A causa di tecnologie non idonee, la quasi totalità degli operatori a contatto con i pazienti perde tempo e chiede un cambiamento: i dati italiani a confronto con la media europea
In base ai risultati di una ricerca commissionata da Epson e condotta in Europa, Medio Oriente e Africa, nella sola UE sarebbero quasi cinque milioni (4.970.290 per la precisione, pari a circa 16.242 anni) i giorni lavorativi persi ogni anno dagli operatori sanitari a causa di stampanti lente o non funzionanti.
In un momento in cui i sistemi sanitari dell’intera Unione si trovano a corto di personale e le liste di attesa sono sempre più lunghe, l’indagine che ha coinvolto 3.400 operatori del settore che lavorano a contatto con i pazienti, tra cui medici e infermieri, mette in luce il legame tra tecnologia inadeguata e riduzione della produttività.
“Molti responsabili – ha affermato Riccardo Scalambra, Corporate Sales Manager di Epson Italia – vedono le stampanti come marginali rispetto al ruolo svolto dagli operatori sanitari a contatto con i pazienti: niente di più sbagliato. La tecnologia inadeguata sta avendo ricadute sui pazienti e gli operatori sanitari chiedono un cambiamento. Per molte organizzazioni, un semplice passaggio dalle stampanti laser alle inkjet Heat-Free potrebbe essere d’aiuto. Grazie al minor numero di parti mobili e di consumabili da sostituire durante l’intera vita utile della stampante rispetto ai modelli laser, la tecnologia inkjet a freddo di Epson riduce la manutenzione e i tempi di inattività, migliorando la produttività e la soddisfazione di chi le utilizza.”
A differenza delle stampanti laser, che utilizzano molto calore per fondere e fissare il toner sulla carta, la tecnologia a freddo di Epson (Heat-Free) non richiede calore in fase di espulsione dell’inchiostro, riducendo il fabbisogno energetico.
I principali risultati della ricerca: Italia un po’ meglio della media europea
In Italia, ben il 92% degli operatori sanitari (93% la media europea) dichiara di perdere tempo ogni settimana a causa di stampanti lente o non funzionanti: il 28% (contro il 26%) perde fino a 30 minuti e il 13% (16%) fino a un’ora. Addirittura, il 2% (ben meno del 6% europeo) spreca fino a quattro ore alla settimana.
Il 42% (44% la media) afferma che ciò ha un impatto negativo, causando ritardi o difficoltà nella condivisione delle informazioni, il 31% (39%) nell’aggiornamento dei dati dei pazienti e il 34% (35%) nella prenotazione degli appuntamenti. Infine, il 28% (32%) ha affermato che porta a più lamentele da parte dei pazienti. Di conseguenza, il 78% degli operatori sanitari (l’81%) afferma che si dovrebbe fare di più per garantire che non si perda tempo a causa di una tecnologia inadeguata.
Un ulteriore 81% (contro il 79% della media della ricerca) concorda sul fatto che, nonostante il tempo sprecato a causa di stampanti non funzionanti o lente al lavoro, le azioni intraprese sono poche. Non sorprende quindi che l’81% (89%) affermi di ritenere che il proprio reparto IT dovrebbe fornire stampanti che stampano rapidamente e richiedono meno manutenzione, per ridurre i problemi creati dai tempi di fermo. In questo contesto, entrano in gioco anche le preoccupazioni ambientali: il 76% (80%) degli intervistati si dice personalmente preoccupato dall’impatto ambientale delle stampanti non sostenibili, mentre il 79% (76%) riconosce che la questione rappresenta un problema anche per la propria organizzazione.
“È un quadro migliorabile – ha concluso Scalambra – e i responsabili del settore sanitario, in particolare quelli IT, potrebbero prestare maggiore attenzione alle esigenze degli operatori sanitari e prendere in considerazione i cambiamenti opportuni. In tal modo, promuoverebbero un miglioramento nell’operatività delle strutture, nella soddisfazione con gli operatori e nei rapporti con i pazienti.”