Città smart, significato e prospettive di sviluppo

Città smart, significato e prospettive di sviluppo

Tecnologie e connettività per raccogliere e analizzare i dati in tempo reale. La collaborazione tra pubblico e privato per migliorare la qualità della vita dei cittadini, ottimizzare l’efficienza dei servizi pubblici e promuovere una gestione sostenibile delle risorse. Con la partecipazione di Comune di Milano, Comune di Sesto San Giovanni, Cradlepoint, Edison Next, Enel X, Fondazione per la Sostenibilità Digitale, Milestone Systems, Roma Servizi per la Mobilità e Sopra Steria

I cittadini vogliono poter vivere in modo smart. Ma cosa significa realmente la parola smart? Letteralmente la parola smart può essere tradotta con intelligente, elegante, brillante, rapido, bello, alla moda. Se applichiamo questi significati al concetto di città vediamo che smart city assume il significato di città “intelligente”, che rende la vita ai suoi abitanti più bella e brillante, grazie a servizi rapidi ed efficienti.
Bisogna solo fare attenzione che questo modello non si riduca a un qualcosa che sia solo “alla moda”, significato, per certi versi, inquietante della parola smart. Se poi andiamo a analizzare i significati del verbo “to smart” vediamo che può significare far male o dolere. Quindi probabilmente la parola smart applicata alla città sottintende anche il pericolo che se non ben progettata (soprattutto nella declinazione dei servizi al cittadino) possa veramente “far male”, diventando un freno, invece di un abilitatore. Allora quali sono i punti cardini su cui si fonda il concetto di smart city? Una città diventa smart quando tutti gli attori, privati e pubblici, cittadini, imprenditori e istituzioni lavorano assieme per costruire servizi efficienti, facili da usare, alla portata di tutti, sostenibili sia a livello economico che sociale che ambientale, efficienti e che semplificano la vita ai propri abitanti. Solo con una convergenza di intenti e una collaborazione di tutti gli operatori del territorio una città può veramente diventare smart nel senso positivo del termine senza rischiare di “far male”.

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La tavola rotonda di Data Manager ha voluto fare chiarezza sul significato e le dimensioni di sviluppo della smart city, analizzando le ricadute reali dell’adozione di tecnologie digitali a supporto di una evoluzione sostenibile delle città. Con la partecipazione di Comune di Milano, Comune di Sesto San Giovanni, Cradlepoint, Edison Next, Enel X, Fondazione per la Sostenibilità Digitale, Milestone Systems, Roma Servizi per la Mobilità e Sopra Steria.

CONOSCENZA DEL TERRITORIO

La disponibilità di servizi adeguati è una condizione necessaria affinché il cittadino possa vivere la città in modo più smart, dove per smart si intende fruibile, accessibile, amichevole e sostenibile. «E’ importante conoscere i bisogni dei territori per mettere a terra soluzioni che creino valore e portino i contesti locali a raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità e decarbonizzazione, in un percorso ritagliato su misura», afferma Claudio Guerrini, Smart Services director di Edison Next. Edison Next è la società del gruppo Edison nata con la missione di accompagnare aziende, territori e Pubbliche Amministrazioni nel loro percorso di decarbonizzazione, proponendosi come partner solido e di lungo periodo, con una visione ampia sulle tecnologie che verranno messe in campo nei prossimi anni. Attraverso una piattaforma di servizi, tecnologie e competenze completa e unica sul mercato, Edison Next è in grado di offrire soluzioni che spaziano dall’autoproduzione di energia, all’efficienza energetica, alla mobilità sostenibile, allo sviluppo dei green gas, a progetti di smart city e rigenerazione urbana e ai servizi legati all’economia circolare.

«Partiamo dalla conoscenza delle risorse disponibili localmente per alimentare i nostri impianti e analizziamo il contesto per realizzare gli asset migliori per il contesto», continua Guerrini, «costruiamo con i territori un percorso di transizione che prevede un mix di soluzioni ritagliate sul contesto specifico, bilanciando investimenti con un ritorno di breve periodo, come il fotovoltaico, con investimenti più impegnativi e a più alto impatto di decarbonizzazione, ma dai ritorni prospettici, come l’idrogeno». In tema Smart City, Edison Next propone diverse soluzioni che fanno leva sul digitale come elemento chiave per trasformare le città in realtà sostenibili e intelligenti. Uno dei principali ambiti di applicazione è quello dell’illuminazione pubblica, in cui il palo della luce vive la trasformazione in antenna che abilita una serie di altri servizi. «L’utilizzo di soluzioni tecnologiche di illuminazione efficiente, come l’illuminazione adattiva, che, grazie a sofisticati sistemi di sensoristica consente di modificare in tempo reale l’illuminazione stradale in base alle reali condizioni di traffico, meteo e luminosità, garantiscono un risparmio economico, energetico e benefici dal punto di vista della sostenibilità ambientale», spiega Guerrini, «portando valore aggiunto in termini di sicurezza e qualità della vita, oltre a valorizzare il patrimonio artistico locale».

