Il ritorno di Check Point


Forte degli ultimi risultati finanziari e di una tecnologia rinnovata e innovativa, l’azienda israeliana ridisegna la propria geografia commerciale e si appresta a ridefinire l’approccio al mercato italiano

 

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Due sono gli elementi che saltano immediatamente all’occhio quando si parla di Check Point (www.checkpoint.com). Il primo sono i risultati finanziari che l’azienda ha ottenuto nell’ultimo anno fiscale: un fatturato di 1.097,9 milioni di dollari, in crescita del 19% anno su anno; un margine operativo non-Gaap di 622,7 milioni di dollari, pari al 57% del fatturato; un utile per azione non-Gaap di 2,48 dollari, in aumento del 21% anno su anno; un cash flow operativo di 674,1 milioni di dollari, in crescita del 23% anno su anno. Il secondo è una tecnologia di tutto rispetto che, grazie a quella che viene definita 3D Security, una nuova vision che ridefinisce la sicurezza come processo aziendale tridimensionale combinando policy, utenti e applicazioni, fornisce una maggiore protezione a tutti i livelli. Appare evidente che questi due fattori siano fortemente correlati, ma allo stesso tempo la sola tecnologia, per quanto forte e robusta possa essere, non basta. Occorre anche essere in grado di presentarla, farla capire e renderla operativa in modo adeguato alle necessità del cliente finale e, in questo, a giocare un ruolo importante è il canale e il rapporto sinergico di questo con l’azienda produttrice.

Va quindi letto in quest’ottica il ridisegno della geografia di Check Point. Per capire la politica commerciale che l’azienda intende adottare nel nostro Paese abbiamo rivolto alcune domande a Joaquin Reixa, recentemente nominato regional director Southern Europe, regione che copre Italia, Spagna e Portogallo, dopo aver ricoperto dal 2007 la carica di managing director di Check Point Software Technologies Iberia, dove ha consolidato la struttura di vendita e potenziato le relazioni con i partner locali dell’azienda. In tale ruolo, Reixa supervisionerà vendite, risultati, sviluppo del canale e relazioni con la clientela in questo territorio. In particolare, Reixa sarà responsabile dell’implementazione della strategia Check Point Software Blade Architecture e dell’adozione delle soluzioni di sicurezza di punta dell’azienda, tra le quali le software blade Check Point Endpoint Security, Data Loss Prevention e Application Control, presso i clienti della regione.

Leggi anche:  Acquisizione di Solve.it da parte del Gruppo Stefanini: fatturato italiano oltre il +150%

 

Data Manager: Quali sono le nuove responsabilità da Lei recentemente assunte?

Joaquin Reixa: Forte dei risultati a livello worldwide, Check Point ha deciso di ridisegnare il proprio approccio al mercato europeo. Dopo aver scorporato la Francia, che ha accoppiato alla Gran Bretagna e alla Grecia, oggi nel gruppo dei Paesi dell’Est, ha deciso di affidarmi l’incarico di ridisegnare l’approccio al mercato nell’area oggi composta da Italia, Spagna e Portogallo.

Come ha trovato la situazione?

Partiamo dalla Spagna, Paese dal quale provengo. La situazione che ho trovato 4 anni fa non era certo delle migliori. La motivazione del nostro team non era particolarmente elevata, il nostro canale non appariva particolarmente fedele al marchio.

Quali erano le ragioni di questa situazione?

Penso che buona parte del problema sia dovuto alla politica tenuta da Check Point in un mercato che, per certi versi, somiglia molto a quello italiano, fatto da Pmi, dove la nostra azienda veniva percepita come particolarmente rigida nell’offerta e questo faceva sì che il nostro canale fosse poco fidelizzato, soprattutto in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo. La Spagna, come del resto l’Italia, è caratterizzata da un numero abbastanza contenuto di aziende di grandi dimensioni, ma, dall’altra parte, presenta un elevato numero di realtà più contenute che riescono comunque a essere una componente consistente del mercato da tutti i punti di vista. Inutile nasconderci che l’offerta di Check Point risultava adatta solo per le grandi aziende e che valeva la pena di proporla solo per numeri particolarmente consistenti. La continua decrescita nel triennio che va dal 2004 al 2007 né è stata sicuramente la riconferma.

