Twitter secondo un’analisi di Amnesty International dà spazio alla violenza verbale e offese nei confronti delle donne
L’hate speech è un problema comune a molti social network e aziende che basano il proprio servizio sulla condivisione di contenuti da parte degli utenti. Twitter sembra particolarmente in difficoltà sotto questo aspetto, almeno per quanto riguarda la misogenia dilagante sulla piattaforma. A dirlo è uno studio di Amnesty International in cui si afferma che il 7,1% dei tweet inviati nel 2017 a politici di sesso femminile e giornaliste di USA e Regno Unito può essere considerato offensivo. In totale si tratta di 1,1 milioni di post pubblicati ad un ritmo di uno ogni 30 secondi. L’associazione sottolinea come questo atteggiamento porti le donne ad isolarsi nelle loro attività online in un momento in cui c’è bisogno di dar voce ai loro problemi, come nel caso della campagna #metoo. Twitter è accusato di non essere capace di applicare “coerentemente e in modo trasparente i propri standard per combattere la violenza e gli abusi” dando spazio a commenti che promuovono violenza e minacce in base alla “razza, etnia, origine nazionale, orientamento sessuale, genere, identità di genere, religione, età, disabilità o malattia grave”. Il fenomeno colpisce soprattutto le donne di colore e ciò “contribuisce a silenziare voci già emarginate”.
Twitter ad inizio dell’anno era stato definito “tossico per le donne” da Amnesty International ma purtroppo il social network, che ha introdotto la possibilità di ripristinare l’ordine cronologico dei tweet, non è riuscito a porre fine a questo fenomeno. Alla luce di questa ricerca Citron Research è arrivato a battezzare la piattaforma come l'”Harvey Weinstein dei social media” provocando un calo vertiginoso del valore dei titoli dell’azienda di San Francisco. Le azioni sono infatti calate del 12,45% a Wall Street.