Importanti sono anche le soluzioni di illuminazione che seguono il ritmo circadiano giorno-notte, integrato con l’ambiente, che aiutano la gestione della vegetazione, rendendo la città più bella. «E’ essenziale sottolineare che l’illuminazione pubblica può abilitare servizi per la mobilità e la viabilità intelligente come smart parking, semafori intelligenti, e servizi per la sicurezza, come impianti di videosorveglianza, attraversamenti pedonali smart, permettendo di indirizzare e gestire tematiche cruciali come il traffico, mobilità green, sicurezza, inquinamento e sostenibilità economica», conclude Guerrini, «soluzioni sostenibili e “oggetti connessi” che dialogano tra loro sono in grado di restituire informazioni chiave alla cittadinanza e alle Pubbliche Amministrazioni. I dati raccolti infatti possono confluire in un’unica piattaforma in grado di fornire alle Amministrazioni uno strumento efficace per l’osservazione della città e la presa di decisioni, in ottica di pianificazione e di dialogo con cittadinanza e city users».

Claudio Guerrini, Smart Services director di Edison Next

SVILUPPO URBANO SOSTENIBILE

Il mondo sta iniziando un percorso verso un nuovo modo di produrre e consumare energia grazie a un ecosistema di soluzioni integrate di facile adozione e progettate sui bisogni di persone, istituzioni e aziende. Enel X è la branch innovativa di Enel che ha lo scopo di valorizzare tecnologie e asset infrastrutturali, riducendo le emissioni e creando ecosistemi sostenibili. «Lo sviluppo urbano sostenibile è una priorità per efficientare l’utilizzo delle risorse disponibili e costruire un futuro ad emissioni zero. Enel X supporta e abilita questo processo tramite un insieme di innovazioni concrete e misurabili in termini di impatti, studiate e progettate per rendere le nostre città più smart e sostenibili» – spiega Sergio Gambacorta, head of Smart City & Business to Government Innovation di Enel X. Il modello che attua tale linea di azione si basa su tre passaggi. Il primo è quello dell’assessment, cioè tutte quelle attività che mirano a censire e verificare il contesto territoriale in modo da consentire alle amministrazioni locali di avere una vista preliminare e organica della situazione as-is, gettando i presupposti per prendere decisioni basate sulla disponibilità di dati reali ed organizzati. «Enel X ha ideato e sviluppato – validandoli con il supporto di università e centri di ricerca – tre indicatori basati sull’analisi di Open Data che forniscono a tutti i 7.901 comuni italiani un assessment dei loro territori in merito ai 3 pilastri dello sviluppo urbano sostenibile» – continua Gambacorta. Il primo indicatore è il “Circular City Index” che fornisce una stima dell’adozione dei principi dell’economia circolare delle nostre città e della relativa “readiness” infrastrutturale e in termini di policy. Il secondo è il “15-minute City Index” che analizza in modo scientifico la vicinanza dei nostri comuni al modello della cosiddetta “città da quindici minuti”, cioè quella dove la diminuzione delle emissioni, l’incremento della resilienza e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini si realizza tramite una pianificazione urbana di prossimità che consenta di raggiungere qualsiasi infrastruttura con una camminata o un percorso in bicicletta non superiore appunto a quindi minuti. Il terzo indicatore è il “CO2 City Index” che stima quali sono le emissioni antropiche dei comuni italiani dando una evidenza anche a livello di micro distretti rispetto a quelle che sono le quantità di CO2 del territorio. «Questi tre indici – spiega Gambacorta – sono disponibili gratuitamente per tutte le amministrazioni sul Portale Enel X YoUrban e supportano in modo analitico le analisi di assessment territoriali funzionali ad evidenziare le aree di eccellenza e quelle di miglioramento per poter avviare azioni di sviluppo urbano sostenibile».

Il secondo passaggio è quello della progettazione che, partendo dalle evidenze dell’assessment si arricchisce nel confronto con le amministrazioni e con le analisi delle esigenze di dettaglio e porta alla definizione di azioni e piani progettuali concreti. Molte le soluzioni realizzate da Enel X in merito. Per semplificare, Gambacorta cita l’esempio del simulatore per l’elettrificazione del trasporto pubblico – sviluppato dal team di Innovazione ed oggi utilizzato dall’ingegneria eBus, dove tramite le analisi dei dati open (GTFS) delle società di trasporto arricchite con dati relativi al contesto e alle caratteristiche tecniche dei veicoli – tramite algoritmi di machine learning sia possibile stimare le potenzialità di elettrificazione delle rotte del trasporto pubblico – valutando in dettaglio sia la fattibilità tecnica, sia i benefici economici ed ambientali raggiungibili passando agli eBus. Una versione semplificata del tool, realizzata per incrementare la consapevolezza dei benefici ottenibili tramite l’elettrificazione del trasporto pubblico è disponibile sul portale Enel X. L’ultimo passaggio è l’implementazione progettuale – per raggiungere gli obiettivi di maggior efficienza. «Tornando all’esempio dell’illuminazione pubblica, dopo i vari passaggi che hanno portato a una efficienza sempre crescente degli impianti, Enel X ha disegnato ed implementato in diverse municipalità la cosiddetta illuminazione adattiva – continua Gambacorta – dove, grazie all’analisi in tempo reale delle informazioni di traffico, meteo e luminanza, si vanno a regolare in maniera automatica le potenze di illuminazione pubblica, chiaramente sempre in coerenza con le normative e con il primo obiettivo della sicurezza stradale». L’adozione di tali soluzioni oltre che ridurre potenzialmente i consumi energetici anche del 40% su impianti già ottimizzati a LED, è in grado anche di reagire a fenomeni improvvisi. Per esempio, in caso di incidenti o avversi fenomeni metereologici, la potenza illuminante viene incrementata rispetto allo stato normale, proprio per salvaguardare la sicurezza stradale.

