L’informatica e i tagli alla spesa pubblica

Basta tasse, tagliamo la spesa pubblica. Chi protesta per l’eccessivo peso fiscale, vuole che i soldi si recuperino facendo scelte diverse. Ma è importante tenere presente che l’attuazione piena di una riduzione della spesa comporta innanzitutto eliminazione di posti di lavoro (scuola, giustizia, amministrazione locale e centrale). Quindi, attenzione, da un punto di vista sociale, i tagli possono causare disagi anche maggiori di quelli provocati dall’aumento della pressione fiscale.

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Se si pensa che la spesa pubblica in Italia incide per più del 50% del Pil è innegabile che qualcosa debba essere fatto, e presto, altrimenti si rischia il collasso generale. E non si può pensare nemmeno a una stabilizzazione della spesa, non sarebbe sufficiente. Deve essere invertita la dinamica, assicurando progressivamente nel tempo una decrescita. Ciò vuol dire fare una mappatura delle risorse e capire, cosa dove e  quanto si possa risparmiare. Ci vuole un piano di medio periodo, di 3-4 anni come successo in Sveza e Germania, piani che possano rendere possibile un calo dei costi di 5-6 punti percentuali rispetto al PIL.  Qualcosa inizia a muoversi. Obiettivo del governo è individuare tagli per 4 miliardi entro la fine dell’estate. La task force per la spending review affidata a Enrico Bondi ha iniziato in questi giorni inizia a delineare i percorsi attuativi della riforma.

E in ambito ICT, quali sono interventi gli che possono contribuire a compiere una trasformazione della macchina amministrativa in funzione di una maggiore trasparenza, efficienza e contenimento della spesa? Da una parte la necessità di ridurre i costi, dall’altra la necessità di modernizzare ampi settori della PA tuttora privi di infrastrutture digitali adeguate. E per migliorare è necessario investire e, soprattutto, avere il coraggio politico di introdurre  meccanismi di efficienza che consentano una reale valorizzazione delle tecnologie.

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L’informatizzazione e la digitalizzazione della PA possono avere un peso rilevante nel consentire una razionalizzazione e riduzione dei costi. Sono risultati che sono stati documentati dai tanti progetti che sono stati avviati in tutti questi anni in piccoli e grandi comuni, nelle amministrazioni centrali e locali. Le centrali acquisti dovrebbero essere l’unico criterio attraverso il quale ottenere le forniture. Ma occorre che vi sia una reale volontà politica affinchè la tecnologia possa migliorare e rendere più performante l’attività delle organizzazioni pubbliche. Si pensi alle sole forniture sanitarie, che oggi costano 5 punti di Pil, un valore doppio rispetto a soli 7 anni fa. Effetto di innalzamento della spesa scontato visto che ospedali e ASL si sono spesso dimostrati contrari alla centralizzazione del processo di approvvigionamento.

Il decreto legge partorito dalla task force governativa prevede l’obbligo generalizzato di rispettare i parametri Consip nell’acquisto di beni e servizi, sedute pubbliche per l’apertura delle buste negli appalti aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, possibilità di annullare d’ufficio le procedure d’acquisto che non risultino convenienti rispetto ai criteri nazionali.

Appalti e acquisti, le amministrazioni dovranno fare riferimento a parametri nazionali. Un criterio che dovrebbe fare in modo che il prezzo pagato per beni o servizi sia lo stesso per tutti gli acquisti effettuati da più enti.