima della manifestazione di interesse da parte delle società della Silicon Valley. Ed è stato sicuramente in questa occasione che Nazar Yasin ha maturato l’interesse per l’America Latina, dichiarando che «Brasile e Messico sono due dei più grandi mercati Internet in tutto il mondo in questo momento, e c’è ancora poco capitale di rischio».

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Allo stesso tempo, ha ribadito che i mercati successivi saranno quelli dell’India e dell’Indonesia, dove ancora molti settori offline sono frammentati e ci sono possibilità per una rapida accelerazione di capitalizzazione. E quindi, l’America Latina potrebbe essere il mercato emergente più trascurato del Pianeta. Certamente, il capitale di rischio in America Latina non è in grado di reggere il confronto con l’India e la Cina (basti pensare agli 11,8 miliardi di dollari in nuovi fondi di capitale di rischio cinesi registrati per il primo semestre del 2016). Ma con gli investimenti compiuti nell’ultimo anno da parte di Andreessen Horowitz (Colombia), Founders Fund e Sequoia Capital (Brasile) e QED (Messico e Brasile), sembra che il panorama stia cambiando. Secondo un’analisi pubblicata da Techcrunch, nell’America Latina la popolazione interessata a usufruire dei servizi Internet è destinata a raddoppiare da 300 a 600 milioni. E quasi tutti riusciranno a essere online tramite dispositivi telefonici anche economici. Vale anche la pena notare che il Brasile, con solo la metà dei suoi 200 milioni di abitanti online, è già in grado di assicurarsi il secondo o terzo posto in ogni grande piattaforma sociale a livello globale.

I numeri del mercato del capitale di rischio

Il volume degli investimenti di capitale di rischio è stato in costante aumento nel corso degli ultimi cinque anni, e il 2015 è stato un anno eccezionale, con 594 milioni di dollari destinati a più di 182 offerte, nonostante la crisi economica del Brasile. Inoltre le operazioni di capitale di rischio in America Latina raggiungono una percentuale del 46% su base annua, secondo i dati del 2016 forniti dalla Latin American Private Equity e Venture Capital Association (LAVCA), un’organizzazione no-profit sostenuta da Omidyar Network. Proprio nel 2016, Andreessen Horowitz ha compiuto il primo investimento nell’America Latina, attraverso un finanziamento concesso a Rappi, una startup dedita a fornire un servizio di consegna di generi alimentari colombiano.

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Anche Founders Fund ha fatto il proprio debutto nell’America Latina con gli investimenti in Jusbrasil, una piattaforma legale, e Fintech Nubank. Quest’ultima ha raccolto ben 80 milioni di dollari nel corso dell’ultimo anno da Founders Fund, Sequoia Capital, Tiger Global, Kaszek Ventures e QED, seguita da un investimento di 52 milioni di dollari da parte di Goldman Sachs all’inizio del 2016. Goldman Sachs ha contribuito altresì a portare un investimento di ben 10 milioni di dollari nella startup CargoX, dedita a fornire servizi di logistica, con la partecipazione di Valor Capitale e Uber. Quanto ai settori dominanti nell’America Latina, per ora sembra che il fintech sia al primo posto, con il 29 per cento degli investimenti IT (in termini di dollari totali investiti) nel 2015, e il 40 per cento degli investimenti IT nel 2016. In Messico, la piattaforma di prestiti Kueski, è riuscita a raccogliere ben 10 milioni di dollari da CrunchFund, Rise Capital, Variv Capital e altri (più altri 25 milioni di dollari). E’ sicuramente interessante notare che, poiché la metà della popolazione della regione non può o non intende usufruire dei servizi bancari, quasi ogni società fintech sta cercando di realizzare un impatto diretto o indiretto sul processo di inclusione finanziaria della popolazione.

Agritech, nuova frontiera

Altro settore che sta riscuotendo grande successo è quello dell’agricoltura con grandi investimenti da parte di Monsanto, Qualcomm e BASF. L’agricoltura unita all’IoT sembra infatti essere la nuova frontiera. Si deve rilevare infatti come il Brasile sia il secondo mercato agroalimentare a livello mondiale dietro gli Stati Uniti, e gli investimenti nella tecnologia al servizio dell’agricoltura sono in netto aumento. La Monsanto sta investendo fino a 92 milioni di dollari nelle startup di BR, un fondo brasiliano gestito da Microsoft in collaborazione con Qualcomm Ventures e quest’ultima ha anche lanciato un programma per inviare un drone su ogni fattoria in Brasile (ce ne sono più di 2 milioni). Altro paese da non sottovalutare è l’Argentina che sta organizzando una serie di modifiche strutturali per facilitare la creazione di nuove società. Ci sono anche piani per la creazione di 10 nuovi fondi per fornire agli imprenditori la possibilità di accedere al capitale e alla normativa che consente il crowdfunding. Sembra quindi che dobbiamo prepararci ad ampliare o a vedere ampliati i confini geografici del tradizionale mercato del capitale di rischio. La Silicon Valley non è più infatti l’unico terreno di investimento e si sta diffondendo una tendenza a investire nei nuovi mercati emergenti. Probabilmente, i rischi da fronteggiare saranno più elevati ma anche le possibilità di cospicui ritorni economici saranno altrettanto presenti per compensare i rischi fronteggiati.

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