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Sergio Gambacorta, head of Smart City & Business to Government Innovation di Enel X

LA CITTÀ A MISURA DI CITTADINO

L’illuminazione adattiva non è solo un progetto teorico, ma è realtà a Sesto San Giovanni (Mi) – come ci ricorda Antonio Lamiranda, assessore all’Urbanistica, ambiente, edilizia, infrastrutture e reti, mobilità, manutenzione strade del Comune di Sesto San Giovanni. «L’amministratore deve pensare alla città a 360 gradi e quindi quando si parla di città intelligente bisogna declinarla su territorio, tessuto urbano e composizione sociale» – spiega Lamiranda. «Gli abitanti appartengono a tre tipologie. Una che è nata “smart”, l’altra che si è adattata a essere “smart” e l’ultima che non in grado di utilizzare una app e neppure un cellulare. Quest’ultima non deve essere abbandonata ed ha il diritto di accedere a servizi in modo semplificato. Quello che le amministrazioni pubbliche, con il supporto delle aziende private, devono fare è rendere più semplice la città a chi non è in grado di operare con la tecnologia».

Questo risultato – continua Lamiranda – «si può raggiungere creando punti informatici sul territorio, ai quali il cittadino si può rivolgere per effettuare quelle operazioni che non è in grado di compiere in autonomia, e ovviamente favorendo l’avvicinamento e l’alfabetizzazione informatica». Due sono le cose essenziali da tenere presenti: semplificare l’accesso ai servizi ai cittadini e digitalizzare sempre di più l’amministrazione pubblica. «Due cose assolutamente non scontate» – commenta Lamiranda. «Realizzare questi due passaggi implica avere dati a disposizione in modo uniforme e integrato, eliminando silos di competenza, ostacoli normativi e tecnologici. Le persone non sono naturalmente predisposte ai cambiamenti improvvisi e quindi occorre definire strategie di accompagnamento per avvicinare gradualmente i cittadini a un nuovo modello di città, basata su servizi più efficienti in grado di ridare dignità alla vita dei quartieri» – conclude Lamiranda.

Antonio Lamiranda assessore all’urbanistica, ambiente, edilizia, infrastrutture e reti, mobilità, manutenzione strade del Comune di Sesto San Giovanni

L’IMPORTANZA DEI DATI

«Quello che rileviamo lavorando come system integrator a supporto delle amministrazioni pubbliche è proprio la presenza di basi dati che non si parlano, replicano informazione, e che non possono essere utilizzate per il loro potenziale in quanto totalmente non integrate» – afferma Roberto Balzerani, direttore divisione PA, Energy & Telco di Sopra Steria Italia. «La digitalizzazione dei dati inoltre si porta dietro anche un aspetto importantissimo di trasparenza e tracciabilità, fondamentale per la realizzazione di una città smart a garanzia di tutti. Le decisioni operative sono sempre più dettate dalla disponibilità di dati a supporto e le amministrazioni lo stanno comprendendo a tal punto da andare a ridefinire le organizzazioni interne in modo che risultino più integrate e uniformi».
Fino a poco tempo fa, quando si parlava di smart city, si poneva subito l’accento sull’aspetto tecnologico. Oggi, il concetto si è evoluto, abbracciando una visione strategica a medio e lungo termine, la cui attuazione richiede un monitoraggio costante. «Questo nuovo approccio si fonda su dati precisi e affidabili, che devono essere attentamente analizzati e supportati da tecnologie all’avanguardia» – spiega Balzerani.

«In particolare, è fondamentale che le basi dati siano progettate in modo integrabile, in modo da consentire analisi predittive e facilitare la creazione dei cosiddetti “gemelli digitali”. Un gemello digitale rappresenta una replica dettagliata della città reale, che permette di simulare il comportamento e le reazioni della città di fronte a vari eventi. Queste simulazioni – continua Balzerani – possono riguardare situazioni diverse, come il blocco del traffico su una strada specifica, l’esondazione di un torrente o la gestione di eventi pubblici in aree specifiche, e così via. Per garantire il successo di questi modelli, è essenziale promuovere un’efficace integrazione tra le diverse basi dati e assicurarsi che siano disponibili applicazioni progettate in considerazione della vasta gamma di dati a disposizione. Solo così – afferma Balzerani – si potranno prendere decisioni informate e favorire lo sviluppo di una città intelligente e sostenibile. L’esempio della illuminazione adattiva di cui ha parlato Gambacorta di Enel X non potrebbe essere realizzato senza la disponibilità in tempo reale di dati provenienti da varie fonti: sensori del traffico, informazioni meteo, rilevamenti video del territorio».

