WeChangeIT Forum 2021. Back to basics, forward to the future

WeChangeIT Forum 2021. Back to basics, forward to the future

Dal piano Marshall ai problemi della crescita dell’economia italiana fino al PNRR per il rilancio strutturale del Paese. Dal restart all’upgrade, la digital transformation delle imprese e della PA. La città intelligente come catalizzatore di dati

Come le aziende affrontano il cambiamento? Che cosa significa seguire la crescita in termini organizzativi, operativi e strategici? Riadattare. Ricostruire. Riprogettare. Rimappare. Infrastrutture intelligenti a servizio del business e del capitale umano. Organizzazione e sviluppo sostenibile, innovazione. Dalle imprese al territorio. L’idea d’impresa è imprescindibile dallo sviluppo delle città. Come costruire la crescita all’interno della stessa casa comune? Come ripristinare il collegamento tra innovazione, organizzazione ed economia? Come dare forma alla complessità? Come creare una nuova enterprise architecture per la digital transformation in grado di intersecare i domini orizzontali, business, informazioni, applicazioni e tecnologia, con i domini verticali, sicurezza, performance, integrazione e servizi?

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Sono i comportamenti a fare il mercato, il business, la pandemia e anche la ripresa che tutti ci aspettiamo. Siamo immersi nella complessità e non ci sono scorciatoie: le imprese come le persone cambiano quando sono costrette a farlo, mettendo a dura prova la capacità di resistere, di adattarsi e di sfruttare il cambiamento a proprio vantaggio.

DAL RESTART ALL’UPGRADE

L’agenda del Paese deve mettere al centro del rilancio economico la trasformazione digitale e la sostenibilità sociale e ambientale come prospettiva in grado di rendere il sistema produttivo più duraturo, inclusivo e sicuro. ll digitale propone nuovi modi di vivere, lavorare, produrre, imparare, curare. Un cambio di governance porta con sé anche un cambio di management. Tra dividendi politici e perimetri tecnici a geometria europea, l’agenda del cambiamento sembra essere dettata sempre dalla necessità e dall’urgenza. Serve una visione di sviluppo per il futuro che il PNRR può finalmente abilitare.

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Le previsioni di crescita da parte di analisti, FMI e OCSE promuovono l’Italia ma al tempo stesso ci inchiodano alla responsabilità delle scelte che faremo o non faremo. Per la prima volta, l’Italia non avrà più l’alibi di essere l’ultima della classe. L’Europa però deve recuperare la dimensione politica, perché la pura competizione non può essere il solo principio fondante di una comunità. Se lasciamo le cose così come sono, saremo destinati a ripetere gli stessi errori. Non siamo alla fine della storia, ma all’inizio di un altro capitolo in cui la tecnologia disegnerà nuovi equilibri. Una nuova fase storica che non richiede eserciti ma che obbliga a riempire un vuoto. Il vuoto di infrastrutture, conoscenza e cooperazione tra pubblico e privato. C’è chi parla di “restart” ma occorre invece un “upgrade”, un passaggio a un livello superiore, con la consapevolezza che il cambiamento è realizzabile e che le tecnologie, opportunamente governate, possono supportare questa trasformazione. In particolare, ricominciando dal ruolo strategico della città.

Il problema non è il debito pubblico – come spiega l’economista Giulio Sapelli – ma la quantità di stock accumulato, che tradotto significa infrastrutture fisiche e digitali che aumentano la produttività totale dei fattori. E qui sta il vero nodo della questione. L’Italia rischia di rimanere indietro in assenza di un piano di investimenti in infrastrutture in grado di dare un taglio con il passato e di trasferirsi dalla carta all’economia reale. Il digitale fa due cose: elimina le barriere e crea nuovi spazi di mercato. I mercati – però – non sono perfetti, ma seriamente difettosi. L’attenzione sull’economia dei luoghi permette di capire non solo gli ingredienti necessari, ma anche i modelli più adatti per stimolare la crescita.

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ARCHITETTURE PER LO SVILUPPO

Grazie all’ICT si possono utilizzare meglio le risorse delle città, per ridurre i consumi di energia e far lavorare meglio le persone. Si può progettare la mobilità sulla base dei dati e rendere gli edifici più smart e green. Il data center diventa il nuovo cuore della città. E dove è collocato diventa importante. Alla malta e ai mattoni si può sostituire un impasto di fibre ottiche, sensori, big data e capacità di calcolo on the edge. Ma di tutto ciò non c’è traccia nei piani regolatori. L’innovazione tecnologica disarticola la dialettica classica tra centro e periferia. La sfida: connettere centro e periferia nel segno della qualità della vita e dei servizi. Tutto diventa centrale se è collegato. Tutto diventa periferia se non è connesso.

La città-rete come nuova architettura sociale dove le reti, dai trasporti alle telecomunicazioni, si intrecciano. Dalla progettazione alla pianificazione urbanistica. Comunità resilienti, trasformazione digitale e dialogo con l’esistente. L’attenzione sull’economia dei luoghi permette di capire non solo gli ingredienti necessari, ma anche i modelli più adatti per stimolare la crescita. Alla malta e ai mattoni si sostituisce un impasto di fibre ottiche, nuovi materiali, nuovi modi di costruire per risparmiare energia, capacità di calcolo on the edge, sensori e big data. Dati, sicurezza, reti. Le città per scaricare a terra gli investimenti dei piani di Digital transformation del Paese. La città come ponte digitale che collega comunità, territori e imprese. E nuovo modello di governance. I CIO come architetti d’impresa, per ripensare i luoghi e i modelli del lavoro e del business. Lo spunto architetturale come metafora del replatforming delle aziende. Grazie ai dati si possono utilizzare meglio le risorse delle città per ridurre i consumi di energia e far lavorare meglio le persone, monitorare l’ambiente. Si può progettare la mobilità sulla base dei dati e rendere gli edifici più smart e green. Il data center diventa il nuovo cuore della città. E dove è collocato diventa importante.

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È una questione di equilibri delicatissimi. I sistemi complessi interagiscono fra loro e generano equilibri nuovi. E l’equilibrio è una proprietà nuova del sistema che non conosciamo ancora. Ogni equilibrio è una condizione sempre precaria. Continuamente distrutta e continuamente ricreata. Per costruire un futuro diverso dobbiamo partire da questa consapevolezza. Ma siamo solo all’inizio. Pensare al futuro, imprigionati negli schemi del passato, è l’errore più comune che possiamo fare. Dobbiamo riflettere su che cosa significa veramente innovazione. Forse, dobbiamo fare come gli alberi: cambiare le foglie, garantendo agilità alla struttura; risolvere problemi con il minimo consumo di energia; distribuire l’intelligenza nelle radici, mantenendo il controllo a livello centrale. Investendo sui giovani, le donne, il Mezzogiorno. Potenziando la ricerca, guidando la tecnologia che non è mai veramente neutra. Per eliminare le differenze che creano squilibrio. Perché se nessuna trasformazione è a costo zero, nessuno squilibrio può durare per sempre. E prima o poi è destinato a esplodere.