La forma dell’eccellenza

La forma dell’eccellenza

Fondata nel 1915, Latteria Soresina è una cooperativa di primo grado composta da circa 180 soci, tutti allevatori che quotidianamente conferiscono l’intera produzione di latte. L’azienda si impegna a mantenere una forte connessione con le eccellenze italiane, concentrandosi principalmente sulla produzione lattiero-casearia e sulle DOP. L’export rappresenta il 23% del fatturato, circa 500 milioni di euro.

Presenti su tutti i canali di vendita e con sette stabilimenti produttivi, il Grana Padano costituisce il 50% del fatturato, seguito dal Parmigiano Reggiano e dal Provolone. La gamma di prodotti comprende latte fresco, latte a lunga conservazione e altri articoli, con l’aggiunta nel portafoglio del Gorgonzola, terza DOP italiana, attraverso l’acquisizione di un’azienda a Cavaglietto, provincia di Novara. Il Gorgonzola Latteria Soresina ha già ottenuto riconoscimenti come miglior gorgonzola e miglior formaggio italiano presso una fiera internazionale nel Regno Unito.

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La tradizione del Food 100% italiano

«Siamo i più grandi produttori di Grana Padano al mondo, la DOP più venduta globalmente» – spiega Michele Falzetta, general manager di Latteria Soresina. «Il Food italiano ha tradizioni molto forti. Siamo il Paese che detiene il maggior numero di DOP e IGP.  La nostra visione è “la tradizione della nostra terra sulle tavole del mondo”. Vogliamo rimanere legati alle eccellenze italiane producendo a Parma e commercializzando all’estero». Le imprese del settore eccellono non solo nel mantenere elevati standard qualitativi, ma anche nel trasmettere un know-how consolidato. L’attenzione verso i disciplinari di produzione gestiti dai Consorzi è sinonimo di un impegno costante verso elevati standard di qualità. «Una rete solida e articolata capace di esprimere un modello di business robusto e resiliente» – conferma Falzetta. «La solidità derivante da questa sinergia consente alle aziende di affrontare sfide dinamiche e di adattarsi con successo all’evoluzione del mercato e delle normative, sottolineando la loro costante dedizione alla qualità e all’eccellenza».

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Reti commerciali più efficienti

Oltre ai notevoli punti di forza, le imprese del settore devono confrontarsi con alcune criticità. Una delle sfide principali riguarda l’espansione e il potenziamento delle attività di vendita e distribuzione su mercati internazionali, un aspetto cruciale per il settore agroalimentare nel suo complesso. L’affrontare con successo questa sfida è essenziale, considerando che i mercati esteri costituiscono una vasta opportunità per valorizzare il marchio Made in Italy e ampliare il raggio di azione delle aziende. «Indubbiamente, l’Italia deve sviluppare di più le reti commerciali all’estero» – concorda Falzetta. «Ciò implica la creazione, la gestione e lo sviluppo di relazioni commerciali, partnership e canali di distribuzione. L’azienda agroalimentare italiana, per dimensioni, non ha la forza per muoversi autonomamente. I Paesi più sviluppati, con un PIL pro capite più alto, tuttavia stanno attraversando un periodo di forte recessione demografica. Al contrario, crescono le popolazioni di Asia, India e Cina, e Africa, dove però il PIL pro capite è più basso e stili di consumo sono diversi». La recessione demografica riguarda anche l’Italia. «Nel tempo, la tendenza sarà di consumare di meno. Ci saranno politiche demografiche e di gestione dell’immigrazione che ci auguriamo possano aumentare la popolazione. Però, saranno tutte bocche nuove e ci sarà un gran lavoro da fare per far conoscere il nostro prodotto e la nostra tradizione agroalimentare. Le aziende dovranno muoversi in maniera concertata e sinergica, crescendo in termini di dimensioni, anche per linee esterne, per creare reti commerciali in grado di affrontare queste nuove sfide».

Latteria Soresina è il più grande produttore al mondo di Grana Padano. Il futuro passa dallo sviluppo di reti commerciali all’estero, promuovendo l’italian life-style sostenibile

La sfida dell’Italian sounding

Oltre alla necessità di espandersi all’estero, l’altra questione aperta è quella dell’italian sounding. «L’uso su etichette e confezioni di elementi e caratteristiche come denominazioni, immagini, riferimenti geografici e colori – spiega Falzetta – che richiamano in modo ingannevole l’attenzione del consumatore, ma che in realtà non hanno alcun legame reale con il nostro Paese. Questo fenomeno è particolarmente diffuso nel settore agroalimentare, ma si estende anche ad altri settori del Made in Italy» – spiega il general manager di Latteria Soresina. «Parliamo di un danno che si aggira attorno ai 90-100 miliardi l’anno. La necessità è di continuare a mantenere alti standard qualitativi perché il rischio è che in tempi di recessione e preoccupanti livelli d’inflazione qualcuno possa cedere alla tentazione di ritoccare al ribasso la qualità». In tema di lotta alla contraffazione, l’Unione europea – riconosce Falzetta – sta lavorando molto bene negli accordi bilaterali e nella protezione delle denominazioni. «Gli accordi bilaterali stipulati in questi anni, ci tutelano molto di più rispetto al passato. Ciò che è avvenuto prima – continua Falzetta – purtroppo non si può annullare. Se prendiamo in considerazione le denominazioni, notiamo che ci sono numerosi vini che utilizzano i nomi delle nostre DOP, ma in America non è possibile annullarli poiché i nomi utilizzati sono stati registrati prima dell’entrata in vigore degli accordi bilaterali di tutela della nomenclatura dei prodotti». In aggiunta, l’Italian sounding copre un segmento di fascia bassa. Distante dal posizionamento delle eccellenze italiane. «Non riusciremo mai a prendere quel tipo di consumatore. E nemmeno ci interessa. Addirittura l’Italian sounding può agire come una sorta di richiamo per far conoscere – pur con tutti i limiti di qualità – alcuni prodotti. Non è impossibile che quel tipo di consumatore, crescendo nella redditività possa passare nella fascia premium».

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Una sfida culturale

Altre questioni aperte riguardano l’evoluzione digitale delle operazioni e la transizione verso fonti energetiche più sostenibili. «L’Europa mette a disposizione risorse significative, ma se le aziende non saranno in grado di sfruttarle adeguatamente, rischiano di restare indietro» – avverte Falzetta. «Inoltre, c’è una sfida di natura prevalentemente culturale da superare, rappresentata dalla notevole distanza tra i dirigenti di alto livello e le nuove leve. È fondamentale riconoscere che le nuove generazioni manifestano esigenze diverse. Se non riusciamo a comprendere e anticipare queste esigenze, potremmo incontrare difficoltà nell’attrarre e trattenere giovani talenti, che sono fondamentali non solo nel contesto dell’innovazione digitale e della transizione verso fonti energetiche più sostenibili, ma anche per la valorizzazione e la tutela del Made in Italy». Sul piano della sostenibilità, Falzetta sottolinea i grandi passi avanti compiuti verso l’integrazione della filiera. «Abbiamo ridotto il consumo di acqua nei nostri stabilimenti e nelle aziende agricole dei nostri soci. Inoltre, grazie al sostegno alle energie rinnovabili, gli allevatori hanno ridotto il consumo energetico esterno, sfruttando gli impianti di biogas e fotovoltaici. Questo ci ha consentito di produrre all’interno dei nostri stabilimenti produttivi, circa 24 gigawattora di energia elettrica, rispetto ai 21 che acquistiamo dalla rete elettrica nazionale».