Roberto Balzerani direttore divisione PA, Energy & Telco di Sopra Steria Italia

L’ECOSISTEMA DIGITALE URBANO

La vera scommessa è costruire una interoperabilità applicativa che attinga a dati provenienti da fonti pubbliche e private. «Creare un ecosistema digitale urbano è uno degli obiettivi che si è posto il Comune di Milano» – afferma Sara Belli, direttore dell’area Strategia, Demand e Governo ICT – Direzione Innovazione Tecnologica e Digitale del Comune di Milano. «L’ecosistema digitale urbano nasce dall’idea di creare un sistema in grado di favorire la interoperabilità dei dati prodotti da soggetti diversi. Questi dati verranno pubblicati su una piattaforma comune, basata su un modello tipo API manager, esposta verso i privati e il mondo della pubblica amministrazione. Tramite questa piattaforma è possibile pubblicare informazioni che, in base a policy concordate con i soggetti privati, saranno rese disponibili all’amministrazione comunale per abilitare da un lato le scelte relative alla politiche di mobilità, di casa, di educazione, di servizi sociali e via dicendo, e dall’altro lato per rendere soggetti terzi privati capaci di proporre e realizzare servizi vicini ai bisogni del cittadino, nel rispetto del modello di business e di sostenibilità delle aziende private, che differisce da quello della PA».

Un accordo paritetico tra amministrazioni pubbliche, aziende partecipate e private stabilirà le regole secondo le quali i dati di ognuno potranno essere scambiati e tra quali soggetti. Obiettivo finale è aprire la piattaforma anche all’apporto dei singoli cittadini in quanto essi stessi importanti data provider. «Come struttura al servizio dell’innovazione digitale del Comune, possiamo proporre e fornire le tecnologie che abilitano i servizi della smart city, tuttavia, la definizione del disegno dei servizi è compito di un gruppo allargato e multidisciplinare di soggetti, costituito dalle persone delle Direzioni di linea della Pubblica Amministrazione, dalle aziende e dai cittadini» – continua Sara Belli, indicando come l’area di cui è responsabile si sta adoperando per la costituzione di tali gruppi di lavoro. Il modello è stato sperimentato attraverso il caso d’uso di shared mobility con la partecipazione dei maggiori attori di questo mercato che si sono resi disponibili a condividere, tramite la piattaforma, i propri dati al fine di abilitare la creazione di un supporto alle decisioni per le strategie di Mobilità realizzato da Amat.

L’ecosistema digitale urbano si configura, pertanto, come un sistema aperto in cui tutti gli stakeholder, inclusi cittadini, amministrazioni pubbliche, aziende private e partecipate, possono collaborare. L’obiettivo ultimo è quello di sviluppare servizi utili e basati su dati reali, che, per loro natura, alimentano la creazione di gemelli digitali per la modellizzazione e la simulazione. In questo contesto, la condivisione di dati tra i vari soggetti si rivela fondamentale per favorire un’efficace pianificazione urbana e una gestione ottimizzata delle risorse.

Sara Belli direttore dell’area Strategia, Demand e Governo ICT – Direzione Innovazione Tecnologica e Digitale del Comune di Milano

IL CITTADINO AL CENTRO

«La smart city non è l’obiettivo, ma uno strumento. Il vero obiettivo è mettere il cittadino al centro del processo, consentendogli di beneficiare delle innovazioni, introdotte dal concetto di smart city, che si riflette, in ultima analisi, nel concetto di sostenibilità» – afferma con chiarezza Salvatore Marras, Public Sector director della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. Nel 2010, quando gli obiettivi di Agenda 2030 non erano ancora scritti, si inizia a parlare di smart city come progetto urbanistico di città dotate di infrastrutture digitali avanzate. Con una più efficiente gestione dei servizi grazie alle reti, ai sensori IoT. Parallelamente si forma un concetto di città smart che parte dal capitale umano, dalla innovazione sociale, che sviluppa una maggiore efficacia nel dare risposta ai bisogni dei cittadini. Il primo modello è prevalentemente tecnologico e centrato sull’efficienza, spinto soprattutto dai fornitori di soluzioni integrate per la gestione delle città, spesso calato dall’alto, legato a ingenti investimenti.

Il secondo modello è prevalentemente di innovazione sociale e centrato sull’efficacia, parte dal basso, dai movimenti dei cittadini che chiedono un maggiore coinvolgimento nei processi di cambiamento, mettendo in discussione i tradizionali meccanismi della democrazia rappresentativa. Due concezioni che nel tempo si sono avvicinate. «Apparentemente sembra la stessa contrapposizione tra egovernment e open government, tra efficienza della macchina amministrativa ed efficacia dei servizi, tra decisioni top down e bottom up. In realtà diventa presto chiaro che è indispensabile contemperare i due punti di partenza verso progetti integrati di cambiamento» – spiega Marras, che aggiunge che l’aspetto essenziale da tenere presente nella costruzione di una smart city – «è la capacità di dare una risposta ai bisogni dei cittadini, con un livello di partecipazione crescente alla creazione del modello desiderato». Infatti non esiste un solo modello di smart city. Si pensi a Barcellona e Dubai: smart city create su modelli totalmente differenti. La prima con attenzione massima alla partecipazione, la seconda molto rivolta all’aspetto tecnologico. «La tecnologia aiuta la partecipazione del cittadino, ma non si crea partecipazione solo con la tecnologia» – continua Marras. Barcellona ha investito tanti soldi nella creazione di una piattaforma semplice e usabile per la partecipazione del cittadino – piattaforma in uso anche a Milano, nella Regione Emilia, nella regione Puglia e in tanti paesi del Sudamerica, diventando un modello cross di città e nazione. Ma occorre ricordare che a Barcellona, la partecipazione del cittadino è parte della cultura, si faceva anche prima nei mercati, nei quartieri. Per questo – conclude Marras – «bisogna investire sulle conoscenze e competenze dei cittadini e non solo sulla tecnologia».