Leggi anche:  Il Gruppo E acquisisce il 26% delle quote di Memori

In poche parole occorreva un significativo cambio di rotta?

Certamente. In realtà non c’era niente di nuovo da inventare, ma molto da ricostruire. Innanzitutto il rapporto con il canale e, contemporaneamente, l’immagine nei confronti dei clienti. Con il canale dobbiamo essere molto chiari, creare una politica di sconti e di premi. Poi dobbiamo essere di aiuto ai nostri partner nel raggiungere il cliente finale dando di Check Point un’immagine chiara, che fornisca quella sicurezza che i nostri prodotti sono in grado di garantire. Dobbiamo realizzare delle road map e farlo in sinergia con il canale. Dobbiamo aiutarli a raggiungere il cliente e farci portavoce per primi delle soluzioni tecnologiche di alto livello che siamo in grado di offrire. Questo non è altro che l’ABC.

Parliamo ora dell’Italia, del nostro mercato, e di come pensa di approcciarlo.

Guardo all’Italia con particolare attenzione. La situazione non differisce molto da quella descritta prima per il mercato spagnolo. I problemi sono più o meno gli stessi. E analogo è il modo con cui ci prefiggiamo di cambiare lo stato delle cose. Dovremo approcciare i clienti, fornire loro tutte le principali indicazioni su come funziona la nostra tecnologia e quali sono i vantaggi concreti nell’adottarla, anche nei confronti delle altre alternative. Vogliamo dunque farci parte attiva nel processo di creazione del mercato.

Ma in quale modo intendete raggiungere questo obiettivo, ovvero quello di essere Voi a creare il mercato?

Noi abbiamo una tecnologia molto forte che è in grado di coprire tutte le esigenze. Il cliente è molto attento, soprattutto in questo momento, e sa capire molto bene cosa e come gli viene offerto. Ci vogliamo basare su una proposta modulare e scalabile in grado di permettere al cliente un’adozione delle nostre tecnologie rispetto al contesto operativo in cui si trova. Basta recarsi in un data center per rendersi conto della situazione reale. Molti strumenti diversi tra loro per gestire la sicurezza e quando accade qualcosa si cambia il software o il responsabile. Quello che noi affermiamo è che la sicurezza deve diventare parte integrante del core business e avere una gestione centralizzata e omogenea.

Leggi anche:  Olidata acquisisce maggioranza Biancone Automobili

In pratica si tratta di passare da una logica di security policy a una di business policy.

Infatti, noi crediamo che le regole debbano essere delle regole di business, che debbano essere chiare alle persone che vengono coinvolte e debbano poter essere gestite in modo centralizzato per garantire un’azione sinergica da parte di tutte le componenti. È questo che vogliamo far capire ai nostri clienti e potenziali clienti. E arrivare a tutto questo è possibile iniziando un percorso organico che non comporti spese consistenti e impatti organizzativi troppo invasivi.

In altre parole la complessità va gestita e non subita. Ma il vostro voler raggiungere in prima persona il cliente finale non potrebbe comportare alla fine anche una vendita diretta?

Questo è da escludere. Comprendiamo l’importanza del canale. Il nostro scopo è quello di supportarlo, non certo quello di scavalcarlo. Il nostro ruolo nei confronti del cliente finale è e sarà quello di evangelisti, di apri pista per i nostri partner e per la loro forza vendita. A ognuno il proprio ruolo. A noi quello di essere in grado di fornire una tecnologia allo stesso tempo consistente e di facile utilizzo, e saperla fare capire al mercato, ai nostri partner il ruolo di supportare i clienti in tutte le fasi successive, a partire dalla vendita dei nostri prodotti.