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Salvatore Marras Public Sector director della Fondazione per la Sostenibilità Digitale

IL CITTADINO COME BENE PRIMARIO

La smart city per molti ancora è legata al servizio tecnologico abilitato, per esempio, la possibilità di utilizzare app specifiche in grado di semplificare il come fare tante cose. «Tuttavia, bisogna capire qual è il bisogno primario di un cittadino» – afferma Marco Mazzei, consigliere comunale di Milano. «Qualità della vita e salute sono i bisogni primari». Se si deve individuare un modello di smart city, probabilmente è necessario mettere la tecnologia al servizio della vita delle persone. «Se pensiamo agli incidenti stradali, solo per fare un esempio, non è verosimile che nel 2023 città altamente digitalizzate e con macchine e sistemi intelligenti abbiano ancora numeriche da spavento» – commenta Mazzei. «Solo nella tecnologica ed avanzata Milano, nel 2021 ci sono stati ottomila incidenti stradali, 31 morti e oltre 18mila feriti. Mentre oggi abbiamo grazie alla tecnologia la possibilità di prenotare un’auto in sharing, di avere un assistente virtuale che ci permette di orientarci, mentre guidiamo e altre cose meravigliose, non vi è mai stata la volontà politica di utilizzare la tecnologia per salvaguardare il bene primario del cittadino: la propria vita» – continua Mazzei.

«Prendiamo in considerazione alcuni casi. Attualmente, i sistemi di guida assistita delle auto sono in grado di determinare la velocità, basandosi su fattori come la georeferenziazione, per esempio, all’ingresso di un’area a viabilità limitata o altre zone specifiche. I monopattini in sharing già sfruttano questo tipo di tecnologia». Pertanto, sorge spontanea una domanda: perché non estendere questa funzionalità anche alle auto? «Per volontà politica, non per capacità tecnologiche» – risponde Mazzei. Lo stesso dicasi per il parcheggio. «Non è possibile parcheggiare un monopattino in sharing se non in luoghi definiti, altrimenti non si può chiudere il noleggio. Un’auto in sharing si può parcheggiare anche sullo scivolo per persone diversamente abili, senza alcun problema a terminare il noleggio. Forse si sono usati gli incidenti dei monopattini per distogliere l’attenzione da quelli molto più numerosi causati dalle auto» – insiste Mazzei.

«La smart city è il luogo dove la volontà politica si fa problem solving grazie alla tecnologia. In una smart city, la tecnologia deve essere messa al servizio della vita delle persone, siano questi residenti, turisti o pendolari. Pensiamo alle vite perse da pedoni e ciclisti, cinque a Milano solo negli ultimi mesi, a causa del cosiddetto “angolo cieco” dei mezzi pesanti. La tecnologia per aiutare chi guida questi mezzi ad avere una visuale completa esiste. Da luglio 2024, ogni mezzo immatricolato nella Comunità europea dovrà avere a disposizione mezzi tecnologici per eliminare l’angolo cieco. Milano, con delibera ad hoc, ha anticipato al 2023 il divieto di circolazione a mezzi pesanti sprovvisti di sensori per angolo cieco a quest’anno per i veicoli superiori alle 12 tonnellate, e a ottobre 2024, per quelli compresi tra 3,5 e 12 tonnellate».

Marco Mazzei consigliere comunale di Milano

LA QUALITÀ DELLA CONNESSIONE

Tante applicazioni implicano tanti dati generati e distribuiti sulla rete. Disporre di una connettività wireless diffusa e performante, facilmente scalabile al crescere dei servizi digitali a disposizione del cittadino, può diventare uno dei maggiori fattori di inclusività e integrazione sociale – come spiega Alberto Nardi, account director MSP sales di Cradlepoint Southern Europe. Cradlepoint nasce per dare connettività a cose, luoghi e persone in modo veloce, sicuro e resiliente per abilitare l’utilizzo di nuovi servizi digitali. «Nel mondo ci sono circa 42 miliardi di sensori IoT che crescono numericamente al ritmo vertiginoso del 18% all’anno. Con questo tasso di crescita, con la morfologia del territorio italiano e del patrimonio storico e artistico esistente, con la necessità di fornire servizi in mobilità, solo cablare non ha più senso» – afferma Nardi. «Pensare a una connettività wireless è diventato centrale». Per esempio, sul territorio di Bergamo, l’utilizzo di sensori sugli autobus durante la pandemia, ha permesso di monitorare l’affluenza dei passeggeri per singola corsa con indicazioni in tempo reale. Avere nei parchi pubblici pali dotati di pannelli fotovoltaici che possano alimentare router per la connettività Wi-Fi e per videocamere è un altro esempio. Il palo intelligente che ospita un defibrillatore è in grado di inviare in automatico via rete le informazioni alla centrale operativa in caso di utilizzo dello strumento per una emergenza.

«Oggi – continua Nardi – è possibile inviare ai semafori le informazioni per far scattare il verde nel momento in cui deve passare una ambulanza, ma per farlo il mezzo di soccorso deve poter comunicare in tempo reale la propria posizione con un sistema centrale in grado di inviare in automatico il segnale all’impianto semaforico. La connettività wireless è diventata un vero e proprio abilitatore di servizi. Il nuovo 5G standalone inoltre permetterà di connettere centinaia di migliaia di apparecchiature per chilometro quadrato con latenze tendenti a zero, permettendo l’utilizzo di servizi che da soli faranno comprendere al cittadino l’importanza di una città connessa».

Alberto Nardi account director MSP sales di Cradlepoint Southern Europe

ABITUDINE ALL’USO DEI SERVIZI

Aristotele diceva che “noi siamo quello che facciamo ripetutamente, perciò l’eccellenza non è un’azione, ma un’abitudine”. Far diventare una singola azione una abitudine non è facile. Dipende dalla cultura, dalla consapevolezza, dalla motivazione. Si possono creare meccanismi premianti per invogliare il cittadino ad assumere comportamenti virtuosi, ma questi non possono essere la soluzione del medio-lungo periodo. «A Roma si è provato a regalare un biglietto della metro a chi depositava la plastica in appositi contenitori presenti nelle stazioni urbane» – afferma Antonio Falvo, responsabile dell’area Tecnologie di Roma Servizi per la Mobilità. «Dopo un periodo di intasamento dovuto all’euforia, l’attenzione è scemata, ma si è notato che chi aveva avuto questo comportamento, a seguire ha cominciato a differenziare correttamente la plastica a livello quotidiano nel proprio condominio». Casi simili esistono in varie città.

«L’obiettivo delle amministrazioni pubbliche è fare scelte che portino il cittadino a far diventare l’eccezione la regola, l’azione virtuosa occasionale un’abitudine comportamentale. Tuttavia, costruire servizi che diventino abitudine, senza una infrastruttura a supporto, è come cercare di costruire un castello di sabbia e pensare di abitarci dentro» – spiega Falvo. «Tutte le città italiane, e Roma in particolare, dopo l’Unità d’Italia, hanno visto una urbanizzazione che non ha minimamente tenuto conto delle infrastrutture minimali necessarie. Nei successivi anni, gli sviluppi non sono stati il frutto di pianificazioni, ma di esigenze dettate da singoli eventi e dai finanziamenti disponibili. A Roma, i primi progetti ITS (Iintelligent Transport System) di rilievo hanno visto la luce con i mondiali di calcio di Italia ‘90» – continua Falvo. «Il progetto Utopia con i semafori intelligenti a Roma ha visto la luce con Italia ‘90. Con il Giubileo del 2000, si è creata la prima centrale del traffico, (per monitorare gestire e regolare il solo traffico delle vetture private, ma che non si parlava con l’analoga dedicata alla mobilità pubblica), definendo da subito la centralità del cittadino che doveva usufruire dell’informazione a disposizione. Le amministrazioni locali hanno due modalità per agire sul traffico privato: o per motivi di sicurezza o per motivi ambientali. A Roma, la prima ZTL per il traffico nel centro storico è stata realizzata per problemi ambientali nell’anno 2000. Per fare qualsiasi iniziativa, che spostasse il traffico privato sulla mobilità pubblica, si aspettava l’arrivo di un evento che portasse capitali adeguati» – afferma Falvo. «La situazione è cambiata con l’arrivo dei finanziamenti dalla Comunità Europea, con la capacità di presentare progetti appetibili e riconosciuti e con la crescente attenzione al tema da parte di ministeri e amministrazioni locali, che hanno permesso di adottare una visione più ampia di sviluppo, svincolandosi da logiche dettate da esigenze contingenti o emergenziali». Con la disponibilità di maggiori risorse – continua Falvo – negli ultimi anni si è cominciato a ottimizzare e razionalizzare l’adozione della digitalizzazione – «non solo più allargando la base delle tecnologie, ma ragionando in termini di omogeneizzazione delle stesse, nate, nel mondo della mobilità, ormai nel Giubileo del 2000, e chiedendosi effettivamente cosa voglia fare l’amministrazione».

Antonio Falvo responsabile Area Tecnologie di Roma Servizi per la Mobilità

In questo modo, le PA locali e le municipalizzate anno iniziato a preoccuparsi di gestire e fornire dati certificati, utili per serie storiche e pianificazione, e soprattutto di fornire servizi in tempo reale a applicazioni pubbliche e private. «La creazione di una unica base dati e la costituzione di una control room sono passi fondamentali per poter cominciare a ipotizzare, predire, coordinare e fornire i servizi della futura smart city» – spiega Falvo. I progetti che l’amministrazione comunale di Roma ha definito come prioritari nel corso degli anni 2021/22 sono 81, con circa una dotazione di 200 milioni di euro. La prima sfida è il numero di soggetti coinvolti nel disegno, la progettazione, la realizzazione e il mantenimento di questi progetti: 70 riferimenti apicali della tecno-struttura di Roma Capitale, 7 società partecipate, 19 dipartimenti. «In questo caso – afferma Falvo – il vero problema non è la tecnologia, ma la governance. E resta problematica anche la capacità di prendere decisioni e di considerare le implicazioni a lungo termine sulla spesa corrente e la manutenzione post-realizzazione». La copertura della spesa corrente è necessaria, come necessario e che la Pubblica Amministrazione sia attrattiva verso figure professionali con specializzazioni sempre più verticali e spinte. Servono piani di formazione dedicati per il personale e piani di assunzione mirati di lungo periodo, accompagnati a percorsi di crescita professionale, di carriera e nuove modalità di lavoro al fine di non perdere le risorse maggiormente skillate o di non vederne arrivare nuove. Non si può pensare, oggi, di gestire il mondo dei digital media e social senza assumere giovani specializzati su tematiche nuove e in continua evoluzione.

TECNOLOGIA VIDEO PER I SERVIZI

Le tecnologie a supporto della smart city sono diverse. Tra queste, l’utilizzo di sistemi video è sicuramente uno degli elementi cruciali. Milestone Systems fornisce soluzioni software all’avanguardia per la gestione e l’integrazione di questi sistemi. La loro tecnologia permette di centralizzare e controllare le telecamere dislocate in diverse zone della città, consentendo una visione completa per i più diversi fini, con un approccio “for and beyond security” che permette di integrare sistemi di video analisi avanzata utilizzando le più moderne tecniche basate su intelligenza artificiale. «Le videocamere non devono essere intese solo come aiuto per la videosorveglianza cittadina ma anche come supporto per l’utilizzo di svariate applicazioni, sempre nel rispetto della protezione dei dati personali» – spiega Massimo Lommi, key account manager Italy di Milestone Systems.

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«Per fare un esempio che diventerà molto concreto nei prossimi anni, l’angolo cieco non esiste solo per i mezzi pesanti, ma anche per le auto che non possono sapere cosa si cela dietro un incrocio, tra due strade fiancheggiate da palazzi. Una telecamera posizionata oltre l’incrocio, semmai originariamente installata per altri fini, potrebbe fornire al veicolo l’informazione di quello che non si può vedere oltre l’incrocio ed aumentare quindi la sicurezza stradale» – continua Lommi. «Partendo dall’esigenza del singolo cittadino, che può variare a seconda del momento, si offre un servizio personalizzato attraverso l’utilizzo della tecnologia. Tuttavia, è fondamentale che l’implementazione di queste tecnologie avvenga nel rispetto di regole ben definite». In questo contesto, Lommi sottolinea l’importanza di rispettare le normative e le leggi esistenti riguardanti la privacy. «Le applicazioni che si basano su questi strumenti tecnologici devono tenere conto del framework legislativo vigente, garantendo il pieno rispetto della privacy e dei diritti delle persone coinvolte.

Le aziende che sviluppano queste tecnologie devono adeguare le licenze fornite ai clienti finali in modo trasparente, sia quando trattano direttamente con il cliente che quando collaborano con partner che integrano tali soluzioni. Questo assicura che i clienti siano pienamente informati riguardo alle modalità di utilizzo dei dati raccolti e trattati. Inoltre, è importante sottolineare la responsabilità nella gestione corretta dei dati, che spetta a chi li ha raccolti. Ciò implica che le aziende devono adottare misure adeguate a garantire la sicurezza dei dati raccolti e prevenire accessi non autorizzati o usi impropri» – conclude Lommi.

Massimo Lommi, key account manager Italy di Milestone Systems

CONCLUSIONI

«La priorità in ambito urbano è la mobilità delle persone: concetto che va a demolire il modello di città autocentrico, garantendo la sicurezza di tutti» – riprende Mazzei, consigliere del Comune di Milano. Questo si può realizzare con due azioni: priorità a chi sceglie mezzi alternativi, creazione di piste ciclabili e di una mobilità a velocità ridotta». Tuttavia, per creare vero valore per il territorio – «occorre scoprire qual è il modello di sostenibilità per lo specifico ambiente urbano tramite una collaborazione fattiva tra aziende private e pubbliche amministrazioni» – sostiene Guerrini di Edison Next. «In molti casi, non occorre fare nuovi investimenti in hardware, ma solo rendere intelligenti apparati già presenti per altri scopi sul territorio» – aggiunge Lommi di Milestone Systems Italy. Una smart city è un sistema socio-economico e tecnologico complesso in cui sono tre i livelli che devono convergere – spiega Gambacorta di Enel X. «Quello della strategia e della governance, lavorando di sistema tramite partenariati pubblico-privato per qualificare insieme alle amministrazioni le priorità d’intervento e gestire in modo efficiente le risorse disponibili, quello della tecnologia, spingendo sulla standardizzazione e interoperabilità tra soluzioni e dati utilizzando modelli open, al fine di rompere l’approccio a Silos ed esser pronti all’integrazione di nuove tecnologie valorizzando ove possibile l’esistente e infine quello della sostenibilità, sicuramente ambientale e sociale di inclusione ma anche economica».

Per Balzerani di Sopra Steria Italia – «l’utilizzo di piattaforme aperte e interoperabili, capaci di integrare più sistemi specifici e aggregare dati provenienti da più fonti, rappresenta un facilitatore nella velocità di realizzazione di soluzioni per il cittadino che risultino riutilizzabili ed efficaci». Avere dati unici e certificati a disposizione di uffici differenti è quindi un imperativo imprescindibile se si desidera costruire servizi efficienti ed efficaci per il cittadino. «Oltre all’esistente codice della pubblica amministrazione digitale che detta le linee guida di come creare documenti digitali con valenza legale occorre, da parte del legislatore e degli organi competenti, definire un codice che contenga le caratteristiche base obbligatorie di interoperabilità che le banche dati della PA devono avere» – afferma l’assessore Lamiranda del Comune di Sesto San Giovanni. «Senza dimenticare che la digitalizzazione dei documenti pubblici non è affatto conclusa soprattutto a livello locale».

La quantità di dati che circolano in una smart city è evidentemente molto elevata e quindi soggetta a possibili intercettazioni anche dovute alla numerosità dei punti di raccolta. La questione della sicurezza diventa essenziale sia per garantire l’elevata qualità dei servizi erogati, sia per tutelare la privacy dei cittadini, delle aziende e delle amministrazioni coinvolte. «Per la creazione di città smart c’è bisogno di tenere fermi due punti fondamentali» – spiega Nardi di Cradlepoint Southern Europe. «Innanzitutto, ogni dispositivo IoT connesso deve venire subito oscurato alle scansioni pubbliche. In secondo luogo, l’approccio che occorre adottare è quello Zero Trust, consentendo l’eventuale accesso di terzi, a tutto o a parte del sistema di gestione, sulla base di policy granulari, creando tunnel crittografati sui collegamenti di rete». La tecnologia progredisce a un ritmo senza precedenti, generando anche un eccesso di tecnologie – spiega Falvo di Roma Servizi per la Mobilità. «Ciò comporta che nella pubblica amministrazione un progetto concepito oggi con le attuali tecnologie, ma che a causa del suo iter approvativo burocratico-amministrativo e realizzativo vedrà la luce tra uno o più anni, rischia di essere realizzato con tecnologie già obsolete al momento della messa in esercizio».

Per evitare il lock-in tecnologico, è consigliabile optare per soluzioni basate su soluzioni standard e aperte – spiega Lommi di Milestone Systems Italy. «Inoltre, è essenziale adottare investimenti strategici a medio termine, cercando di riutilizzare, quando possibile, strumenti già presenti, piuttosto che adottare soluzioni che risolvano solo problemi contingenti. Questo approccio consentirà una maggiore flessibilità e scalabilità nel tempo, riducendo al minimo la dipendenza da tecnologie proprietarie e offrendo maggiore possibilità di adattarsi alle esigenze future».

Il prerequisito essenziale per un investimento di medio-lungo termine, finalizzato a valorizzare l’interoperabilità dei dati, è lo studio e la definizione di un’architettura a più livelli per un modello di piattaforma sempre aggiornata e disponibile in modo aperto e condiviso per tutti gli attori pubblici e privati. «Questa architettura garantirà che i dati possano essere facilmente scambiati, elaborati e utilizzati in modo sicuro e senza ostacoli tra i diversi soggetti, creando così un ambiente favorevole alla collaborazione e all’innovazione» – afferma Sara Belli del Comune di Milano.

«I modelli esistono già, studiati da enti locali di grandi dimensioni, e rappresentano un prezioso punto di riferimento anche per quei comuni di minori dimensioni» – aggiunge Lamiranda, assessore del Comune di Sesto San Giovanni. I 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile rappresentano una guida pratica per comprendere come gli sviluppi e le implementazioni possano essere sostenibili. «Gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU – spiega Marras della Fondazione per la Sostenibilità Digitale – sono il faro per definire le scelte tecnologiche di una smart city che devono essere loro stesse sostenibili, così come i servizi sviluppati devono concorrere a rendere la stessa smart city più sostenibile dal punto di vista sociale, economico e ambientale». La prassi UNI, elaborata dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale insieme ai suoi partner, definisce 58 indicatori per la valutazione della sostenibilità di un progetto digitale e può essere un valido riferimento per comprendere quanto una città possa essere considerata oltre che smart anche sostenibile.

Foto di Gabriele Sandrini


Point of view

Intervista ad Alberto Nardi account director MSP sales di Cradlepoint Southern Europe5G: il nuovo standard per le smart city

Intervista a Massimo Lommi key account manager Italy – Developed Markets, Milestone Systems: La control room della smart city

Intervista a Roberto Balzerani direttore divisione PA, Energy & Telco di Sopra Steria: I pilastri della smart city